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Prosegue la requisitoria del pm: "Filippone riferimento al vertice del mandamento Tirrenico"
di Aaron Pettinari

"C'è una domanda che mi pongo e lascio a voi la risposta nella sentenza. Non sarà per caso che la fretta di Graviano (per l'attentato all'Olimpico, ndr) era legato al fatto che nella settimana successiva all'incontro nel bar Doney bisognava annunciare la discesa in campo di Berlusconi? Io altri accadimenti, alla luce del suo lungo e dettagliato esame, non li ho intravisti. Anzi, la sua particolare propensione ad indicare con precisione quel tipo di relazione mi fa pensare, ma potrei sbagliarmi, che l'accelerazione fosse proprio legata a questo". E' questo il quesito che il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo ha lasciato aperto, rivolgendolo alla Corte d'Assise, alla luce di una serie di elementi di prova passati in rassegna nel corso della requisitoria. Se nel corso della mattina il riferimento era stato fatto senza citare il partito che stava venendo alla luce, nel pomeriggio il pm non ha usato mezzi termini. Anzi si è spinto anche oltre dando una chiave di lettura rispetto alla rabbia manifestata dal capomafia siciliano durante l'esame nel corso del processo. "Che sia arrabbiato lo abbiamo sentito tutti. Ed è il suo arresto che gli fa rabbia - ha affermato Lombardo proseguendo la requisitoria nel processo 'Ndrangheta stragista - Verosimilmente perché quello che succede il 27 gennaio non se lo aspettava. E non se lo aspettava nella misura in cui, se quello che dice Spatuzza è vero, ed è vero, lui aveva preso degli accordi. E la rabbia di Giuseppe Graviano ci consente di dire che gli accordi presi non comprendevano la sua cattura".

Tradimento
La cronologia dei fatti non è di poco conto.
Tra il 18 ed il 21 gennaio ci sarebbe stato l'incontro con Spatuzza. "Dal 18 gennaio - ha ricordato il pm - all'hotel Majestic saranno in corso una serie di incontri legati agli ultimi dettagli per definire la nascita ufficiale del movimento politico Forza Italia che ritengo debbano essere valutati anche alla luce di quanto ci è stato detto da Graviano ed anche rispetto a quanto emerso nel dibattimento quando sono stati sentiti i testimoni che al tempo erano in servizio nell'hotel e che hanno riferito che presero parte agli incontri anche persone dall'evidente e marcato accento siciliano e calabrese".
Ma vi è di più.
Il 27 gennaio 1994 i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, responsabili delle stragi di Capaci e di via D’Amelio nel ‘92, delle bombe contro Maurizio Costanzo e le basiliche di Roma nel ‘93, e delle stragi di Firenze e Milano, sempre nel ‘93, furono arrestati a Milano. Il giorno prima, 26 gennaio 1994, Silvio Berlusconi annunciava la sua discesa in campo.
Lo stesso Berlusconi che Graviano ha tirato in ballo tanto nelle intercettazioni registrate nel carcere di Ascoli Piceno con Umberto Adinolfi quanto durante il suo esame nel corso del dibattimento.
Lombardo, rivolgendosi alla Corte, ha ricordato alcuni passaggi in cui il capomafia ha manifestato il proprio sospetto di essere stato venduto. L'unica risposta possibile, a suo modo di vedere, di fronte alla "bella vita" che riusciva a fare, da latitante, tra la Sardegna e il nord Italia.

graviano giuseppe schermo timecode da huffingtonpost it

Giuseppe Graviano


"E' emerso in base all'istruttoria che a Graviano si arriva da una fonte confidenziale. Assolutamente legittimo. Ma è vero che non c'era alcuna indagine - ha ricordato Lombardo -. Noi possiamo comunque cogliere il dato che lui è arrabbiato per questo". Un altro elemento importante, secondo il magistrato, è la risposta che Graviano dà al suo "colonnello" Spatuzza, in merito al motivo per cui era necessario andare avanti con l'attentato all'Olimpico anziché concentrarsi sull'attentato al pentito Totuccio Contorno che gli uomini di Cosa nostra avevano individuato proprio a Roma. Non si poteva utilizzare l'esplosivo delle stragi in Continente per il collaboratore perché avrebbe significato mettere la firma sugli stessi. Diversamente si poteva utilizzare per la strage dei carabinieri perché si doveva mandare un messaggio. "Un parallelismo importante - ha spiegato Lombardo - che riprende la stessa logica della firma degli M12, riferibile ai tre episodi calabresi. E' quello il momento in cui viene chiesto che le stragi non si fermassero. Ed è lì che si fa il riferimento ai calabresi che si sono mossi". Il pm calabrese, seguendo la logica temporale, ha anche evidenziato un altro aspetto: "Nella logica di non interrompere la strategia stragista il fallito attentato all'Olimpico per il malfunzionamento del telecomando è una mancata risposta rispetto a richieste non eseguite.
Per riorganizzarsi serviva tempo perché non è un attentato come tanti altri. E allora, di fronte alla fretta, ecco che si è chiesto agli amici calabresi che il 1° febbraio interverranno con l'episodio più teatrale di tutti. Giuseppe Calabrò si mette di spalle in prossimità di una concessionaria d'auto Citroen e spara nuovamente contro le forze dell'ordine. Questo è il dato obiettivo. E la rivendicazione di questi attacchi (Falange armata, ndr) ha un peso enorme".

Il ruolo di Rocco Santo Filippone
Un altro argomento affrontato nel corso della requisitoria anche il ruolo di Rocco Santo Filippone, imputato come mandante assieme a Graviano. Un ruolo inserito all'interno di un circuito criminale di alto livello di cui hanno riferito collaboratori di giustizia come Nino Lo Giudice e Consolato Villani. Lombardo ha ricordato le intercettazioni dell'inchiesta milanese Infinito, laddove Filippone viene indicato come il capo del mandamento Tirrenico. "I capi mandamentali hanno un compito di individuazione delle strategie che devono essere attuate - ha ribadito Lombardo - un compito diverso rispetto al Crimine di Polsi e alla Provincia. Le decisioni operative sono riservate ai soggetti di vertice dei tre mandamenti, Ionico, Centro e Tirrenico e all'interno si individuano quegli enti territoriali che guidano la macro area". Per il lato Tirrenico, a nome dei Piromalli-Molé, quel ruolo lo avrebbe tenuto proprio Rocco Santo Filippone. "Ci hanno spiegato i collaboratori di giustizia - ha aggiunto il pm reggino - che c'è una 'Ndrangheta dell'apparenza ed una della sostanza. Ed i capi delle famiglie storiche si affidano a uomini di loro fiducia. E per Pino Piromalli questa figura era Rocco Santo Filippone, come emerso dall'istruttoria".

Foto di copertina © ACFB

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