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carabinieri divisa fictL'udienza è terminata. Il processo è stato rinviato al 12 novembre, ore 9:30.


di AMDuemila

Il rapporto con il confidente Ilardo e il fallito blitz a Mezzojuso
Sarà il Colonnello dei Carabinieri MicheleRiccio, all’udienza di oggi, ad essere sentito in qualità di testimone al processo sulla trattativa tra Stato e mafia in corso a Palermo. Oggetto dell’esame, nello specifico, il rapporto con il confidente Luigi Ilardo (ucciso in circostanze misteriose appena prima di divenire collaboratore di giustizia) in particolare sulle preziose informazioni che Ilardo diede parlando delle strategie generali di Cosa nostra, delle stragi del ’92 e ‘93, dei rapporti con esponenti della politica e delle istituzioni e soprattutto con l’allora boss latitante Bernardo Provenzano. Proprio il confidente, nel ’95, riuscì a portare il Ros ad un passo dalla cattura di Provenzano, che si nascondeva a Mezzojuso, ma l’appuntamento che Ilardo era riuscito ad ottenere con il boss corleonese si concluse in un nulla di fatto in quanto dai vertici dei carabinieri non ci fu l’ordine di procedere al blitz.
“Provenzano? Era un confidente ad alto livello con le istituzioni. Questo me lo disse Luigi Ilardo. – aveva raccontato Riccio nel corso del processo a carico degli ex ufficiali del Ros Mori e Obinu, accusati di non aver arrestato Provenzano a Mezzojuso – Ilardo mi disse anche che Provenzano parlava con vecchi esponenti della DC: Andreotti, Ligresti e altri”. “Il giorno dell’incontro tra Ilardo e Provenzano – aveva continuato all’udienza – ero presente nella zona perché sapevo che mi sarei dovuto vedere con il confidente”, il quale “mi raccontò dell’incontro con Provenzano. Mi rese anche una descrizione del Provenzano dicendomi che poteva essere benissimo scambiato per un fattore. Mi diede i nomi delle persone, le targhe, i numeri di telefono, tante informazioni su soggetti implicati nella gestione della latitanza. Io girai tutte le informazioni ai miei ufficiali sia a voce che nelle relazioni”. “Il blitz a Mezzojuso era fattibile. – aveva poi commentato – Avevamo a disposizione la strumentazione gps fornita dall’ambasciata americana che avevamo già utilizzato in altre due operazioni. Di questo parlai a Mori a Roma quando ricevetti la notizia da Ilardo dell’incontro con Provenzano. Mi fu detto che avremmo utilizzato gli strumenti in dotazione al Ros e che sarebbe stato meglio compiere un servizio di osservazione dell’incontro tra Ilardo e Provenzano per acquisire ulteriori notizie”.
Riccio aveva anche raccontato dell’incontro avvenuto negli uffici del Ros tra Mori e Ilardo il 2 maggio 2015, giorno in cui si tenne il primo incontro propedeutico alla collaborazione di Ilardo con le Procure di Palermo e Caltanissetta. “Prima dell’incontro con Tinebra e Caselli, lo presentai a Mori. – spiegava – La scena mi colpì: Ilardo si avvicinò di getto a Mori e gli disse ‘Guardi che molti attentati attribuiti a Cosa Nostra in realtà sono stati voluti dallo Stato’. Mori si irrigidì, strinse i pugni, si volta di scatto e con lo sguardo abbassato esce. In passato Ilardo mi aveva fatto comprendere di molti attentati che erano stati addebitati esclusivamente a Cosa nostra ma dove i mandanti erano parte di questo contesto deviato”.
Il teste aveva poi ricordato un discorso che Mori gli fece in riferimento a Forza Italia, che “avrebbe risolto i problemi dell’Arma. Questo era un discorso che Mori mi fece in più occasioni. Riguardava i problemi di tipo ‘gestionale’, sui rapporti strategici dell’Arma ed anche riguardo alla strategia di gestione dei collaboratori di giustizia. Mori mi disse che bisognava sminuire la questione dei pentiti perché tutto si doveva fermare in quanto i collaboratori potevano far fare un salto alle indagini”.

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