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aula bunker ucciardone1di Aaron Pettinari e Miriam Cuccu
Al processo trattativa secondo giorno di deposizione per il colonnello

Prima la fuga di notizie sull'imminente collaborazione con la giustizia di Luigi Ilardo, poi l'improvvisa morte dello stesso il 10 maggio 1996. E' da qui che oggi è ripartito l'esame del colonnello Michele Riccio al processo trattativa Stato-mafia. Un racconto, quello dell'ufficiale, che non lascia spazi a contraddizioni, forte dei documenti prodotti nel corso degli anni. “Alla morte di Ilardo – ha raccontato rispondendo alle domande del pm Nino Di Matteo (in aula assieme al procuratore aggiunto Vittorio Teresi ed al sostituto Francesco Del bene) – mi sono recato a Roma presso la sede del Ros dove incontrai Mori e Subranni. Ero particolarmente aggressivo perché non mi è piaciuto affatto come fu gestita tutta la situazione. Avevo già avvisato della fuga di notizie. Mori rimase colpito da quel momento e l'unica cosa che disse è che 'lo avevano ammazzato per non farlo parlare'. Subranni invece uscì sorridendo dicendomi con una battuta: 'ti hanno ammazzato il confidente'. La cosa mi diede molto fastidio”.
A seguito della morte di Ilardo, ha detto Riccio, “la decisione di redigere un rapporto giudiziario (il “Grande Oriente”, ndr) è stata una mia iniziativa, osteggiata dal colonnello Mori, dal maggiore Obinu e da altri colleghi” al quale sono state integrate tanto le relazioni di servizio quanto le agende del colonnello del Ros. “Dissero che non era opportuno - ha continuato il teste - e quando io ho insistito mi dissero di non inserire la relazione che riguardava Mezzojuso. Questo mi è stato riferito più volte dal capitano Damiano, da Obinu, che fu il più insistente, e Mori. Il giorno 31 ottobre ’95 doveva scomparire, lì mi sono convinto che non c’era nessuna volontà di arrestare Provenzano. Allo stesso modo mi è stato chiesto di non riferire particolari sui politici. Ma io mi sono sempre opposto ed ho sempre detto che avrei messo tutto ciò che l'Ilardo mi aveva rifeirto. Doveva restare traccia dell'intera attività. Così a fine luglio lo consegnammo all'autorità giudiziaria. Per competenza a Palermo, Catania e Caltanissetta, per conoscenza a Genova. La firma sul rapporto è quella di Obinu? Sì, perché loro volevano così. Dicevano che io non potevo firmare il rapporto perché ero solo un aggregato. Ma Obinu si occupò solo dell'introduzione e all'interno si fa riferimento a tutto il lavoro svolto, comprese le informative che avevo mandato al Ros e che loro dicevano che non esistevano”.
“Più volte - ha aggiunto Riccio, parlando della fase di relazione del rapporto - mi sono lamentato con il capitano Damiano perché della mole di informazioni che avevo dato loro non ne avevano fatto nulla”. Prova ne fu la relazione su Mezzojuso consegnata da Damiano a Riccio, incompleta in quanto mancavano numeri di targa e telefonici forniti da Riccio grazie ai sopralluoghi svolti. “L’ho comunque firmata di getto – ha chiarito – senza fare un esame completo della relazione anche perché avevo capito che serviva a giustificare la situazione che stavo rappresentando”. “Scrivendo il rapporto - ha proseguito Riccio - ho compreso che esisteva una volontà di non operare. Quello che mi ha offeso è stata la strumentalizzazione del sottoscritto e della fonte, e una rappresentazione diversa della verità. C’era qualcosa al di fuori della mera cattura di Provenzano, qualcosa che non quadrava con la morte di Ilardo”.

Mancati accertamenti
E la non volontà di operare risultò ancora più chiara quando Mori comunicò a Riccio di non essere riuscito a localizzare gli unici due ovili presenti sulla trazzera, rifugio di Provenzano. “Mori mi chiese di rifare l’ennesimo sopralluogo – ha detto ancora Riccio – che eseguo insieme a Ilardo, cosa che si ripete dopo un’altra settimana nonostante avessero usato mezzi aerei, o almeno così mi viene raccontato. Per questo termino la seconda annotazione in maniera polemica, comunicando di ‘trasmettere le coordinate geografiche’. Era davvero imbarazzante non essere riusciti a procedere alla localizzazione, non riuscivo a comprenderne la difficoltà. Mi aspettavo che qualcuno me ne chiedesse conto, e invece niente”.
Inefficienze che Riccio annota più volte, nella sua agenda. Scrive il 10 novembre ’95, a pochi giorni dal mancato arresto di Provenzano a Mezzojuso: “Riunione con Mori e i suoi per Oriente (Ilardo, ndr)come intervento e mezzi tecnici non mi sembrano professionali, anzi, ma non vogliono richiedere aiuto”. “Ho verificato se potevano fornirmi la strumentazione che avevo chiesto nei giorni precedenti, ma erano solo chiacchiere - ha commentato Riccio - mi prospettavano solo problematiche”. Le sue impressioni si ripeteranno tre giorni dopo: “Impressione di inefficienza confermata - scrive il colonnello il 13 novembre - Mori mi ha comunicato che Obinu e De Caprio sono a Palermo in quanto le foto non sono riuscite e devono ripetere il volo”.

Relazioni di servizio e floppy disk
Il rapporto “Grande Oriente” scritto da Riccio a seguito dell’assassinio di Ilardo si basava sulle relazioni di servizio da lui precedentemente redatte: “Le scrivevo in maniera itinerante, di solito alla sezione di De Caprio - ha dichiarato - perché dentro il Ros non avevo un ufficio né un computer. Quando poi inizio a scrivere il rapporto dico al capitano Damiano di trasmettere tutte le mie relazioni di servizio. Dopo un mese mi dà la copia di tre floppy disk che io poi, per fortuna, ho nascosto all’interno di un quadro e poi dimenticato”. Al suo interno, ha aggiunto, c’erano “venti relazioni fatte al Ros a partire da agosto ’95 fino a aprile-maggio ’96 Quando li ho ritrovati li ho consegnati al tribunale”.
Successivamente il rapporto venne consegnato alle procure di Palermo, Catania e Caltanissetta. Ma già prima della consegna il contenuto provocò una serie di reazioni: “Il procuratore Tinebra di Caltanissetta, per tramite del dottor Condorelli - ha spiegato Riccio - chiese di non inserire l’incontro avvenuto a Roma tra Ilardo e l’autorità giudiziaria” mentre la dottoressa Principato, da Palermo, suggerisce di “sfumare”. “Io ho rappresentato tutto a Mori - ha dichiarato il teste - ma lui non ha commentato”.

Le agende di Riccio
Durante la deposizione ampio spazio è stato dato anche all'esame delle agende del 1995 e del 1996 che Riccio consegnò all'autorità giudiziaria a supporto delle proprie accuse e che furono usate per integrare anche lo stesso rapporto “Grande Oriente”.
Passo dopo passo Riccio ha ricostruito i vari punti dell'indagine che avrebbe potuto portare all'arresto di Provenzano già nel 1995. “Ad un certo punto – ha detto – Ilardo aveva davvero la speranza di incontrare il latitante. E con il passare dei giorni si sentiva sempre più prossimo a questo incontro. Io annotavo tutto e riferivo”.
Ma nelle agende l'ufficiale scriveva anche considerazioni e quelle che erano le indicazioni che venivano dai suoi superiori. E' del 18 dicembre, infatti, l'appunto “non vuole che io scriva i contatti di oriente con i Politici”.
Esaminata, tra le varie annotazioni scritte sull’agenda, quella datata 13 febbraio ’96, giorno in cui il colonnello scrisse: “Sinico, confermato Subranni aveva paura della morte di Guazzelli (maresciallo) vicino a Mannino, De Donno fu fatto rientrare di corsa dalla Sicilia - Guazzelli fu avvertimento per Mannino e soci?”. E per soci, ha specificato Riccio, si intendeva il Ros. “Si diceva che Guazzelli fosse stato ammazzato dalla Stidda – ha raccontato Riccio – sollecitai Ilardo a parlarne e lui mi fece una faccia contrariata, facendomi capire chiaramente che i fatti non erano andati in quel modo” in quanto secondo il confidente, Guazzelli “non operava fattivamente in Cosa nostra ma rappresentava altri aspetti” di cui avrebbe parlato in futuro, se non fosse stato assassinato. “Successivamente – ha proseguito il teste – mi incontrai con Sinico nel suo ufficio e portai il discorso su Guazzelli. Mi disse che quando Guazzelli morì il generale Subranni si spaventò moltissimo, tanto che fece rientrare di corsa dalla Sicilia de Donno per paura che anche a lui potesse succedere qualcosa” aggiungendo che “Guazzelli era molto vicino a Mannino”. “Ilardo mi aveva anche detto – ha approfondito Riccio – che Mannino sarebbe stato strettamente controllato dalla famiglia di Agrigento, cosa che avrebbe poi dovuto spiegare in sede di collaborazione”.

L'incontro con Dell'Utri e Faccia da mostro
Riccio ha anche parlato dell'incontro avuto a Roma con Marcello Dell'Utri, l'avvocato Taormina ed il tenente Canale. “Era l'aprile 2001 – ha detto rispondendo ad una domanda di Di Matteo – Da lì a poco sarei stato citato ad un processo a Palermo. Ci incontrammo presso lo studio di Taormina. Ricordo che vidi anche il figlio del maresciallo Lombardo ma si trovava in un'altra stanza, lì c'erano il tenente Canale, l'avvocato e Marcello Dell'Utri. Si parlava dei problemi dei collaboratori di giustizia. Canale si mise a disposizione per compiere alcuni accertamenti che potevano essere utili alla difesa di Dell'Utri, per cui c'era il processo. A me Taormina chiese di dire che Ilardo non aveva menzionato il nome di Dell'Utri, che non ne aveva mai parlato. Io rifiutai. La mia dignità non ha prezzo. E poi avevo già fatto il nome di Dell'Utri a Chelazzi, a Firenze. Gli dissi che il nome del famoso personaggio dell'entoruage di Berlusconi indicato nelle agende era propria l'ex senatore di Forza Italia. Questo fatto, aggiunto a quanto accadde poi il 16 aprile nel giorno della mia deposizione a Palermo, quando ancora una volta il capitano Damiano mi chiese di prendere le distanze da certi fatti inerenti Mezzojuso, mi decisi a dire basta a questa situazione. E relazionai tutto all'autorità giudiziaria”.
Riccio ha infine parlato anche di “Faccia da mostro”. “Me ne parlò Ilardo – ha detto – di quest'uomo estraneo a Cosa nostra e che aveva partecipato ad omicidi, tra cui quello Agostino e Piazza, con un qualche ruolo. Un personaggio che lo descriveva come alto, magro e brutto in viso, una faccia brutta, una faccia da mostro. Questo non faceva parte di Cosa nostra ma a detta di Ilardo sarebbe stato collegato ad ambienti dei servizi segreti. Lo indicò proprio anche in un servizio televisivo. Poi indicai la cosa anche per vedere se si riusciva a recuperare qui filmati, ma non si trovò. Queste cose me le dice e sono anche nelle registrazioni comprese nel periodo dal 2 al 10 maggio”.

Dossier Michele Riccio

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