Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

fulci-francesco-paolodi Lorenzo Baldo - 25 giugno 2015
Coincidenze. Probabilmente per certi apparati dello Stato è più comodo parlare in questi termini. Ma il binomio Servizi segreti-Falange Armata emerso dalle dichiarazioni dell’ex capo del Cesis Francesco Paolo Fulci è decisamente impattante. Nella sua testimonianza odierna al processo sulla trattativa riaffiora il ricordo di due cartine geografiche mostrategli da un suo fidato analista: una con i luoghi da dove partivano le telefonate targate “Falange Armata” e l’altra con le ubicazioni delle sedi periferiche del Sismi. Risultato? Le due cartine erano perfettamente “sovrapponibili”. Ancora coincidenze? Certo è che queste ambigue circostanze vanno ad infittire i tanti misteri nascosti dietro a questa strana sigla, utilizzata ad intermittenza per rivendicare stragi e omicidi eccellenti, fino a sparire inghiottita nei buchi neri del nostro disgraziato Paese, per poi tornare in auge nel febbraio del 2014 all’interno di una strana lettera di minacce indirizzata a Totò Riina. Il racconto di Fulci affonda le radici nella lista dei 15 nomi di agenti dei Servizi addestrati a maneggiare esplosivi. A questi nominativi l’ex ambasciatore ne aggiunge un altro: quello del colonnello Walter Masina, che però non fa parte della “VII divisione” e degli “Ossi”. “Non avrei dovuto farlo ma volevo fargliela pagare – aveva dichiarato a verbale –, dato che Masina era quello che spiava la mia abitazione”.

Nei suoi ricordi riemerge anche la prospettiva di una indagine del Cesis con un obiettivo ben definito: verificare se nei giorni delle stragi del ’93 di Roma, Firenze e Milano quegli stessi 007 si fossero trovati nei paraggi dei luoghi degli attentati. Su sollecitazione del pm Tartaglia l’ex ambasciatore ricorda la richiesta esplicita dell’ex Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, di fornire quei nominativi all’ex capo della Polizia Vincenzo Parisi. Ma perché Scalfaro sapeva di quella lista, quasi in tempo reale, quando su quell’affaire si sarebbe dovuta mantenere la massima segretezza? Lo stesso Fulci a distanza di anni ammette di non avere mai saputo se quell’indagine fosse stata fatta o meno. Quello che rammenta perfettamente sono invece le microspie piazzate in tutta la sua casa, l’arma del dossieraggio, con tanto di macchina del fango - ben oliata - contro di lui e contro la sua famiglia. “Avevo detto a mia moglie: ‘se mi succede qualcosa andate a vedere se qualcuno di quei nomi era nei paraggi…’”. La lista di Fulci era peraltro finita in Parlamento il 16 novembre 1994, inserita in un’interrogazione parlamentare dell’onorevole di Rifondazione Comunista Martino Dorigo. Al processo sulla trattativa Stato-mafia sembra di assistere ad una spy-story. Ma la storia grigia del nostro Paese supera di gran lunga qualsiasi sceneggiatura cinematografica. “Due giorni prima di assumere l’incarico al Cesis – ricorda in aula Fulci – telefonarono dicendo: ‘qui Falange Armata uccideremo l’ambasciatore Fulci’. Io dissi: ‘cominciamo bene, ma come fanno a sapere del mio incarico quando tutto è coperto da assoluto riserbo?’. Un messaggio che si ripeté due o tre giorni dopo l’inizio del mio incarico. Della Falange Armata avevo sentito parlare sui giornali”. Di sicuro la nomina di Fulci da parte dell’allora Premier Giulio Andreotti non era stata oggetto di pubblicità sui media. “Ci fu una campagna violentissima di un giornaletto che circolava negli ambienti dei Servizi, si dicevano sul mio conto e su quello di mia moglie le nefandezze più terribili. Al momento del primo messaggio della Falange Armata, comunque, erano a conoscenza del mio insediamento al Cesis parecchie persone nell’ambito degli addetti ai lavori, soggetti dei Servizi e del ministero degli Esteri”. Tartaglia rilegge quindi in aula uno stralcio delle dichiarazioni di Fulci tratte dal suo verbale di interrogatorio del 2014. “Mi sono convinto che tutta questa storia della Falange Armata – dichiarava l’ex ambasciatore solamente un anno fa – faceva parte di quelle operazioni psicologiche previste dai manuali di ‘Stay Behind’ (Gladio, ndr): facevano esercitazioni, come si può creare il panico in mezzo alla gente, creare le condizioni per destabilizzare il Paese, questa è sempre l’idea”. Il pm osserva che quando erano cominciate le rivendicazioni della Falange Armata, l’operazione “Gladio” non esisteva più (per lo meno ufficialmente), a chi si riferiva, quindi? La replica di Fulci è alquanto schietta: “vuole che gliela dica tutta? Qualche nostalgico”. Che potrebbe essere utilizzato ancora su “chiamata diretta” di uno Stato-mafia bisognoso di una nuova destabilizzazione?

ARTICOLI CORRELATI

Oltre la Falange Armata, il mistero sul delitto Mormile

Interrogazione a risposta scritta 4/05227 presentata da Dorigo Martino il 15-11-1994

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos