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aula-bunker-ucciardone1di Lorenzo Baldo ed Aaron Pettinari - 23 luglio 2015
Dopo gli attentati di Roma e Milano nel luglio 1993 a livello istituzionale c’era un gran fermento e l’allora premier Ciampi convocò un Comitato di sicurezza. “Lui disse che chi aveva partecipato a quel comitato erano come convitati di pietra tranne Parisi’. A raccontarlo in aula è Gaetano Gifuni, ex Segretario generale emerito della Presidenza della Repubblica. Al pm Nino Di Matteo, che ha ricordato quanto da lui riferito al processo Mori nel 2012 (“Ciampi era molto preoccupato disse che solo Parisi aveva detto cose chiare… degli attentati andammo a Milano a San Giovanni Laterano e quindi con Ciampi e con Mancino si è parlato tantissimo di questi attentati che sembravano riferire ad uno scenario … di attacco al cuore dello Stato”) ha confermato che “C’era tra le altre questa ipotesi di un attacco della mafia al cuore dello Stato… al rovesciamento delle istituzioni…”. Il teste ha anche detto di aver conosciuto l’Ambasciatore Fulci e di non poter escludere, “anche se preferisco dire non ricordo”, del suo viaggio a Milano per parlare con il generale Federici quando era ancora ambasciatore all’ONU.
Tornando a parlare della lettera dei sedicenti familiari di detenuti al 41 bis, il teste ha detto di non ricordare se il contenuto di questa missiva fu riferito a Nicolò Amato (il quale in precedenza ha detto di non averne mai avuto notizia, ndr). “Non so se il dato fu segnalato ad Amato o a chi si occupava della sua sicurezza. Ci dovevano pensare gli organi preposti”.


Processo trattativa, Gifuni: “Il discorso tv di Scalfaro? Si sospettava una ‘manona’ della mafia”
di Lorenzo Baldo ed Aaron Pettinari - 23 luglio 2015
E fa riferimento anche ad un possibile coinvolgimento dei Servizi
Nel novembre 1993 è noto il discorso televisivo di Scalfaro in cui l’allora Presidente della Repubblica disse: “Prima ci hanno provato con le bombe poi con la delegittimazione”. Il teste Gifuni, su domanda del pm Nino Di Matteo, ha ricordato così l’episodio: “Il capo ufficio Stampa Scelba disse che il capo del Sisde era coinvolto in un giro di milioni ricevuti dai servizi, Scalfaro capisce la gravità di queste accuse e decide per il giorno successivo di far conoscere le sue intenzioni che non escludevano le dimissioni, per chiarire quella vicenda che aveva ben altri protagonisti. Allora Scalfaro decise di fare questo intervento prima del quale io telefonai a Ciampi per dirgli che rischiavamo che Scalfaro lasciasse l’incarico. Sempre quel pomeriggio ci fu l’incontro con Napolitano e Spadolini, tutto si svolse nell’arco di poche ore”. Quindi ha aggiunto: “Entrambi lo confortarono e fecero qualche piccola modifica su qualche espressione scritta nel messaggio del presidente. In quell’intervento disse ‘prima ci hanno provato con le bombe e poi con la delegittimazione’, la cosa non ci sorprese. Si sapeva che le bombe erano di origine mafiosa e questi fattacci che coinvolgevano i servizi… ci poteva essere anche la mano di questi… ma anche della stessa mafia che poteva utilizzare quello strumento per incrinare la credibilità di Scalfaro. Quindi che ci fosse stata anche una ‘manona’ della mafia”.


Processo trattativa, Gifuni: “Sulle stragi nel 1993 c’era convinzione che erano di mafia”
di Lorenzo Baldo ed Aaron Pettinari - 23 luglio 2015
“Che ci fosse questa convinzione che queste bombe fossero di mafia lo confermo… se fosse che i mafiosi lo avessero fatto per alleggerire il 41 bis non posso escluderlo e non posso affermarlo… che l’argomento che sta dietro alle bombe sia il 41 bis a me non risulta nulla…”. A dirlo è Gaetano Gifuni, ex Segretario generale emerito della Presidenza della Repubblica, rispondendo ad una domanda del pm Nino Di Matteo. Il magistrato aveva chiesto se, come ha riferito a processo l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, allora presidente della Camera, “subito dopo la notte degli attentati era maturata, attraverso i colloqui con altre cariche, la convinzione che quelle bombe fossero state messe dai corleonesi e fosse un ricatto allo stato in riferimento al 41bis”. Ricordando quella notte il teste ha ricordato che “appena si ebbe la notizia dello scoppio delle bombe io telefonai al Presidente, ci mettemmo in macchina raggiungemmo la sua residenza. Comincia così la lunga notte. Scalfaro telefona a Ciampi e lì ci rendemmo conto dell’isolamento dei telefoni. Ciampi dice che nel frattempo aveva riunito il comitato per l’ordine e la sicurezza. D’intesa con Mancino si era deciso di sostituire il capo del Sisde Finocchiaro”. Il teste ha poi riferito di non aver mai avuto conoscenza dell’esistenza di una nota del Sismi che paventava il rischio di nuovi attentato verso Napolitano e Spadolini.


Processo trattativa, Gifuni: “Nomina di Di Maggio non credo che venne su proposta di Scalfaro”
di Lorenzo Baldo ed Aaron Pettinari - 23 luglio 2015
“La nomina di Di Maggio come vice di Capriotti? Non credo che il suo nome arrivasse da un presidente della repubblica… mi pare strano”. A dirlo è Gaetano Gifuni, teste oggi a Palermo al processo trattativa Stato-mafia. Rispondendo alle domande del pm Del Bene ha ricordato le difficoltà nella nomina per la “mancanza di titoli” di Di Maggio, ma “la vicenda fu superata. Credo che la contestazione sui titoli venne dal Csm… che poi anche all’interno del Governo ci furono contestazioni non so… Di Maggio viene nominato con decreto del presidente della Repubblica, qualcuno avrà istruito la pratica. Sarà passato al vaglio dell’ufficio affari giuridici”.
Alla domanda se ricorda se Scalfaro fu informato della mancata proroga di alcuni 41bis nel novembre del ’93, ha detto di non ricordare (così come disse nel 2011 e nel 2012 al processo Mori), mentre nel 2014, ascoltato come teste a Caltanissetta, disse: “il mio ricordo è che Scalfaro non entrò mai nel 41bis se non per prendere atto che esisteva ed era una misura giusta, ricordo invece che successivamente, qualche mese dopo, Conso informò il capo dello stato che si assumeva la responsabilità di limitare il 41bis per un certo numero di detenuti”.
A quel punto il teste si è lamentato di “non aver avuto la possibilità di leggere le mie precedenti dichiarazioni”. “Successivamente - ha aggiunto - quando Conso firmò la conferma o non conferma del 41bis penso che ne abbia parlato successivamente a Scalfaro… ma io oggi non lo ricordo”. Ed ha aggiunto che il suo ricordo risale a quando la vicenda diventa processuale.


Processo trattativa, Gifuni: “Sostituzione Amato al Dap maturata da tempo da Scalfaro”
di Lorenzo Baldo ed Aaron Pettinari - 23 luglio 2015
“I rapporti tra Scalfaro ed Amato non erano molto cordiali. Il Presidente diceva: ‘Mi pare strano che questo sia ancora lì da 10 anni”, poi aveva insofferenza sulle posizioni dure di Amato”. A dirlo in aula è Gaetano Gifuni, già Segretario generale emerito della Presidenza della Repubblica. Alla Corte ha riferito che “Già mesi addietro alla sostituzione aveva maturato questa sua convinzione di sostituire Amato e ne aveva parlato con il premier e con Conso. Scalfaro non muoveva foglia se non sentiva il presidente del consiglio e il guardasigilli e si saranno trovati tutti e tre d’accordo”. Il teste ha anche confermato l’incontro tra Scalfaro con i cappellani: “In quel periodo ha ricevuto la visita di Curioni accompagnato da Fabbri. In quel periodo sarà stato naturale che il cappellano abbia anche parlato della situazione delle carceri e dell’avvicendamento”. Gifuni ha detto, a differenza di quanto raccontato dall’ex capo del Dap, di non ricordare di aver poi interloquito con Amato dopo la sua sostituzione”.


Processo trattativa, Gifuni: “La lettera dei sedicenti familiari dei detenuti 41 bis? Non era agli atti del Quirinale”
di Lorenzo Baldo ed Aaron Pettinari - 23 luglio 2015

Ma al Borsellino quater disse altro
“La lettera del 17 febbraio 1993 dei sedicenti familiari dei detenuti 41 bis? Io di questa lettera non ho assolutamente memoria che me ne abbia parlato il Presidente… l’ho appresa dai giornali, e da ultimo da un libro di Sebastiano Ardita”. Entra nel vivo l’esame del teste Gaetano Gifuni al processo trattativa Stato-mafia. L’ex Segretario generale emerito della Presidenza della Repubblica ha letto in aula un passaggio del libro in cui si dice “Scalfaro mantenne un profilo rigoroso e distaccato di fronte alle sollecitazioni di quei parenti…”. “Mi fu segnalato da Loris D’Ambrosio. Scalfaro non è che mi riferiva su tutto. Quando Scalfaro ha aperto questa lettera avrà chiamato il consigliere degli affari interni Iannelli perché ne informasse le autorità preposte. Questa è una mia supposizione. Ci sono state delle ricerche eseguite dal sovrintendente dell’archivio del Quirinale che ha escluso che agli atti del Quirinale ci fosse questa lettera. Non C’era, c’erano solo ritagli di stampa che ricordavano questa lettera. Questo significa che il presidente non me ne abbia parlato e che Scalfaro abbia detto: Iannelli se la veda lei”. A questo punto il pm Del Bene ha fatto presente che a Caltanissetta, il 30 giugno 2014 aveva riferito una cosa diversa cioè che il “Presidente mi disse semplicemente questa lettera la mettiamo agli atti, non rispondere e non prendere alcuna iniziativa”.
Ma Gifuni ha ribadito: “La lettera io non l’ho avuta mai… Io ho ricostruito secondo quanto letto sui giornali… Alla fine del mandato di Scalfaro tutto quello che il presidente aveva deciso di trasmettere all’archivio storico… poi c’è quello che il presidente decide di tenere per sé… non posso dire altro”.


Processo trattativa, Gifuni: “Dopo dimissioni Martelli la scelta di Conso trovò assenso”
di Lorenzo Baldo ed Aaron Pettinari - 23 luglio 2015

“Mentre Scalfaro e io eravamo in visita ufficiale a Trieste ci fu una telefonata urgente  da Martelli e Scalfaro poi ci riferì che Martelli gli preannunciava le dimissioni in quanto aveva ricevuto in quei giorni un avviso di garanzia per il ‘Conto protezione’. Facemmo venire prima l’aereo presidenziale per rientrare a Roma, per firmare il decreto di dimissioni. Scalfaro, da Ciampino, interpellò diversi personaggi e in ultimo Conso che si assunse la carica di Guardasigilli”. E’ iniziato l’esame del teste Gaetano Gifuni al processo trattativa Stato-mafia in corso all’aula bunker dell’Ucciardone. L’ex Segretario generale emerito della Presidenza della Repubblica, rispondendo alle domande del pm Francesco Del Bene (presente in aula assieme al pm Nino Di Matteo), sta ripercorrendo alcune fasi storiche tra il 1992 ed il 1993.”Con Scalfaro, c’era un pregresso rapporto di conoscenza. Dopo le stragi di Capaci e via d’Amelio Scalfaro, che era stato un magistrato, disse: ‘la mia toga è come se fosse rimasta attaccata alla pelle… sono con voi’. Il prefetto Parisi era una persona molto vicina a Scalfaro. Parisi segna un punto fermo nella mia esperienza. Il Presidente chiedeva informazioni a Parisi in questa situazione di emergenza. C’era una grandissima stima di Parisi per la precedente esperienza di Scalfaro come Ministro dell’Interno”.
Gifuni ha quindi confermato che fu Scalfaro a contattare direttamente Conso. “L’iniziativa - ha detto - partì da Scalfato ed Amato accettò”.



Processo trattativa, è il giorno del confronto Canali-Scibilia
di Aaron Pettinari - 23 luglio 2015
Questa mattina sarà ascoltato anche l'ex segretario generale Gifuni

Da una parte un magistrato, ex sostituto procuratore di Barcellona Pozzo di Gotto. Dall'altra un maresciallo dei carabinieri. E' così che questa mattina al processo trattativa Stato-mafia avrà luogo il confronto tra Olindo Canali e Giuseppe Scibilia. I pm ne avevano chiesto il confronto “alla luce delle forti contraddizioni emerse tra le dichiarazioni dei due testi in merito alla visita effettuata da Scibilia, a Lipari, nell'aprile 1993 e sul contenuti del colloquio e le richieste rivolte all'ora sostituto procuratore di Barcellona Pozzo di Gotto. L'accusa aveva anche chiesto il confronto sulla “richiesta di potere parlare col colonnello Mori, avanzata da Canali attraverso Scibilia sulle vicende relative alla sparatoria di Terme Vigliatore del 6 aprile, e alla risposta avuta sempre attraverso lo stesso maresciallo”. Ad una scorsa udienza Scibilia aveva dichiarato in aula: “Prima delle perquisizioni del 14 aprile, sono andato da Canali a Lipari con Parente, perché non era minimamente compromessa la speranza che si potesse realizzare la cattura sul posto. Gli ho raccontato il fatto che nel posto dove Santapaola era andato non erano stati fatti accertamenti o perquisizioni e il luogo è rimasto incontaminato”. Nel rispondere alla domanda di precisazione del pm Teresi se “Gli ha detto a Canali che c'era la presenza di Santapaola?” Scibilia aveva risposto con fermezza: “Certo, tutto gli ho detto”. Una versione ben diversa da quella data dall'ex pm Canali che aveva negato con convinzione che a Lipari gli fosse stato riferito qualcosa su Santapaola.
In merito alla richiesta d'incontro con Mori il giudice di Milano aveva spiegato che dopo aver chiesto di incontrare Mario Mori “venne Scibilia per dirmi che Mori non aveva tempo ma che sarebbe venuto… me lo ha ripetuto 3 o 4 volte, finché Scibilia mi disse: ‘Mori non ha intenzione di venire a parlare con lei perché non parla con un magistrato’”. Versione che Scibilia non ha confermato.
Sempre all'udienza odierna verrà poi sentito Gaetano Gifuni, già Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, per riferire in particolare quanto a sua conoscenza sui fatti oggetto del processo ed in particolare in merito alla lettera di minacce indirizzata da sedicenti parenti di mafiosi detenuti al carcere di Pianosa ed a quello dell’Asinara, spedita nel febbraio del 1993 e diretta, tra gli altri, al Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.
L'ex segretario generale è stato interrogato dai pm anche sulle vicende relative all'avvicendamento alla guida del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria: l'ex capo Nicolò Amato venne sostituito con Adalberto Capriotti. Una scelta, fatta dall'allora Guardasigilli Giovanni Conso, che, secondo la tesi dei pm che indagano sulla trattativa, sarebbe dipesa dalla necessità di avere al vertice del Dipartimento una persona disponibile a fare concessioni sul 41 bis ai mafiosi. Il carcere duro, secondo l'impianto accusatorio, sarebbe uno dei punti chiave della trattativa che avrebbe portato in cambio, allo Stato, la fine della stagione stragista. Il cambio alla guida del Dap sarebbe stato determinato da Scalfaro che avrebbe chiesto al capo dei cappellani della carceri, monsignor Cesare Curioni, di scegliere la persona giusta, poi individuata in Capriotti.

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