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martelli-mancinodi Lorenzo Baldo - 14 febbraio 2012
“...Ecco, lo stesso discorso vale anche con Mancino, io non ho mai voluto tirarlo per la giacchetta o sollevare il dito accusatorio , però poi quando leggo che... insomma che non si ricorda... io non avevo detto che lui... non ho mai detto e poi non ho mai pensato, neppure all’epoca, che lui avesse dei dubbi o delle riserve o chi sa che cosa, ho semplicemente detto che ricordo perfettamente di averne parlato con il Ministro degli Interni lamentandomi del comportamento del Ros”.

Il 15 febbraio del 2011 l’ex ministro di Grazia e Giustizia, Claudio Martelli, risponde così ai magistrati di Palermo che lo stanno interrogando. Poco più di un mese dopo davanti agli inquirenti l’ex ministro degli Interni, Nicola Mancino, replica laconicamente alle dichiarazioni del suo ex collega. “Escludo di essere stato informato dal Ministro Martelli delle iniziative del Ros dei Carabinieri. Peraltro, sottolineo che su dette iniziative comunque nessun profilo di competenza poteva rilevare per il Ministro dell’Interno”. A fronte delle profonde divergenze tra i due lo scorso 11 aprile il pool di Palermo che investiga sulla trattativa mafia-Stato ha deciso di metterli a confronto. Obiettivo della comparazione chiarire definitivamente se e come Martelli avrebbe informato Mancino dei colloqui riservati intercorsi tra gli ufficiali dei Carabinieri Mario Mori, Giuseppe De Donno e l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino prima della strage di via D’Amelio. Il quadro che è emerso leggendo quei dialoghi è intriso di reticenze e amnesie, il tutto a discapito della ricostruzione reale della verità dei fatti.  “Mi lamentai del comportamento del Ros – ha ribadito Martelli in sede di confronto – in quanto ritenevo la loro iniziativa arbitraria, in considerazione del fatto che era stata 
istituita la Dia. Preciso, altresì, che non parlai di trattativa con il senatore Mancino, perché io stesso non ne sapevo nulla”. “Escludo categoricamente di aver avuto confidenze dall’Onorevole Martelli – ha replicato seccamente Mancino – E' vero che il 4 luglio, alle 10.30, sono andato a trovare il ministro Martelli (l’ho annotato sulla mia agenda) ma abbiamo parlato di altro, ed in particolare, dell'opportunità di lavorare in sintonia, come era accaduto con il mio predecessore. Non ero io come ministro dell'Interno a dover autorizzare il Ros a compiere alcunché”. Negli uffici romani della Dia il Procuratore di Palermo, Francesco Messineo, insieme ai sostituti Lia Sava, Paolo Guido e Antonino Di Matteo hanno assistito all’incontro tra i due ex parlamentari. “Prendo atto che fu il ministro Mancino a venire da me – ha incalzato Martelli –. Forse perché lui si era appena insediato. Non ricordo nel dettaglio il contenuto del nostro incontro, che ovviamente doveva aver avuto per oggetto temi politici. Non ricordo quando (all'inizio o alla fine del nostro incontro)  parlai al senatore Mancino del Ros. Tengo a precisare che su questo argomento i miei ricordi sono andati riaffiorando via via (all'inizio non ricordavo se ne avevo parlato con lui o con il ministro Scotti) rammentando il momento della mia interlocuzione con la dott.ssa Ferraro, avvenuto a fine giugno, quando il ministro Scotti era ormai stato designato Ministro degli Esteri”. Martelli ha continuato il suo racconto ribadendo di essersi lamentato con il ministro dell'Interno “dell'eccessivo attivismo del Ros”, a fronte della neonata Dia che “sebbene non ancora completamente operativa era l'organo deputato a questo tipo di iniziativa, specie su una questione così delicata”. I ricordi dell’ex ministro di Grazia e Giustizia hanno quindi ripercorso la strada già battuta dai tanti smemorati di Stato. “Non ricordo – ha proseguito Martelli – se parlai con il ministro Mancino del fatto che il Ros cercava una sponda politica per le sue condotte, per come mi aveva informato la dottoressa Ferraro. Quella è stata l'unica occasione in cui il Ros, o comunque una forza di polizia, mi ha chiesto copertura politica per una iniziativa. Verosimilmente il Ros cercava solo di 
tutelarsi, ma io non compresi per quale motivo il Ros non si uniformava al nuovo sistema che aveva previsto l'istituzione della Dia. Mi sembrò singolare che il Ros volesse fare affidamento su Ciancimino. Grosso modo, in termini succinti, raccontai al ministro Mancino qualcosa della 
vicenda, senza approfondirla”. “Il ministro Martelli – ha immediatamente replicato Mancino – non mi ha mai parlato della dottoressa Ferraro e della visita che il capitano De Donno le avrebbe fatto. Ciò escludo in maniera tassativa. La Dia non ha certo sostituito il Ros, ma si è affiancata agli altri organismi esistenti”. Man mano che il confronto è proseguito i dialoghi sono stati più serrati. “Chiesi al ministro Mancino di accertare cosa stava facendo il Ros – ha sottolineato Martelli –, anche se non ricordo con precisione oggi, a distanza di così tanti anni, se ho effettivamente riferito a lui delle circostanze apprese dalla dottoressa Ferraro. Prima della visita del capitano De Donno alla dottoressa Ferraro (a fine giugno 1992) non avevo avuto notizie di altri comportamenti anomali del Ros. Il senatore Mancino promise di informarsi sui comportamenti del Ros”. “Non ho mai detto che mi riservavo di approfondire in merito al comportamento del Ros – ha specificato dal canto suo Mancino –, anche perché non avevo certo titolo a farlo, ben poteva e doveva farlo il procuratore della repubblica di Palermo. La 
consultazione della mia agenda mi ha permesso di ricostruire la data del 4 luglio 1992 come quella dell'incontro con il ministro Martelli e rammento con certezza che non ero accompagnato da nessuno”. Successivamente l’ex delfino di Craxi ha ricordato di aver saputo da Liliana Ferraro dell’incontro con l’ex capitano De Donno. “Non ho mai comunque posto in connessione questo fatto con la strage di via D'Amelio – ha specificato Martelli –. Non ricordo di aver poi chiesto al senatore Mancino se si fosse effettivamente informato sulle condotte del Ros. Sono ragionevolmente certo di aver parlato del comportamento del Ros anche con il capo della polizia Parisi, anche se non rammento se lo feci prima o dopo averne parlato con il senatore Mancino, sicuramente prima della strage di via D'Amelio e verosimilmente la prima settimana di luglio 1992”. Fine della commedia. Che se non fosse per i morti e feriti che porta con sè si potrebbe definire una squallida farsa recitata da pessimi attori. Il cui ruolo istituzionale rivestito all’epoca dei fatti aumenta la gravità e la responsabilità dei loro silenzi. E delle loro menzogne.

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