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bagarella leoluca 610 c letizia battagliaAscoltato al processo il collaboratore di giustizia Emanuele Di Filippo
di Davide de Bari

“Lui (Cesare Lupo, fedelissimo dei Graviano, ndr) mi disse che attraverso i servizi segreti Leoluca Bagarella sarebbe arrivato a trovare i collaboratori”. A dirlo è il collaboratore di giustizia Emanuele Di Filippo, ex membro del gruppo di fuoco di Corso dei mille, oggi sentito come testimone al processo ’Ndrangheta stragista in cui sono imputati i boss Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone con l’accusa di essere i mandanti di una serie di agguati agli uomini dell’Arma dei carabinieri fra il 1993 ed il 1994 (tra cui gli omicidi degli appuntati Antonino Fava e Vincenzo Garofalo), inseriti nell'ambito della strategia stragista di ricatto allo Stato.
Il pentito, rispondendo alle domande del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, ha parlato delle confidenze ricevute in carcere da Lupo: "Mi diceva che lui (Leoluca Bagarella, ndr) aveva in testa due collaboratori: Giuseppe Marchese e Giovanni Drago. Il boss corleonese, cognato di Totò Riina, voleva vendicarsi in quanto Drago e Marchese “sapevano parecchie cose visto che erano imparentati”. Ma Bagarella, secondo quanto riferito da Di Filippo avrebbe avuto dai servizi anche “confidenze riservate”. Il pentito si è soffermato sulla figura di Lupo dicendo che “era una persona di cui ci si poteva fidare” e che “si muoveva per conto dei Graviano”.
Altro argomento affrontato durante l'esame anche quello dell'arresto dei fratelli Graviano a Milano, nel gennaio 1994. Secondo il collaboratore di giustizia la loro presenza nella città lombarda non sarebbe stata casuale ma sarebbe stata direttamente legata alla ricerca dei due pentiti: “Mi diceva questo Antonino Giuliano che mancava poco per arrivare a dove si trovava Giovanni Drago, non mi disse nulla di specifico se non che erano vicini all’abitazione. E sempre Giuliano mi ha detto che loro sono stati arrestati per colpa di persone che sono partite da Palermo che erano inseguite dalla polizia e per questo sono arrivati ai Graviano”.
Alla domanda del pm se fosse a conoscenza di “rapporti” tra Cosa nostra e la ‘Ndrangheta, Di Filippo ha ricordato un viaggio in Calabria: “Mio cognato (Nino Marchese, ndr) ci mandò a me, mia sorella Agata, e suo fratello Gregorio in Calabria. Non ricordo il luogo preciso, ma dovevamo andare a trovare la famiglia di una persona. Siamo andati in questa famiglia dove ci hanno ospitato per qualche ora. Mi ricordo che ci diedero come regalo una volpe imbalsamata”. Tuttavia quell'incontro non sarebbe legato a questioni criminali.
Il processo, che si celebra davanti la Corte d’Assise di Reggio Calabria presieduta dal giudice Ornella Pastore, è stato rinviato al prossimo lunedì 5 novembre alle ore 9.30.

Foto © Letizia Battaglia

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