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Continua la deposizione del collaboratore di giustizia al processo 'Ndrangheta stragista
di Giorgio Bongiovanni e Francesca Mondin

Le stragi del '92-'93 non sarebbero state fatte secondo la metodologia “classica” di Cosa nostra ma con connotati più terroristici che altro; fu usato lo stesso esplosivo per tutte ma non dovevano essere riconducibili alla mafia e anche la 'Ndrangheta avrebbe partecipato a questa strategia che sparse terrore e morti in quegli anni. Sono questi i punti chiave che spiccano dall'esame del pentito Gaspare Spatuzza al processo 'Ndrangheta stragista. Circostanze, emerse dettagliatamente grazie alle domande mirate del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e dell'avvocato di parte civile Antonio Ingroia (che ha posto quesiti più da pm che da avvocato), che fanno pensare ad un filo unico in mano ad uno o più tessitori esterni a Cosa nostra.
“Dagli anni '80 fino al '92 prima della stagione stragista” ci sarebbe stata una sorta di attenzione e “per non danneggiare persone terze usavamo tutti quegli accorgimenti per salvaguardare anche le persone che vivevano nel territorio” ha detto il pentito. Quando inizia invece la stagione stragista e “ci spostiamo in mezzo alla gente, la cerchiamo per uccidere”, allora lì “entriamo in un'altra ottica che non ci appartiene” ha detto Spatuzza riferendosi alle stragi del '92 ed in particolare alle stragi in continente del '93 a Firenze, Roma, Milano e al fallito attentato allo stadio Olimpico contro i carabinieri.

'Ndrangheta e Cosa nostra un unico fine
L'attentato all'Olimpico, come il collaboratore aveva spiegato nella scorsa udienza, gli era stato ordinato dallo stesso Giuseppe Graviano perché così “chi si deve muovere si da una smossa”. In sostanza, ha spiegato oggi il pentito, Graviano voleva dire che l'attentato serviva a “sollecitare chi si deve muovere”, quindi la finalità non era intimorire un nemico ma era “fare terra bruciata ai soggetti che avevano preso degli impegni o stavano portando avanti delle cose e si erano un po’ sonnecchiati”. Infatti Spatuzza ha confermato che durante la stagione stragista per la prima volta sono stati individuati degli obiettivi, come i carabinieri, non in merito a delle indagini che stavano facevano ma per l'uniforme che portavano. Allo stesso modo il pentito Consolato Villani, killer degli appuntati Fava e Garofalo, uccisi durante uno degli agguati ai carabinieri in Calabria, aveva raccontato che il suo “collega” Calabrò gli disse che dovevano colpire delle pattuglie “per uccidere dei carabinieri e di non parlarne con nessuno”. Spatuzza oggi ha collegato quegli omicidi ad un'affermazione che Graviano gli avrebbe fatto durante l'incontro per approvare l'attentato all'Olimpico. Quando in macchina gli disse: “i calabresi si sono mossi” per Spatuzza “significa che congiuntamente stiamo operando tutti per lo stesso fine”.

L'anello di congiunzione
Tra 'Ndrangheta e Cosa nostra ci sarebbero stati legami molto forti, addirittura Spatuzza ha raccontato di Franco Coco Trovato e Pasquale Tegano presentati “non come uomini d'onore ma comunque persone come noi, come fossero Cosa nostra”. A presentargli questi soggetti sarebbe stato Mariano Agate al carcere di Ascoli Piceno, il boss trapanese, indicato da Spatuzza come un massone, “anello di congiunzione tra 'Ndrangheta e Cosa nostra”. Il collaboratore di giustizia ha dichiarato che ad Ascoli Piceno “anche se eravamo al 41 bis c'era la possibilità di comunicare” e “Mariano Agate mi impone di scendere al suo livello di passeggio perché mi doveva presentare dei soggetti”.
Agate è un soggetto importante che avrebbe mosso “amici calabresi in particolare i Molè-Piromalli per aggiustare un processo in Cassazione”, “Golden market” o un ramo di quell'operazione. “Cosa che poi avvenne - ha spiegato Spatuzza - perché io dietro indicazione di Graviano ho riaccusato il presidente ad un processo e mi hanno fatto un processo nuovo dove sono stato assolto, cosa che poi hanno usato per disfare il processo in Cassazione”.

Le stragi non dovevano essere firmate Cosa nostra
Il collaboratore di giustizia, nel rispondere alle domande dell'avvocato di parte civile Basile, ha evidenziato come Graviano avesse esplicitato la necessità di tenere separate le stragi dagli usuali attentati di mafia. “Graviano mi dice che l'omicidio Contorno si doveva fare con altro esplosivo (rispetto quello delle stragi) perché altrimenti noi avremmo dato la conferma che Cosa nostra era responsabile di tutte le stragi”.
Spatuzza, anche oggi, ha ricordato e confermato che le stragi di Capaci e via d'Amelio e soprattutto quelle “in continente”, sono state eseguite da Cosa nostra, la quale però si trasforma da organizzazione criminale mafiosa ad organizzazione criminale mafiosa terroristica per conto di poteri forti. Poteri che, secondo quanto detto da Spatuzza, sono stati rappresentati anche da alcuni uomini potenti citati da Graviano al bar Doney: “Grazie a Berlusconi e Dell'Utri ci siamo messi il paese nelle mani”. Ricordiamo che Dell'Utri è in carcere con una condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Entrambi, oggi dopo 25 anni, sono indagati a Firenze nell'inchiesta sui mandanti occulti delle stragi mafiose del 1993, che colpirono Firenze (in via dei Georgofili), Roma (chiese di San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro) e Milano (via Palestro).