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di matteo ciancimino ucciardonedi Aaron Pettinari e Francesca Mondin
“Nel dicembre ’92 Bernardo Provenzano mi consegna le carte evidenziate in arancione sul luogo dove viveva Riina”. Così Massimo Ciancimino, oggi sentito al processo trattativa Stato-mafia, sta raccontando la “fase B” del dialogo avuto tra il padre e le Istituzioni.
“Mio padre e Provenzano si incontrarono a Palermo in uno dei luoghi messi a disposizione da Lipari. Gli consegna le cartine che ci erano state date dai carabinieri, poi lui riparte perché non voleva viaggiare con la documentazione appresso. Io invece dovevo aspettare la documentazione. Così è stato qualche giorno dopo. Mi vengono a chiamare i familiari di Lipari dicendomi che la ‘busta’ era pronta. Io stesso incontro Provenzano che mi dice di farle avere subito a mio padre. Sarei tornato a Roma attorno al 19-20 dicembre. Poi mio padre fu arrestato”.
Ciancimino jr, nel suo racconto, ha anche riferito che di questa ‘fase B’ era informato anche il misterioso signor Franco. “Lui era sempre informato degli sviluppi - ha detto - della ‘fase B’ era anche promotore e diede le giuste coperture. Gli incontri erano utili per ‘mettere fuori gioco Riina’. Quando apprendo questo? Lo intuisco allora perché ogni volta che mio padre vedeva Provenzano poi mi mandava a far chiamare il signor Franco, poi mio padre me lo confermò successivamente. Mio padre stesso diede delle indicazioni per questo progetto di arrestare Riina. Lui sapeva che si trovava tra la zona del Motel Agip e Morreale, ma non sapeva il luogo esatto. Per questo chiese ai carabinieri questa cartina toponomastica”. Di queste cartine, che secondo Ciancimino vennero consegnate nel novembre ’92, poi, a detta dello stesso figlio di don Vito, vennero fatte delle fotocopie per ridurle e mostrate a Provenzano. 


Ciancimino jr: ''Informazioni da Provenzano per catturare Riina''
di Aaron Pettinari e Francesca Mondin
Davanti alle immagini dei tg della strage di Via D’Amelio “Mio padre disse: 'E’ colpa tua, mia, nostra che abbiamo alimentato questa situazione, quel pazzo (Riina, ndr), e chi gli suggerisce la strategia, ha pensato che questo è il momento di rilanciare, se ascoltavamo i miei consigli di prendere subito Riina forse la strage si sarebbe potuta evitare - e ancora - l’unica maniera per fermarlo è toglierlo di mezzo’". E’ così che Massimo Ciancimino, figlio di Don Vito, al processo trattativa Stato-mafia ha raccontato la reazione del padre davanti alla tragica strage del 19 luglio 1992 dove morirono il magistrato Paolo Borsellino e gli uomini della scorta. Poi ha introdotto quella che chiama la seconda fase della trattativa tra i carabinieri e Cosa nostra.
Dopo quel momento il rapporto tra l’ex sindaco mafioso di Palermo e i carabinieri “cambia totalmente, si torna all’idea iniziale di mio padre, quella di prendere Riina, levarlo di mezzo e fermare le stragi”.“Mio padre dice ai carabinieri di poter convincere Provenzano”. E così “l’interlocutore diretto diventa Bernardo Provenzano”.
Ciancimino jr, nel rispondere alle domande del pm Antonino Di Matteo, ha confermato con certezza che in seguito il padre avrebbe chiesto a Provenzano notizie utili per la cattura di Riina e che il nuovo interlocutore di Cosa nostra sarebbe stato al corrente che il padre passasse le notizie a carabinieri. “Nel 2000 mio padre mi racconta che di tutta la pianificazione sono a conoscenza Provenzano e i carabinieri”.


Trattativa, Ciancimino jr: ''Mio padre sapeva di Mancino ministro dell'Interno a fine giugno '92''
di Aaron Pettinari e Francesca Mondin

“Il signor Franco ed i carabinieri parlarono di Rognoni e Mancino da subito, prima di scendere a Palermo per il 16-17 giugno. Mio padre sapeva che vi sarebbe stato il cambio agli Interni tra Scotti e Mancino già a fine giugno 1992. Questo me lo disse nel 1999”. A spiegarlo è Massimo Ciancimino rispondendo alla domanda di Di Matteo che aveva evidenziato come Rognoni fosse già ministro della Difesa, mentre Mancino ancora non rivestisse alcun ruolo Istituzionale. Ciancimino jr ha poi aggiunto: “Io il ‘contropapello’ ed altri documenti li vedo solamente nel 2000 quando mio padre fa la selezione cronologica con i vari allegati per il libro. Il riferimento ’Straburgo-maxi processo’? Nel papello c’era la richiesta di annullamento del Maxi ma mio padre sapeva che era impossibile in maniera secca. Parlò con il professor Campo e Siracusano e pensava che con un buon avvocato potevano esserci alcuni margini per ridiscutere sul reato del 416 bis con Strasburgo.  
Il ‘Sud partito’? Mio padre mi disse che il problema della ‘trattativa’, del dialogo avanzato attraverso uomini delle Istituzioni e lui, costituisse qualcosa di ben più ampio e ad ampio raggio. Mi disse 'non ti scordare quello che è accaduto nel 1992 non riguarda solo la strage Falcone, Borsellino e l’omicidio Salvo.C’è di seguito un disgregamento del pentapartito che di fatto non è stato solo garante per Riina e Provenznao per fare affari, ma anche garante di un sistema imprenditoriale politico affaristico. Un sistema che dopo le stragi e con le indagini di Di Pietro sta crollando’”.
“C’era quindi la prospettiva - ha concluso - per un nuovo soggetto politico da far nascere, capace di mettere in piedi qualche legge a favore di Cosa nostra o togliere le leggi limitative. Riina era attratto da queste cose. Incontri per un partito meridionalista? Mio padre incontrò Licio Gelli a Cortina d’Ampezzo e poi partecipò anche ad un congresso della Lega del Sud a Roma in un hotel. Ma ci furono diversi contatti”.


Trattativa, Ciancimino jr: ''Mancino e Rognoni erano informati, me lo disse mio padre''
di Aaron Pettinari e Francesca Mondin

Mancino e Rognoni erano informati della trattativa, me lo disse mio padre”. Prosegue l’esame del teste-imputato Massimo Ciancimino al processo trattativa Stato-mafia, in corso nell’aula bunker dell’Ucciardone a Palermo. “Mancino e Rognoni erano stati indicati dal Signor Franco e dai carabinieri come coloro che avrebbero potuto garantire le richieste avanzate da Riina per mettere fine all’ondata stragista e a quegli omicidi che erano già stati eseguiti”.
Il nome dei due politici compare anche in un documento, noto anche come “contropapello”, scritto proprio da don Vito Ciancimino con le modifiche alle richieste effettuate da Riina nel primo momento. Un documento che l’ex sindaco di Palermo avrebbe consegnato all’allora colonnello del Ros, Mario Mori. Era su questo documento che era stato incollato un post-it di colore giallo sul quale il vecchio ex sindaco mafioso di Palermo aveva scritto: "Consegnato al colonnello dei carabinieri Mori dei Ros". Per gli inquirenti il messaggio è esplicito e confermerebbe il fatto che ci sarebbe stato una trattativa fra i mafiosi e gli uomini delle Istituzioni.

Nel documento si legge anche la richiesta di abolizione del 416 bis (il reato di associazione mafiosa); poi ancora "Strasburgo maxi processo" (l'idea di Ciancimino era quella di far intervenire la Corte dei diritti europei per dare diverso esito al più grande procedimento contro i vertici di Cosa nostra); "Sud partito"; e infine "riforma della giustizia all'americana, sistema elettivo...".

“Mio padre - ha aggiunto Ciancimino rispondendo alle domande del pm Nino Di Matteo (in aula assieme a Vittorio Teresi, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, ndr) - era solito fare degli appunti sulle cose di cui avrebbe dovuto discutere. E di queste cose avrebbe dovuto parlare con Provenzano tra il 22 ed il 23 luglio a Palermo. Era stato fissato, poi per motivi noti (la strage Borsellino, ndr) è saltato. Il documento è successivo comunque all’incontro tra mio padre e Provenzano il 16 luglio”. “Mio padre - ha proseguito il figlio di don Vito - non stimava né Mancino né Rognoni perché non li faceva così politicamente strutturati da poter garantire il cambio del sistema legislativo. Riteneva Violante più adatto”.


Trattativa, Ciancimino jr: ''Carabinieri cercano canale prioritario con mafia, non viceversa''
di Aaron Pettinari e Francesca Mondin

“Sono i carabinieri che cercano un canale prioritario attraverso mio padre non è Riina che cerca un contatto con lo Stato”. Riprende così l’audizione del teste-imputato Massimo Ciancimino al processo trattativa Stato-mafia, che si sta svolgendo presso l’aula bunker di Palermo. Il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino torna a parlare delle controproposte di Riina scritte nel famoso “papello” arrivato a Ciancimino attraverso Antonino Cinà. Dopo aver letto le controproposte “Mio padre dice che non possono essere prese in considerazione queste simili richieste” ha spiegato Ciancimino jr. Successivamente Don Vito però sarebbe stato invitato dal boss Bernardo Provenzano ad andare avanti e cercare da quel papello di trarne qualcosa di utile e discutibile - ha raccontato in aula il teste-imputato - mio padre era adirato perché la sua volontà era di interrompere il dialogo con Riina”.
L’incontro con il Provenzano sarebbe avvenuto “il 16 o 17 luglio presso uffici finanziari in piazza Unità d’Italia un luogo un po’ fuori messo a disposizione da Mario Miceti, imprenditore amico sia di mio padre che di Provenzano che si occupava di edilizia ed abbigliamento”.

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