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berlusconi sivili forza italia c imagoeconomicadi Aaron Pettinari e Davide de Bari
Ieri anche la deposizione del collaboratore Pietro Carra

"Un giorno eravamo io Francesco Giuliano e Gaspare Spatuzza che era latitante. Ci trovavamo a Ciaculli. Giuliano voleva sapere perché avevamo fatto quelle stragi (quelle del 1993, ndr). Disse: 'Ma perché l'abbiamo fatte? Chi è che l'ha deciso? Andreotti o Berlusconi?' E Spatuzza rispose: 'Quello di canale 5'". Come aveva già raccontato a partire dal 1996, il collaboratore di giustizia Pietro Romeo, artificiere della cosca mafiosa di Brancaccio che faceva capo ai boss Filippo e Giuseppe Graviano, autori delle stragi del '93 nel nord Italia, è tornato a tirare in ballo l'ex Premier Silvio Berlusconi durante la sua deposizione al processo 'Ndrangheta stragista. Alla sbarra ci sono il capo mafia di Brancaccio Giuseppe Graviano, e il boss Rocco Santo Filippone, entrambi accusati per gli attentati ai Carabinieri avvenuti tra il 1993 e il 1994 in cui morirono anche i due appuntati Garofalo e Fava. "Questo è quello che ho sentito - ha proseguito il teste, sentito in videocollegamento - poi se sono vere o non sono vere non lo so. E’ stato lui (Francesco Giuliano, ndr) a raccontarmi delle stragi di Roma, Firenze e Milano. Mi ha detto che le stragi le hanno fatte loro per far togliere il 41bis”. Romeo, rispondendo alle domande del Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, ha anche spiegato che quegli attentati furono rivendicati con la misteriosa sigla della "Falange Armata": “Giuliano mi disse che con Scarano andavano in una cabina telefonica a dire che erano la Falange Armata. Loro personalmente facevano le chiamate per rivendicare. Cercavano di far capire che non era la mafia ma che erano le Brigate Rosse. Depistavano. Chi diede l'ordine? Io posso dire che era Graviano a dire di fare queste cose qua. Era lui a comandare assieme a Francesco Tagliavia e il gruppo di fuoco faceva capo a loro". A un certo punto le stragi in Continente vengono interrotte. "Era arrivato l'ordine di fermare tutto - ha detto il pentito - Nino Mangano (capo mandamento di Brancaccio dopo l’arresto dei Graviano nel ’94, ndr) ci disse che era arrivato il momento di fermarsi. Si doveva togliere l'esplosivo a Roma che era per l'attentato a Contorno perché Pasquale Di Filippo poteva collaborare. E Mangano disse di metterlo da parte che magari 'poteva servire più avanti'. In quel momento c'era anche casino, c'era polizia in giro a Palermo, la questione di Pasquale Di Filippo, suo fratello che aveva collaborato. Queste cose qui".

I legami e gli affari tra ‘Ndrangheta e Cosa nostra
Durante l’udienza è stato affrontato uno dei temi principali del processo: i rapporti tra la criminalità organizzata siciliana e calabrese. Parlando di questi rapporti Romeo ha riferito Cosimo Lo Nigro, altro componente del mandamento di Brancaccio, “curava” questi rapporti e che aveva “contatti con due calabresi”. In particolare questi avrebbe “comprato delle armi in Olanda”. Ma non si sarebbe fermato a quello. Il teste ha riferito un episodio dove avrebbe partecipato in prima persona. “Mi ricordo che siamo andati in Marocco con il padre di Lo Nigro a recuperare l’hasish - ha raccontato Romeo - siamo andati lì e al primo viaggio abbiamo fatto vuoto poi siamo tornati e un'altra volta ancora e poi abbiamo caricato una ventina di blocchi di hasish dove c’erano i due calabresi con Lo Nigro in un gommone che si era bucato … Lo Nigro trafficava stupefacenti con questi calabresi”. Riguardo i nomi dei calabresi il teste non ha ricordato con esattezza chi fossero: “Uno si faceva chiamare Virgilio mentre l’altro Salvatore o Totò”. Romeo ha anche raccontato di un altro rapporto tra Lo Nigro e un altro calabrese che si chiama “Peppe”. “Quello (riferendosi al calabrese, ndr) era vicino casa di Lo Nigro, doveva andare alla comunione. Era venuto a Palermo con una Clio di colore blu. Io non l’ho conosciuto sono andato via, ma questo me l’ha riferito Lo Nigro - ha detto il teste - Lo Nigro andava ai matrimoni o battesimi o comunioni di questa famiglia della ‘Ndrangheta che si celebravano in Calabria”. Il teste ha raccontato un altro episodio in cui Lo Nigro sarebbe andato in Calabria per portare i soldi dell’”hasish” sempre allo stesso “Peppe” in quanto i calabresi erano “una potenza” e “più specializzati”. “Quando hanno arrestato Pasquale Di Filippo, Lo Nigro era andato in Calabria - ha spiegato - mi sembra che Giuliano e Lo Nigro hanno messo 500 milioni nel pannello della macchina per portarlo in Calabria”.
Per quanto riguarda il traffico di armi Romeo ha ricordato anche del coinvolgimento di Pietro Carra, autotrasportatore anche lui sentito oggi di fronte la Corte d'Assise. Proprio Carra ha riferito in merito al ruolo avuto nel trasporto di stupefacenti, armi ed in particolare dell'esplosivo utilizzato per le stragi di Roma, Firenze e Milano. I suoi contatti erano in particolare con Lo Nigro e Giuliano. "Che stavo trasportando esplosivo l'ho scoperto dopo - ha detto il teste - i primi viaggi ero convinto fosse hasish. Poi una volta alla radiolina sentii il telegiornale ch parlava dell'esplosione di Firenze e capii che c'entravano loro e compresi che non avevo portato droga. Quando arrivai a Palermo mi fu detto di non parlare con nessuno di quello che avevo visto".
Carra ha anche raccontato di aver trasportato l'esplosivo che sarebbe servito per l'attentato a Contorno. "Lo dovevano uccidere in modo eclatante - ha ricordato - Lo consegnai a Roma in un piazzale vicino un supermercato”. “In quell’occasione - ha raccontato Carra - c’era anche Gaspare Spatuzza che mi chiese se volessi andare a casa a riposare dove c’era anche Giuseppe Graviano. Io gli dissi che era tardi perché dovevo continuare a lavorare”.
Anche Carra ha riferito dei rapporti con i calabresi e di aver conosciuto un certo “Peppe” con dei “carichi di armi”. L'identità di questo soggetto l'avrebbe conosciuta quando, interrogato alla Dia, "ho visto delle foto dove c’era questo Peppe”. “La prima volta l’ho incontrato con Lo Nigro (che lo accompagnava in alcune spedizioni di droga e armi, ndr) e lui si presentò come Beppe - ha continuato a spiegare - con Lo Nigro ci fu un’occasione di un matrimonio e battesimo dove andò con tutta la famiglia”. In un'occasione, sempre con Lo Nigro, era stato in “un appartamento pieno di armi di tutti i tipi” dove “c’erano tre o quattro calabresi” e “Lo Nigro sceglieva le armi e non so se le ha pagate”.
L’ udienza è stata infine rinviata a martedì 20 novembre alle ore 9.30.

Foto © Imagoeconomica

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