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dellutri-maschereAl processo trattativa il pentito parla anche di Martelli: “Tradì noi e Craxi”
di Aaron Pettinari - 22 novembre 2013
Nell'aula bunker di Palermo ancora riecheggiano le parole pronunciate ieri dal collaboratore di giustizia, Antonino Giuffré, al processo trattativa: “A chi fu venduto Riina? A quella parte di Stato che per alcuni versi aveva avuto una vicinanza con Cosa nostra. E dentro lo Stato alcuni operarono in buona fede, altri furono convinti con il ricatto, altri erano invece in assoluta malafede. Riina sferrò un attacco potente contro una parte di quel potere che aveva avuto un ruolo nell'appoggio di Cosa nostra e le stragi servirono per convincere anche lo Stato ad intervenire per porre fine a questa cosa. La messa a parte della frangia violenta di Cosa nostra che aveva attaccato lo Stato, è stato il prezzo da pagare”. Oggi è stata la volta del controesame da parte della difesa e delle parti civili e l'ex capomandamento di Caccamo non si è sottratto nelle risposte approfondendo ancora di più quel che accadde sul finire del 1993 e gli inizi del 1994. “Scegliemmo di appoggiare Forza Italia a prescindere dal garantismo di quel partito, noi li scegliemmo perché avevamo avuto delle garanzie. Da parte di chi? Nella seconda metà del '93 è venuto fuori Marcello Dell'Utri, che ha dato queste garanzie per la risoluzione dei problemi di Cosa nostra e il contatto veniva tramite i fratelli Graviano di Brancaccio ed il costruttore Ienna”.

Il pentito ha poi aggiunto: “Tra la fine del ’93 e l’inizio del ’94 il posto che era stato tenuto da Vito Ciancimino nel rapporto con Cosa nostra fu preso da Marcello Dell’Utri. E non è che la mafia sale su un carretto del vincitore, così per giocare. E' vero che siamo saliti su questo carretto, ma non è che Cosa nostra sale sul primo carretto che passa. Siamo sì abili a capire chi è il vincitore, ma prima di salire ci sono state garanzie di persone vicine alla mafia”. Rispetto all'87 poi, quando Cosa nostra scelse di appoggiare il partito socialista a scapito della Dc (un fatto su cui Riina puntava e che a detta di Giuffré non era condiviso da Provenzano ed altri), “c’era un atteggiamento generale di favore dell’opinione pubblica verso la nuova formazione politica, ma anche ci fu un accordo interno alla nostra organizzazione di votare per Forza Italia”.
Il collaboratore di giustizia è stato poi chiamato a precisare il tema della riunione del dicembre 1991, in cui si decise di eliminare nemici (i giudici Falcone e Borsellino) ed i politici traditori. “Nella riunione in cui si decisero i politici da eliminare si fece anche il nome di Claudio Martelli ritenuto traditore sia di Craxi che di Cosa nostra”. Sempre parlando di politici, Giuffrè ha aggiunto: “Vizzini era il punto di riferimento per collocare la gente alle Poste”.
Infine alla domanda effettuata dalla difesa di Riina (per bocca dell'avvocato Anania) se vi fu stata la trattativa Stato-mafia, Giuffré ha risposto con risolutezza: “La risposta è affermativa. Con quale risultato non lo so dire, ma la trattativa ci fu. Dopo l'omicidio di Salvo Lima ci fu la ricerca di nuovi appoggi, fino a quando non sono arrivati alla fine del '93, alla vigilia delle elezioni del '94. Chi fece la trattativa? Provenzano mi disse: Dell'Utri, Vito Ciancimino, i Graviano”. Tuttavia Giuffré ha detto di non sapere nulla del “papello”. Il pentito ha poi parlato di due fasi nella strategia di Cosa nostra: “Nel ’93 – ha detto – avevamo due discorsi da portare avanti, uno basato sulla violenza per far sì che venissero fuori altri punti d’appoggio, l’altro di portare avanti le problematiche che interessavano tutta Cosa nostra. E questo secondo discorso veniva portato avanti con questo nuovo soggetto politico che doveva nascere, Forza Italia. Su questo c’era un’intesa di tutta l’organizzazione”. Il procedimento è stato poi rinviato al prossimo 28 novembre quando Giuffré verrà nuovamente sentito per permettere il completamento del controesame da parte delle difese.

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