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toga-avvocato0L'udienza è terminata ed è stata rinviata a domani, 20 marzo, ore 9:30.

di Lorenzo Baldo e Aaron Pettinari - 19 marzo 2015 - Ore 12:08
Durante il periodo in cui è stato al Comando di Sicurpena il generale Mastropietro ha anche sentito parlare della sigla Falange Armata. “Durante il periodo di Amato non me ne occupai. Nel’1994 Capriotti mi chiese di fruire di un servizio di scorta perché aveva paura, non so i motivi, mi interessai per fargli avere la scorta e poi l’Arma ritenne di non fornirla. Sapevo che c’era una certa apprensione da Capriotti ma non sapevo della Falange Armata con riferimento a Capriotti o almeno non ricordo. Delle minacce in generale al Dap fui messo al corrente ma altro non ricordo”. Rispondendo alle domande del pm Di Matteo è anche emersa l’eventualità di un trasferimento di Riina al carcere di Sollicciano. “Ricordo che dopo averlo arrestato c’era il dubbio se mandarlo non a Sollicciano - ha detto - C’erano idee contrastanti sull’opportunità di mandarlo all’Asinara. Di Maggio disse che non voleva mandarlo a Sollicciano… ma i motivi ora non posso ricordarli”.
Nel 2011, sentito dai pm disse che “alla fine del ’93 Riina doveva essere trasferito a Sollicciano, Di Maggio mandò i suoi uomini a Sollicciano e poi si decise di mandarlo all’Asinara e poi ci fu una frizione con il ministro per Riina” ma sul punto non ha aggiunto altro.
Sulla chiusura di Sicurpena il teste ha riferito che “Supponevo che fosse il ministero dell’Interno, vista la collaborazione tra Di Maggio e Parisi, il perché l’ho detto prima: secondo alcuni era un po’ anacronistica l’esistenza di Sicurpena. Ci si aspettava prima o poi che dovesse essere sciolta. Io chiedevo invece che Sicurpena fosse rinforzato, ma invece fu sciolto. Ne parlai anche con il comandante generale dell’Arma ma anche lui comando generale era dell’avviso di chiudere Sicurpena”. Infine il teste ha riferito anche della mancata proroga di oltre 300 decreti del 41 bis. “Venni informato con un certo ritardo. Siamo nel periodo di maggiore tensione con Di Maggio. Io avevo qualcosa ma non gli elenchi completi di queste dismissioni… qualche notizia riuscivo sempre a procurarla ma non ufficialmente”.


Processo trattativa, generale Mastropietro: “Nel 1993 riunione tra Mancino, Conso e Dap su carceri e 41 bis”
di Lorenzo Baldo e Aaron Pettinari - 19 marzo 2015 - Ore 11:40

Le strutture carcerarie di Pianosa e l’Asinara ed il 41 bis. Questi i temi affrontati, secondo le dichiarazioni del generale Ennio Mastropietro, oggi teste al processo trattativa Stato-mafia, in una riunione interforze a cui parteciparono entrambi i ministri Mancino (Interni) e Conso (Giustizia) e qualcuno del Dap. Sollecitato nel ricordo dalla contestazione sul verbale del 2011 Mastropietro ha detto di aver provato a partecipare a quella riunione e che comunque mandò un contributo. “Sul 41 bis - ha aggiunto - si doveva discutere se si potevano fare delle misure di decreti meno duri, c’era chi si lamentava di poter parlare con i familiari solo una volta al mese”. Alla domanda se vi fossero state altre riunioni sul 41 bis e le carceri di Pianosa e l’Asinara il teste ha risposto di non ricordare con certezza. “Ricordo che si parlava, scrissi a Conso che in determinati casi si poteva applicare più l’articolo 14 (sulla pericolosità nelle carceri) che il 41bis. Coordinamento tra i ministeri di Mancino e Conso? Non lo so”. Infine l’ufficiale dell’Arma, oggi in pensione, ha aggiunto: “Il ministro Martelli prima di dimettersi aveva disposto?con decreto, che non fu controfirmato, che io avessi una precisa responsabilità di coordinamento con riferimento a Pianosa e l’Asinara”.
Alla domanda specifica se fosse a conoscenza che nel periodo in cui Mancino fu ministro dell’Interno furono espresse da quel ministero contrarietà sul 41bis Mastropietro ha aggiunto: “A me no. All’epoca raccoglievo tante voci all’interno del Dap… anche spazzatura… Che Parisi era per un alleggerimento… ma questo non significa che c’era una trattativa…”. E Di Matteo ha subito replicato: “Non è questa la domanda che le ho fatto”. E quindi ha riferito delle riunini dell’aprile-maggio 1993.


Processo trattativa, generale Mastropietro: “La lettera dei sedicenti parenti di detenuti al 41 bis venne sottovalutata”
di Lorenzo Baldo e Aaron Pettinari - 19 marzo 2015 - Ore 11:20

“La lettera del febbraio ’93, dei parenti di detenuti al 41 bis? Non svolsi attività in merito. Ebbi notizia di quella lettera, delle tensioni delle carceri ma a quell’epoca non si aveva contezza del valore dirompente che aveva quella lettera. Non gli demmo la giusta importanza”. E’ così che il generale Ennio Mastropietro ha risposto alla domanda del pm Nino Di Matteo, se fosse stato messo a conoscenza di quella lettera indirizzata a Scalfaro ed altri organi dello Stato. “Non ne venni informato né ufficiosamente né ufficialmente - ha ricordato alla corte - ma dai mass media forse due mesi dopo… sicuramente ufficiosamente”. A quel punto Di Matteo ha ricordato come di quella lettera si fosse venuti a conoscenza pubblicamente solo 20 anni dopo e pertanto Mastropietro ha aggiunto: “Quelle informazioni arrivarono dall’interno del Dap. Era arrivato un momento che io volevo dimettermi perché non aveva nessuna collaborazione con il Dap, a quell’epoca non si aveva contezza del valore dirompente che aveva quella lettera. Non gli demmo la giusta importanza. Quando appresi dell’importanza? Mesi dopo, via via che avvenivano gli attentati è chiaro che si cominciava a fare 2+2 uguale 4”. Se quella lettera fosse collegata al 41 bis il teste ha riferito di non poterlo affermare con sicurezza così come ha detto di non credere che nel luglio 1993, dopo gli attentati, all’interno del Dap e del Ministero si attribuisse un nesso tra le bombe e la situazione del carcerario. Sempre su sollecitazione del pm Di Matteo ha poi confermato quanto dichiarato nel 2011 in merito a delle proteste che vi sono state nelle carceri. “Già dal marzo 1993 e io l’ho segnalato c’erano disordini nelle carceri - disse allora ai pm - comunicai al ministro che questi disordini potevano essere per collegati alla questione del 41bis”.


Processo trattativa, generale Mastropietro: “Capriotti mi chiamò per sapere mia opinione su 41 bis”
di Lorenzo Baldo e Aaron Pettinari - 19 marzo 2015 - Ore 11:04

“Venni convocato al Ministero della Giustizia nel settembre 1993 da Capriotti. Voleva sapere la mia opinione sulla gestione del 41 bis e sul Dap in genere. Allora pensai che fosse in procinto di prendere importanti decisioni e che volesse nascondere qualcosa a Di Maggio”. Prosegue l’audizione di Ennio Mastropietro, generale in pensione dell’Arma, ex comandante di Sicurpena. “C’erano state diverse revoche del 41 bis e lui voleva sapere la mia opinione. Ma Capriotti non mi disse quella che fosse la sua idea”. In quell’incontro, a detta del teste, si parlò anche delle eventuali proroghe successive: “Mi chiese più che altro la mia opinione sulla revisione di quei decreti. Io comunque mandavo lettere al Dap con la mia posizione di mantenimento del 41 bis”. Mastropietro ha anche riferito dei rapporti tra Di Maggio e l’ex capo della Polizia Parisi confermando quanto riferito nel 2011, ovvero che “Di Maggio era legato a Parisi, e che Parisi aveva molti dubbi sul 41 bis. Questa era la sensazione. Il ricordo dei dubbi in questo momento non lo ricordo”. A quel punto però Di Matteo ha incalzato ricordando quanto riferito in precedenza ovvero che  Di Maggio disse “il coordinamento con il Dap lo faccio io con Parisi”. “Questo lo confermo. Me lo disse nel suo ufficio” ha risposto nuovamente Mastropietro.


Processo trattativa, generale Mastropietro: “Con Di Maggio rapporti tesi, mi estromise dal Dap”
di Lorenzo Baldo e Aaron Pettinari - 19 marzo 2015 - Ore 10:52

“Il 41bis era delegato a Di Maggio il quale lo trattava con una certa riservatezza. A me serviva sapere chi dei detenuti fosse detenuto al 41bis e dove, e quali erano i candidati al 41bis. Ma con lui i rapporti erano piuttosto tesi e nel maggio 1994 mi estromise dal Dap”. A raccontarlo in aula è il generale dell’Arma, oggi in pensione, Ennio Mastropietro. “Quel decreto con cui mi allontanava lo dovette poi ritirare perché il capo di Gabinetto fece una circolare dicendo che io avevo il pieno diritto, come comandante di Sicurpena, di rivolgermi alle carceri. I rapporti con Amato? Di reciproca diffidenza ma anche di cortesia. Quelli con Capriotti? Rimasero distaccati e corretti”.
Poi ha aggiunto: “Per avere l’elenco dei 140 decreti revocati nel settembre del ’93 telefonai a Capriotti e seppi che per fare questo Di Maggio non mi aveva interpellato. Per cercare di risolvere il problema volevo far parte della commissione delle carceri. Il primo agosto del ’94 non fui ancora invitate a quelle riunioni dove si prendevano quelle decisioni”. Sempre nel settembre del 1993 Mastropietro ebbe anche un’ulteriore interlocuzione con Di Maggio. “Mi fece capire che voleva arrivare allo scioglimento di Sicurpena - ha detto in aula - lui mi disse: ‘il coordinamento con il Dap lo faccio con Parisi’”.


Processo trattativa, il generale Mastropietro: “Con Sicurpena nostro compito era raccogliere informazioni sulle carceri”
di Lorenzo Baldo e Aaron Pettinari - 19 marzo 2015 - Ore 10:28
Riprende con l’audizione del generale dell’Arma Ennio Mastropietro il processo sulla trattativa Stato-mafia. A Mastropietro, attualmente in congedo, i pm chiederanno di riferire in merito alle sue conoscenze sulla mancata proroga di oltre 300 decreti di 41bis nel periodo in cui comandava il reparto Sicurpena dei Carabinieri. Contemporaneamente i magistrati intendono approfondire le ragioni del mancato coinvolgimento della struttura da lui comandata nelle decisioni che portarono a quelle mancate proroghe del carcere duro.
Il pm Nino Di Matteo inizia l’esame. “Sicurpena era un rogando riservato, istituito dal generale dalla Chiesa - ha ricordato il teste - Nostro compito era quello di tenere una certa sorveglianza esterna delle carceri e poi fornire pareri al ministro della Giustizia, dell’Interno e della Difesa”. “C’era anche un controllo interno alle carceri - ha aggiunto rispondendo alle domande del pm Nino Di Matteo - Il mio reparto aveva gli occhi puntati sul Dap e questo non faceva molto piacere ai vertici del Dipartimento ed io mi dovevo muovere con prudenza e diplomazia. Periodicamente si visitavano le carceri per acquisire notizie così da riferirle al ministro. A quel tempo le evasioni erano molto frequenti”. Alla domanda se al tempo si entrava per acquisire informazioni dai detenuti Mastropietro ha risposto con fermezza: “Mai! Si parlava sempre con il direttore delle carceri. Io ero stato nominato dal Comandante generale dell’Arma. In quel periodo nel mio reparto c’erano solo carabinieri”.



Giovedì 19 marzo 2015
, dalle ore 9:30, si terrà la prossima udienza del processo trattativa Stato-mafia presso l'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo.
Dovrebbero essere sentiti in qualità di teste i testimoni Mastropietro e Canale.

Nel processo, di competenza della Procura di Palermo, i pubblici ministeri dovranno accertare le responsabilità di chi è accusato di aver aperto un dialogo con Cosa nostra, al fine di far cessare la strategia stragista messa in atto nei primi anni ’90. Tra gli imputati, oltre a boss mafiosi (Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà) figurano anche collaboratori di giustizia (Giovanni Brusca), ex politici (Nicola Mancino, Marcello Dell’Utri), ex ufficiali del Ros (Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno) e Massimo Ciancimino.

Del processo si occupano i pm Nino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi.

E' possibile seguirlo in diretta audio streaming qui!