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canali-olindo-0di Lorenzo Baldo e Francesca Mondin - 4 giugno 2015
L'esternazione del giornalista Beppe Alfano sulla presenza del boss Santapaola nel messinese, secondo l'ex pm Olindo Canali sentito oggi come teste al processo trattativa Stato-mafia, era nota anche ai Ros. “Fu da prima una sensazione che poi divenne certezza – ha detto Canali –. Ero convinto che il Ros ci avesse fornito il supporto tecnico, per le indagini sull’omicidio Alfano, per arrivare a Santapaola. Non so se ci fosse un rapporto tra Aliberti e il Ros, ma credo che anche alla Polizia di Barcellona fosse arrivata la segnalazione di Beppe Alfano sulla presenza di Santapaola a Barcellona”.
Il pm Di Matteo ha quindi citato alcune dichiarazioni che Canali rese al processo Mori, dove aveva specificato che di quelle segnalazioni probabilmente ne erano a conoscenza Scibilia e Valenti.

“Si – ha replicato il teste –, il senso è che l’Arma Territoriale e il Ros erano a conoscenza che poteva esserci Santapaola da quelle parti”.  
In riferimento all'omicidio di Alfano, avvenuto l'8 gennaio 1993, Olindo Canali ha raccontato come “Nessuno credeva che l’omicidio Alfano fosse di mafia, mi ero incaponito io a pensarlo. Per primi iniziarono le indagini i Carabinieri della Territoriale, poi Ros e Sco”. Di questo, Canali ne avrebbe parlato anche con Francesco Di Maggio a Roma in un incontro chiesto proprio da Di Maggio: "Ci incontrammo verso la fine di febbraio del '93, io colloco quell’incontro in via In Selci in quella che ritenevo fosse la sede del Ros". In quell'occasione "raccontai chi era Alfano, - ha spiegato Canali - i suoi rapporti con me, le voci che erano uscite su donne e debiti di gioco, sulle molestie alle ragazzine e Di Maggio mi disse che queste erano sciocchezze e che era un omicidio di mafia, aggiunse che dovevo andare avanti seguendo la pista di mafia”. “A un certo punto -ha proseguito il giudice Canali - Di Maggio mi disse che stava per andare al Dap e voleva che lo seguissi per aiutarlo. Io gli risposi che volevo rimanere in prima linea anche per la questione dell’omicidio Alfano e lui mi disse che la lotta alla mafia non era più sul territorio ma nelle carceri".
Dopo il suo rifiuto, in base al racconto di Canali, Di Maggio si sarebbe arrabbiato e avrebbe detto all'ex collega: "Se tu mi dici di si il modo lo troviamo per farti andare al Dap". "Di Maggio aveva buone entrature al ministero - ha specificato il teste - se io avessi detto si non ci sarebbero stati problemi”. A quell'incontro, secondo quanto detto oggi da Canali, sarebbero stati presenti il capitano Aliberti, altri carabinieri in borghese ma non Mori come invece Di Maggio gli avrebbe anticipato al telefono.
“Lei ricorda se nell’ambito dell’indagine del omicidio Alfano vennero fatte intercettazioni?” ha chiesto poi il pm Di Matteo. “Si telefoniche e ambientali eseguite dal Ros – ha risposto Canali –. Sia la Territoriale che il Ros le richiedevano al Gip, e in prevalenza il Ros le eseguiva. Le ambientali furono messe in una pescheria, poi a nei locali di Orifici e Aurelio, vennero fatte anche a Maranello, poi ci furono varie intercettazioni telefoniche tra cui la moglie di Gullotti”.
Di Matteo quindi ha introdotto l’informativa della sezione anticrimine di Messina del 25 luglio ’93, a firma di Silvio Valente, indirizzata allo stesso Canali. “Il 25 luglio del ‘93 – ha spiegato il pm – Santapaola è già stato arrestato, nella stessa informativa si fa riferimento ad alcune intercettazioni del 1 e del 5 aprile ’93 che farebbero emergere la presenza di Santapaola nel loco. Lei ebbe mai dai Carabinieri del Ros o da altri Carabinieri, prima dell’arresto del Santapaola, notizie di quel contenuto di quelle intercettazioni? Ebbe mai contezza che fosse stato individuato Santapaola?”. La risposta laconica del giudice Canali è stata tranciante: “No”. “Quell’informativa – ha specificato l’ex pm – venne depositata quando io stavo per rientrare dalle ferie, io avevo già le dichiarazioni di Bonaceto su Alfano ma che fosse stata intercettata addirittura la voce di Santapaola non lo seppi e nessuno me lo disse".
"Ricordo - ha continuato Canali - che alcuni mesi dopo nella Caserma dei Carabinieri di Barcellona riordinammo delle fotografie e vidi una foto di un uomo con la barba (probabilmente scattata in quella pescheria) e mi fu detto: questo è Santapaola. Io avevo la sensazione di due indagini parallele: da una parte mi davano informazioni sull’omicidio Alfano e dall’altra pensavo che il Ros conducesse un’indagine sua per arrivare alla cattura di Santapaola”. Di Matteo ha sottolineato che in quella stessa informativa il 25 luglio il Ros aveva chiesto a Canali una autorizzazione a risentire le bobine delle intercettazioni ambientali realizzate in quella pescheria di Terme Vigliatore a fronte di un audio “quasi incomprensibile”. Di fatto il 5 maggio del ’93 erano state depositate le bobine e nessuno aveva fatto riferimento a questo grave problema tecnico. Canali, rispondendo alle domande della pubblica accusa, ha detto che nessuno le aveva mai rappresentato questo prima del 25 luglio. Anche se, come ricordato da Di Matteo gli stessi Carabinieri avevano scritto che Parente e Scibilia, a Lipari, avevano riferito a Canali che la polizia aveva fatto delle perquisizioni nella zona di Marchesana e che “avevano degli elementi per ritenere Santapaola fosse nascosto in quei luoghi perquisiti”. Circostanza però negata dal teste: “Andai a Lipari a Pasqua del ’93 – ha replicato l'ex sostituto procuratore di Barcellona P.G. –, ricordo che venne Scibilia, non ricordo assolutamente che mi dissero di questa circostanza”.
Dopo che autorizzò il ritiro delle bobine da parte del Ros, Canali ha detto di non aver avuto più notizie sul filtraggio del nastro e di non aver mai verificato il disturbo nell'ascolto: “Fu l’atto finale della presenza del Ros a Barcellona. Poi non ne seppi più nulla”.

Un altro tema ampiamente approfondito oggi è stata la sparatoria al figlio del geometra Imbesi avvenuta il 6 aprile del ’93 in seguito alla quale il latitante Santapaola fuggì da Barcellona P.G. “Seppi di questa sparatoria e andai a Terme Vigliatore - ha detto Olindo Canali - vidi il capitano De Caprio e mi disse che casualmente avevano ritenuto di intravedere una persona dalle fattezze simili a Pietro Aglieri, avevano intimato l’alt e questa macchina non si era fermata. E invece c’era il figlio ventenne del geometra Imbesi. Credo che De Caprio recitasse la parte del Carabiniere raccontandomi una storia del tutto incredibile alla quale non ho creduto minimamente. Non ho collegato la presenza di Santapaola, ho pensato che fosse un’operazione concordata con qualche altra procura”. Per approfondire la vicenda “dissi che volevo una relazione e che volevo parlare con il comandante Mori - ha aggiunto - De Caprio era un po’ arrabbiato, ma mi disse: ‘va bene’”.
Di Matteo ha citato quindi una nota del Comando Provinciale dei Carabinieri di Messina del 17 giugno ’93 con allegata una relazione di servizio a firma dei capitano De Caprio e De Donno in cui venivano narrati i fatti del 6 aprile ’93. “Questa relazione segue una mia richiesta fatta al Comando provinciale – ha specificato il giudice Canali –, subito dopo i fatti avevo chiesto questa nota ma non mi arrivava nulla, Mori mi aveva fatto dire da Scibilia che non sarebbe venuto a parlare con me e quindi successivamente avevo scritto al Comando Provinciale di Messina. Una volta arrivata questa relazione vidi che c’è scritto quello che mi aveva detto De Caprio il 6 aprile”. Alla richiesta di approfondimento sulla decisione di Mori, Canali ha spiegato che dopo la aver chiesto di incontrare Mario Mori “venne Scibilia per dirmi che Mori non aveva tempo ma che sarebbe venuto… me lo ha ripetuto 3 o 4 volte, finchè Scibilia mi disse: ‘Mori non ha intenzione di venire a parlare con lei perché non parla con un magistrato’. Questo mi diede molto fastidio, potevo creare un incidente diplomatico convocandolo a testimoniare o proseguire con quelle sciocchezze... Dopo l’estate ho richiesto l’archiviazione in riferimento alla vicenda di Imbesi”.
Un fatto che Canali avrebbe raccontato anche a Di Maggio: "Verso la fine del ’93 o inizi ’94 ci risentimmo con Di Maggio ed ebbi modo di parlargli di questa vicenda. Di Maggio glissò e mi disse: ‘sai com’è fatto Mori, devi capirlo…’. Ricavai la sensazione che già sapesse la cosa, non si fece raccontare il fatto…”.
In aula, Canali ha riferito anche degli incontri che ebbe con Cattafi dopo essere stato trasferito a Barcellona P.G. “A settembre del ’92, venne nel mio ufficio e si presentò come l’avvocato Cattafi: ‘so che lei è stato un allievo di Di Maggio se lo rivede me lo saluti’, mi disse”. “Quando incontrai Di Maggio a Roma gli dissi: ‘è venuto Cattafi e mi ha detto di salutarti’. Poi Cattafi fu arrestato nell’ottobre del ’93, operazione Autoparco. Dopo un po’ di tempo mi arrivò una telefonata di sua moglie per dirmi che il marito voleva parlare con me, le dissi di farmi mandare un telegramma che poi arrivò". Quindi, successivamente, Canali è andato al carcere di Sollicciano: "lui mi disse che voleva parlare con Di Maggio: ‘gli devo raccontare delle cose importantissime’. -ha riferito il giudice di Milano - Spostandomi di stanza chiamai Di Maggio che mi disse di dirgli di mettersi a modello 12, e cioè attraverso la matricola di mandarlo a chiamare. Io lo riferii a Cattafi".
In seguito "richiamai Di Maggio - ha aggiunto Canali - per scusarmi di averlo chiamato in quel modo, ma non si mostrò imbarazzato né sorpreso”. Il teste ha confermato anche quanto detto al processo Mori che Di Maggio, riferendosi a Cattafi, gli aveva detto: ‘poi lo vado a sentire’ senza però sapere se ciò avvenne.
L'udienza riprenderà domani, ore 9:30, con l'audizione dell'ex maresciallo dei carabinieri Giuseppe Scibilia.


Canali al 'trattativa Stato-mafia': "Per Di Maggio Rosario Cattafi rasentava l'ambiente dei servizi segreti"
di Lorenzo Baldo e Francesca Mondin - 4 giugno 2015
E' iniziata l'udienza del processo trattativa stato-mafia con l'esame di Olindo Canali, oggi giudice civile del tribunale di Milano che negli anni '80 lavorò affianco a Di Maggio e che dal '92 al 2010 fu sostituto procuratore di Barcellona Pozzo di Gotto. Dopo aver ricostruito la sua carriera in magistratura, Canali ha raccontato le principali indagini che Di Maggio stava conducendo in quel periodo: "Seguiva le indagini sull’omicidio del procuratore Caccia, gestiva il collaboratore di giustizia Epaminonda e anche alcune indagini sui Casinò di Campione d’Italia. Parlammo assieme di queste indagini e facemmo anche un interrogatorio congiunto a Ivrea in merito all’omicidio Caccia…emerse anche un interessamento di Santapaola sul Casinò di Campione di Italia con riferimento a Rosario Cattafi che Epaminonda definì l’emissario di Santapaola". Concentrandosi quindi sulla figura di Rosario Pio Cattafi, il teste ha aggiunto: "Cattafi era già noto al dott. Di Maggio nel ’84, lo aveva indagato in tre occasioni (per le quali fu richiesta poi l'archiviazione) e conosceva bene lo spessore criminale. Secondo lui era un uomo di contatto di Santapaola ed era sua convinzione che rasentasse l'ambiente dei servizi segreti e dell'eversione di destra". Un'idea che, secondo quanto detto da Canali, Di Maggio mantenne nel tempo: "Quando ero già a Barcellona incontrai altre volte Di Maggio e lui manteneva ferme queste convinzioni su Cattafi."

Riguardo poi i rapporti tra Di Maggio e L'Arma dei Carabinieri Canali ha detto: "Consideravo Di Maggio più carabiniere che magistrato, era cresciuto nelle caserme, ho constato questo rapporto sempre, salvo l’ultimo periodo quando andò al Dap e strinse rapporti molto forti con la polizia penitenziaria".
Rispondendo alla domanda del pm Di Matteo sui rapporti specifici con Mario Mori, l'ex collega di Di Maggio ha raccontato: "Ho visto Mori almeno tre volte negli uffici di Di Maggio ai tempi del mio uditorato. Insieme a Mori c’era anche il colonnello Bonaventura e poi vidi anche De Caprio. Di Maggio aveva una grossa stima per Mori e Bonaventura e il rapporto tra loro era di assoluta stima tra persone di grossa personalità". Inoltre, "Da parte sua c’era una spiccata predilezione per il Ros".
Il legame fra Canali e Di Maggio, cambiò quando nel '92 Canali fu trasferito a Barcellona Pozzo di Gotto (ME): "Io feci la domanda per Locri, poi nel gennaio del ’92 mi venne detto che a Barcellona P.G. si stava aprendo il tribunale e lì feci domanda. Dopo qualche tempo mi chiamò Di Maggio e mi disse che ero un cretino e non avevo la statura professionale per andare a lavorare in Sicilia e che avrei fatto una brutta fine."

Quando Olindo Canali fu trasferito a Barcellona Pozzo di Gotto ebbe modo di conoscere il giornalista Beppe Alfano, ucciso dalla mafia l'8 gennaio 1993:  "Beppe Alfano è stata la prima persona che ho incontrato, dopo la strage di Capaci si presentò e si fece narrare la mia storia. Lui sapeva molte cose di Barcellona e mi disse: 'prima di frequentare qualcuno lo chieda a me'."   "Il rapporto dopo l'estate era molto stretto - ha continuato il giudice civile di Milano - veniva sotto casa e mi citofonava per sapere se c’erano novità ma ci davamo sempre del lei."
Rispondendo alle domande della pubblica accusa su ciò che Alfano gli riferiva in questi incontri, Canali ha raccontato: "Fino all’Immacolata Alfano mi diceva che al comune di Barcellona i bilanci non erano a posto e poi mi parlava della presenza massonica a Barcellona di una loggia deviata e anche sullo scandalo dell’AIAS, ma non mi ha fatto nomi, ricordo solo che dava un giudizio negativo sul circolo Corda Fratres." "Dopo l'immacolata - ha continuato il teste - mi telefonò per le festività e disse che aveva idea che a Barcellona ci fosse Santapaola nascosto come latitante, io rimasi perplesso. Lui mi disse che lo tenevano a Porto Rosa e che poi mi avrebbe detto qualcosa ".
Una notizia che, secondo quanto raccontato da Canali, Alfano avrebbe detto anche al capitano dei carabinieri Aliberti "Io ne parlai con Aliberti che mi disse: 'anche a me Alfano lo ha detto e qui si dice che c’è Aglieri, Provenzano… "

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Trattativa Stato-mafia: in aula Olindo Canali
di AMDuemila - 4 giugno 2015
Riprende questa mattina, ore 9:30, il processo sulla trattativa Stato-mafia. Oggi è prevista l’audizione dell’ex sostituto procuratore di Barcellona Pozzo di Gotto, Olindo Canali (in foto). Il pool antimafia ha chiamato a deporre il dott. Canali, attuale giudice civile del Tribunale di Milano, per riferire sui suoi rapporti con l’ex vicedirettore del Dap, Francesco Di Maggio e tra quest’ultimo e l’ex colonnello del Ros Mario Mori. I magistrati intendono approfondire la questione legata al momento preciso nel quale Di Maggio “manifestò la certezza di essere successivamente nominato vice direttore del Dap”, una nomina decisamente anomala a fronte dell’assenza di titoli specifici da parte dello stesso Di Maggio per ricoprire quel ruolo. La Procura intende quindi fare luce sullo sviluppo delle investigazioni che “consentirono al Ros di acquisire la consapevolezza della presenza del latitante Santapaola in territorio di Barcellona Pozzo di Gotto ed ai motivi del suo mancato arresto”.
Lo stesso Canali, già uditore giudiziario dell’ex numero due del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, è stato già sentito al processo di primo grado per la mancata cattura di Provenzano. Nel 2012 il dott. Canali è stato condannato in primo grado per falsa testimonianza. Nella richiesta di rinvio a giudizio la Procura di Reggio Calabria aveva scritto che Canali “deponendo come testimone” al processo d'appello “Mare nostrum”, contro la mafia messinese, “negava il vero sostenendo di non aver redatto documenti e memoriali relativi all'omicidio Alfano (il giornalista Beppe Alfano, ucciso l’otto gennaio 1993, ndr). E negava il vero, sostenendo di non aver ricevuto confidenze da Beppe Alfano con l'aggravante” di aver agevolato Cosa Nostra e in particolare Gullotti (Giuseppe Gullotti, ndr). Poi il magistrato brianzolo è stato assolto in appello, successivamente in Cassazione, ma su di lui permangono tutt’ora diverse ombre sulle quali anche oggi si tenterà di fare luce.

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