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strage-via-damelio-big1Dopo aver sentito Giuffré oggi sarà sentito nuovamente Brusca oltre a Spatuzza
di AMDuemila - 7 giugno 2012
Prosegue con l'esame del pentito Giovanni Brusca la terza giornata di incidente probatorio disposto dal gip di Caltanissetta nell'ambito della nuova inchiesta sulla strage di via D'Amelio che vede indagati i boss Salvo Madonia, Vittorio Tutino, Salvo Vitale e l'ex pentito Calogero Pulci per il nuovo filone di indagine sulla strage di via D'Amelio. Brusca, interrogato dai pm nisseni e dal legale di Madonia, l'avvocato Sinatra, ieri, per oltre 7 ore, ha parlato della trattativa tra Stato e mafia. Più precisamente, ha raccontato il collaboratore di giustizia, le trattative furono molteplici, con diversi oggetti e protagonisti. Il boia di Capaci ha riferito che la più significativa delle trattative di cui è a conoscenza è quella portata avanti dal boss Totò Riina.

“Solo dopo anni – ha detto il pentito – ho scoperto dai giornali che i suoi interlocutori erano i carabinieri”. Il pentito, che per primo parlò del papello con le richieste alle istituzioni a cui il capomafia corleonese avrebbe subordinato la fine della strategia stragista, ha poi raccontato di avere saputo dal padrino che tra i soggetti che nel tempo avevano mostrato interesse a dialogare con Cosa nostra c’erano, oltre all’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri e il leader della Lega Umberto Bossi. Brusca ha poi parlato di un altro tentativo di “dialogo” con lo Stato avviato nei mesi di marzo-aprile del 1992, prima quindi della strage di Capaci. Per spingere lo Stato a scendere a patti con Cosa nostra, insieme all’ex bandito della Mucciatella Paolo Bellini e al mafioso Nino Gioè, poi morto suicida in carcere, Brusca aveva già parlato dell’idea di colpire i monumenti storici. Bellini, piccolo criminale, alias Roberto Da Silva “esperto di opere d’arte” avrebbe avuto spesso rapporti coi boss, fatto recuperare quadri rubati ai carabinieri, e commissionato furti alla mafia. Gioè gli avrebbe chiesto cosa sarebbe successo se “un giorno la torre di Pisa non fosse più esistita” e lui avrebbe risposto che “la città sarebbe stata messa in ginocchio”. Brusca ha anche ribadito che fra l'87 e l'88 Cosa nostra, su indicazione di Toto' Riina, avrebbe votato per il Psi e in particolare per Claudio Martelli.
Martedì anche il collaboratore di giustizia Nino Giuffré ha confermato l'esistenza della trattativa. Ai pm ha ricostruito la riunione che tenutasi tra la fine di novembre e gli inizi di dicembre del 1991 quando l'allora capo dei capi di Cosa nostra, Totò Riina, ha comunicato alla commissione provinciale l'inizio di una nuova fase, ovvero l'inizio della strategia terroristica.
Riunito in un appartamento nel centro di Palermo c'era l'intero gotha delle «famiglie»: Raffaele Ganci, Pietro Aglieri, Carlo Greco, Matteo Motisi, Michelangelo La Barbera, Giuseppe Graviano e Salvino Madonia. Certo dell'esito negativo del maxiprocesso, prossimo alla sentenza di Cassazione, Riina comunicò una lista di personaggi da eliminare: nemici - come Giovanni Falcone - e vecchi amici che non avevano rispettato i patti. “Calogero Mannino, Salvo Andò e Salvo Lima”. Sulla trattativa ha poi aggiunto: “Dalla stampa capii che Vito Ciancimino (ex sindaco mafioso di Palermo n.d.r.) stava collaborando con le forze dell'ordine o con i magistrati e chiesi spiegazioni a Provenzano. Lui rispose: 'Vito e' in missione si occupa dei nostri interessi'”.
In merito alle dichiarazioni fin qui rese dai collaboratori di giustizia è intervenuto il Procuratore capo di Palermo Francesco Messineo: “Le dichiarazioni sostanziano la nostra ipotesi. Per noi, questo sviluppo di indagine di Caltanissetta è positivo, perché rafforza il nostro impianto, anche se non conosco dettagaliatamente i fatti. Fatti che stanno accertando a Caltanissetta in questo incidente probatorio disposto dal gip”. Intanto, sempre oggi, nell'aula bunker del carcere di Rebibbia, deporrà anche il pentito Gaspare Spatuzza che con le sue dichiarazioni ha consentito la riapertura dell'inchiesta. Spatuzza ha tirato in ballo Tutino, accusandolo di avere rubato la 126 imbottita di tritolo e poi usata per uccidere Borsellino, e Vitale che avrebbe avvertito il commando di cosa nostra guidato da Giuseppe Graviano dell'arrivo del magistrato in via D'Amelio. Entro domani, infine, sarà sentito anche Tommaso Cannella.

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