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scibilia-canali-confrontodi Lorenzo Baldo ed Aaron Pettinari - 23 luglio 2015
E' in un'aula bunker rovente che quest'oggi l'ex sostituto procuratore di Barcellona Pozzo di Gotto, Olindo Canali, ed il maresciallo Giuseppe Scibilia, nel 1993 a Messina sostituto del Comandante della Sezione anticrimine di Messina si sono ritrovati uno di fronte all'altro nell'ambito del processo trattativa Stato-mafia. Un confronto, richiesto espressamente dalla Procura ed accolto dalla Corte presieduta da Alfredo Montalto, durato più di un'ora, che non è servito a dipanare i dubbi sulla vicenda, della mancata cattura del boss catanese Nitto Santapaola nell'aprile 1993. Troppe le difformità tra le dichiarazioni dei due testi, già ascoltati in dibattimento lo scorso giugno ed alla fine, più che un chiarimento, da parte di entrambi vi è stato il ribadire con forza quella che sono le proprie convinzioni. A cominciare dal fatto se fosse stata diffusa o meno la notizia della presenza di Santapaola nel barcellonese, con tanto di intercettazione telefonica.

L'incontro di Lipari
Il giudice milanese, anche oggi nega di aver mai saputo di quelle intercettazioni che certificavano la presenza di Santapaola in quelle zone: “Quando Scibilia venne a Lipari ricordo che era molto perplesso su un'attività di polizia che c'era stata poco tempo prima nel territorio di Barcellona Pozzo di Gotto. Forse l'idea che aveva era che io avessi coordinato quell'attività ma non erano così. Ricordo che vi fu un accenno ad un'attività di ricerca a Santapaola, un accenno a quella perquisizione ma né in quella occasione né dopo mi fu detto delle intercettazioni di Santapaola. Se non fosse così non avrei avuto la necessità di chiedere al Ros conto di quell’operazione su Terme Vigliatore perché avrei immediatamente saputo che stavano cercando Santapaola. Altro che Pietro Aglieri”. Scibilia da parte sua ribadisce il motivo per cui si era recato dal magistrato: “L'area è stata intasata da quella operazione di polizia. L'unico posto dove non era stata fatta alcuna perquisizione era quello dove in effetti Santapaola era andato. Quello era un momento in cui c’era solo da attendere per prendere Santapaola". L'ex carabiniere, oggi in pensione, prima parla di perquisizioni che ancora non erano state fatte, quindi riferisce di operazioni di polizia effettuate sia prima che dopo il colloquio con Canali. A questa versione si aggiunge però l'informativa redatta nel luglio 1993 dall'ex colonnello Silvio Valente, nei primi anni Novanta comandante della sezione anticrimine di Messina, poi consegnata al sostituto procuratore di Barcellona Pozzo di Gotto Olindo Canali, su quanto avvenuto in aprile a Terme Vigliatore. Dal documento si evince che quell'attività fu svolta il 14 aprile 1993.
“Io non ho fatto l'informativa – dichiara Scibilia - Io mi recai da Canali per invocarne l’intervento perché essendo il titolare dell’inchiesta avrebbe potuto chiamare la polizia. Io non so perché la polizia stesse lavorando là. Qualcuno ha dato le indicazioni di quei posti che soltanto noi e la procura sapevamo. E come mai non è stato dato l’indirizzo dell’obiettivo? Perché al momento in cui abbiamo chiesto di mettere sotto controllo quella utenza telefonica e quel caseggiato non l’hanno fatto? Canali (che in aula, ascoltando la versione, scuote la testa in maniera negativa, ndr), mi disse vedrò quello che posso fare”. “Ma cosa potevo fare – afferma il magistrato rivolgendosi alla Corte – Io lavoravo più con il Ros che con la polizia. Se è venuto a cose fatte cosa avrei potuto fare io?”.
Durante il confronto non si è chiarito se alla fine Scibilia abbia riferito o meno a Canali dell'intercettazione in cui venne registrata la voce di Santapaola. Tuttavia, su approfondimento richiesto dal pm Nino Di Matteo (in aula in un primo momento assieme a Francesco Del Bene, poi con Vittorio Teresi) che quell'iniziativa di colloqui con Canali non fu personale: “Il Ros – ricorda l'ex maresciallo - mandò giù il maggiore Parente proprio in rappresentanza. L'episodio trova la sua ragione nel fatto che noi vedendo la polizia sul luogo mandavo a quel paese anche la residua speranza che avevamo di prendere Santapaola”. Canali però ha continuato a negare che con lui si fosse mai parlato di quella registrazione con la voce di Santapaola o che ci fossero attività nella maniera più assoluta.

Richiesta di colloqui con Mori
Altro punto caldo della vicenda, forse quello dove i punti di contrasto sono veramente insanabili, riguarda la richiesta di colloquio che Olindo Canali, tramite Scibilia, avrebbe fatto al generale Mario Mori. Il giudice di Milano prova a portare un ulteriore elemento alla sua dichiarazione ricordando una deposizione, o come teste o come imputato, dello stesso Mori. “Andate a cercarla. Lui disse che non voleva incontrarmi perché diceva che io andavo a parlare troppo sui giornali”. Ancora una volta Canali ribadisce che “venne Scibilia per dirmi che Mori non aveva tempo ma che sarebbe venuto… me lo ha ripetuto 3 o 4 volte, finché Scibilia mi disse: ‘Mori non ha intenzione di venire a parlare con lei perché non parla con un magistrato’".
A quel punto però il maresciallo è intervenuto con forza. “Ma stiamo scherzando? Io avrei detto quello che mi avrebbe detto Mori nei suoi confronti? Lei, che in animo aveva di chiedere rinvio a giudizio contro Ultimo per la sparatoria ad Imbesi, questa cosa a me non l’ha mai detta! Io sono un uomo che ama la conciliazione, io avrei fatto in modo di farvi avere un incontro!”. E mentre Canali, con un sorriso, dice di ricordare l'imbarazzo di Scibilia mentre riferiva certe cose, resta il dato di fatto che comunque l'incontro con Mori, alla fine, non si è mai verificato.

Omicidio Alfano
Il terzo punto per cui era stato richiesto il confronto riguardava l'iniziativa di utilizzare il procedimento sull'omicidio Beppe Alfano per proseguire l'indagine sulla mafia barcellonese che fino a quel momento non stava portando frutti. Ancora una volta però sono i contrasti tra le due versioni ad emergere. Scibilia nega con forza di essersi mai occupato delle indagini di Alfano ribadendo il fatto che l'intento delle indagini era sempre quello di indagare sulla mafia barcellonese. “Ad un certo punto però – ricorda l'ex maresciallo – arrivò un punto in cui non si potevano più prorogare le intercettazioni e fu così che le indagini su Alfano confluirono in questo. Tanto che io redassi una nuova relazione e vennero eseguiti i nuovi decreti”. Dall'altra parte però Canali afferma di non poter essere stato lui ad effettuare richieste al suo Gip “in materia di 416 bis. Non è sicuro un mio interesse trovare prove sul sodalizio mafioso, per quanto io fui subito convinto che l'omicidio Alfano era un omicidio con matrice di mafia. Come me ne erano convinti anche altri investigatori.”.

Il “frame” con il volto di Santapola
Ultima questione affrontata in questo botta e risposta tra i due testimoni la fotografia di Santapaola che il giudice Canali dice di aver visto in caserma. Un dato che Scibilia nega: “Questa è una cosa totalmente nuova per me. Non è mai andato là. Ho la certezza matematica”. Alla domanda del presidente se avesse guardato lui stesso tutti i video e le fotografie raddrizza il tiro: “I miei uomini stavano la ventiquattro ore al giorno ed ogni volta che c'era un incontro con qualcuno veniva attivato un controllo per verificare chi fosse quella persona. Nella pescheria non è avvenuto nulla che potesse ricondurci a Santapaola”.
Anche in questo caso però il contrasto tra le due versioni appare insanabile in quanto ancora una volta Canali ha confermato di aver visto “questo uomo con la barba” e che “mi dissero che si trattava di Santapaola. Ciò avvenne quando riprendemmo tutto in mano prima del processo Alfano”. “Per fare quelle foto – aggiunge l'ex sostituto procuratore di Barcellona Pozzo di Gotto – i carabinieri presero una casa di fronte alla pescheria, queste fotografie venivano anche stampate. In questa foto che mi fu mostrata c’era una persona con la barba e mi fu detto 'questo è Santapaola'. Ma prima di allora sulle attività su Santapaola non avevo saputo nulla”. In questo scambio di flussi di coscienza, fatti di macroscopiche differenze ed espressioni teatrali di fronte alla Corte, restano aperte tante domande su una vicenda che è lungi dall'essere chiarita. Possibile che una squadra ritenuta “esperta” come quella del capitano Ultimo possa aver sbagliato (in maniera tanto grossolana l'identificazione del giovane Imbesi scambiandolo con Pietro Aglieri? E' credibile la giustificazione ufficiale di Ultimo e De Donno che parlano di una riunione delle sezioni anticrimine che si sarebbe tenuta a Messina alla quale non avrebbe partecipato lo stesso Scibilia, all'epoca dei fatti Comandante “vicario” dell'anticrimine messinese? Possibile che non abbia saputo nulla di quella riunione, come lui stesso sostiene? Può significare che i motivi per cui Ultimo (Sergio De Caprio, ndr) e De Donno si trovavano nel barcellonese erano ben altri? Questi sono solo alcuni degli interrogativi che crescono se poi si guarda a fondo alla vicenda della sparatoria di Terme Vigliatore e della perquisizione armata in casa degli Imbesi. Un piccolo tassello del puzzle che si sta cercando di ricostruire su quegli anni e che si aggiunge anche a quanto dichiarato in mattinata dall'ex Segretario generale emerito della Presidenza della Repubblica che, Gaetano Giufuni, rispondendo ad una domanda del pm Nino Di Matteo, ha confermato quanto dichiarato dall'ex presidente della Repubblica Napolitano durante l'udienza quirinalizia. Ovvero che dopo le stragi del luglio 1993 “c'era l'ipotesi di un attacco della mafia al cuore dello Stato… al rovesciamento delle istituzioni…”.

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