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aula bunker ucciardone4di Aaron Pettinari
La Corte dà l'ok all'ascolto della conferenza stampa post arresto Riina

E' un confronto indispensabile quello richiesto dai pm Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia tra il colonnello Antonello Angeli e il maresciallo Saverio Masi. Troppe le discrepanze emerse nelle loro testimonianze in merito alla perquisizione nelle casa all'Addaura di Massimo Ciancimino nel 2005. “Angeli mi disse che tra i documenti che trovò a casa di Ciancimino vi era anche il 'papello'” ha dichiarato Masi. “Il papello? Mai visto” ha ribadito l'ufficiale ascoltato quest'oggi in controesame. Divergenze ci sono poi anche sui luoghi e sulle date degli incontri avuti. “Con Masi ho avuto conversazioni telefoniche – ha detto anche oggi il tenente colonnello – Le uniche volte che sono stato a Palermo è stato quando sono stato convocato dalla Procura o quando ho accompagnato il Presidente della Repubblica nell'ambito del mio lavoro. Che io ricordo questo è nel 2009”. In quelle telefonate Masi gli avrebbe parlato delle problematiche avute con i suoi superiori e intralci avuti nelle indagini su Provenzano e Matteo Messina Denaro. “Di queste cose mi disse che avrebbe voluto parlare con un giornalista” ha riferito nuovamente Angeli. Ma i conti degli anni non tornano. E' un dato processuale, emerso nelle deposizioni di Masi e Saverio Lodato, che la data in cui il maresciallo tentò di convincere il giornalista a pubblicare certe notizie nel 2006. Alla luce di così evidenti discrepanze i magistrati hanno presentato la richiesta con le difese del generale Mario Mori e del colonnello Giuseppe De Donno che si sono opposte. Sul punto la corte si pronuncerà nella prossima udienza.

Trattative e baratti
Diversamente ha oggi accolto la richiesta dei pm ad ascoltare in aula l'audio registrato da Radio Radicale, della conferenza stampa del 15 gennaio 1993, data dell'arresto di Riina. Allora, parlando degli attacchi alla mafia contro esponenti delle istituzioni, il generale Giorgio Cancellieri disse: “E questo in un piano anche, chiamiamolo in termini militari, strategico, che addirittura potrebbe avere dell’inaudito e dell’assurdo, di mettere in discussione le autorità istituzionali. Quasi a barattare, a istituire una trattativa per la liquidazione di un’intera epoca di assassinii, di lutti, di stragi in tutti i settori della vita civile nazionale”.
Il Pm Di Matteo ha poi annunciato che prossimamente sarà chiesta anche l'acquisizione della registrazione grezza della Rai di quella conferenza stampa. A quanto pare sarebbe evidente un'interruzione del registrato proprio nel momento in cui il generale esprimeva certe frasi. Certo è che quelle singolari parole non vennero mai riportate nei quotidiani nei giorni successivi.

Nuove prove sul passato di Mori
Sempre oggi i magistrati hanno annunciato il deposito di nuovi atti al fascicolo del pm. I documenti riguardano gli accertamenti compiuti dal tenente colonnello Massimo Giraudo sul passato del generale Mori ed i rapporti di quest'ultimo con i servizi di sicurezza. Al contempo i pm hanno chiesto un allargamento del capitolato di prova su cui audire l'ufficiale. “Lo chiediamo – ha detto Tartaglia - per riferire in ordine alla documentazione acquisita e dagli accertamenti esperiti con riferimento alla carriera professionale di Mori, con i rapporti con i servizi di sicurezza, nonché alle relazioni intrattenute con i fratelli Giorgio e Gianfranco Ghiron (il primo noto avvocato deceduto nel 2012, il secondo imprenditore) oltre alle questioni Falange Armata e le doglianze raccolte dall'allora capitano De Caprio”. Tra i nuovi documenti depositati vi sono poi alcuni verbali dell'avvocato barcellonese Rosario Pio Cattafi, già condannato per mafia, e di Pino Lipari

Angotti e la cassaforte
L'udienza è poi proseguita con la testimonianza di Vittorio Angotti, presente nell'abitazione di Massimo Ciancimino nel giorno della famosa perquisizione del 17 febbraio 2005, “custode” della casa quando il il figlio di don Vito non si trovava in casa. Angotti ha dunque fornito alcuni dettagli di quel giorno: “Mi pare che vennero più di cinque carabinieri (in passato disse 7-8). Suonarono la mattina presto. Io chiamai Ciancimino che era all'estero. Ma era staccato il telefono, così mandai un messaggio e intanto chiamari il fratello, Roberto Ciancimino”. La sua è stata un'audizoine particolarmente travagliata, ricca di “non ricordo”, tanto che in più occasioni i pm sono dovuti ricorrere a delle “contestazioni” a cominciare dal dato più importante, ovvero la presenza della cassaforte presso l'abitazione del figlio dell'ex sindaco di Corleone. Se in un primo momento ha detto di non essere sicuro al cento per cento di averla vista e di averne parlato con Ciancimino, ha riferito chiaramente numerosi particolari: “E' giusto quanto dissi nel 2009. La cassaforte era al piano di sopra. Io dormivo in una stanza sulla destra e in quella a sinistra c'erano sempre i vestiti... poi è diventata la stanza per il bambino... La cassaforte era accanto alla finestra più o meno. C'era una tenda ed un quadro sulla sinistra... L'ho vista una o due volte ma mai l'ho vista aprire. Ricordo però che il muro era sfrisciato, c'era questa cosa nera che restava quando si toglieva il quadro... Il bambino è nato dopo, quando è nato già c'era la cassaforte”. Detto questo, però, ha anche ricordato che nel giorno della perquisizione nessuno gli chiese della cassaforte né lui disse qualcosa. Quindi ha aggiunto di non essere sicuro di averne parlato con Ciancimino: “Quel giorno ci siamo sentiti più volte. Ricordo che a un certo punto i carabinieri mi hanno anche tolto il telefono. Dovevo cambiarmi per andare a portarli presso il magazzino. La chiave per aprire? La avevo io, perché la usavo quando c'erano da fare le consegne per la Chateau d'Ax. Così andai e aprii la serranda... Se vidi qualcuno andar via? Non mi ricordo. Mentre ero lì ho solo sentito che uno ad un certo punto ha detto: 'eccolo qua'. Mi pare che fossero documentazioni del padre che venivano da Roma”.

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