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di Giorgio Bongiovanni e Francesca Mondin
Il pentito: “Graviano mi disse che grazie a Berlusconi e Dell'Utri ci eravamo messi il paese nelle mani”

A cavallo tra il '93 e '94 i killer Villani e Calabrò mettono in atto gli attentati contro i carabinieri, che portano il 18 gennaio del '94 alla morte degli appuntati Fava e Garofalo, nello stesso periodo Gaspare Spatuzza (in foto) sta preparando l'attentato all'Olimpico (poi fallito, ndr) a Roma su ordine di Giuseppe Graviano per “colpire un bel po' di carabinieri”. Pochi giorni prima del 22 gennaio, giorno in cui sarebbe dovuta avvenire la strage, Spatuzza incontra 'Madre natura', cioè Giuseppe Graviano, per avere il via libera ed in quell'occasione “mi disse che siccome i calabresi si sono mossi, noi non possiamo venire meno” ha detto oggi in aula il pentito durante il processo 'Ndrangheta stragista. Rispondendo alle domande del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo Spatuzza ha raccontato che quell'attentato non lo aveva convinto fin dall'inizio quando Graviano gli disse di prepararlo nell'incontro a Campofelice di Roccella: “Io dissi: 'ci stiamo portando un po' di morti che non ci appartengono' - ha ricordato - ci eravamo spinti un po’ oltre, non era più Cosa nostra, era diventato qualcosa di diverso, un'associazione criminale di tipo terroristico”. Allora “Graviano ci spiega che c’è in piedi una situazione che se va a buon fine ne avremmo tutti dei benefici a partire dai carcerati”. Discorso che poi, secondo il pentito si chiude in quell'incontro prima del fallito attentato, quando al Bar Doney a Roma Graviano “mi disse che avevamo ottenuto tutto quel che cercavamo grazie a delle persone serie e mi cita Berlusconi... e che c'era di mezzo un nostro compaesano Dell'Utri, disse che ci eravamo messi il paese nelle mani. E' a quel punto che Spatuzza avrebbe proposto di concentrarsi sul far fuori Contorno (considerato responsabile della sparizione del fratello, ndr): “Lui diceva di fare l'attentato e io dicevo andiamo a far fuori Contorno - ha ricordato il pentito - Graviano invece insisteva che con attentato all'Olimpico gli dovevamo dare il colpo di grazia” e che “i calabresi si erano mossi”. “Poi in quei giorni - ha continuato il collaboratore di giustizia - seppi che erano stati uccisi due carabinieri in Calabria e collego le due cose: noi stiamo operando per uccidere i carabinieri, effettivamente in Calabria sono stati uccisi, per me è un filo conduttore anche perché con la Calabria c'è sempre stato un rapporto privilegiato per quel che mi riguarda”.

Mariano Agate e gli amici calabresi
Di questo rapporto tra Cosa nostra e 'Ndrangheta, Spatuzza ha riferito a lungo oggi al processo.
Giuseppe Graviano non specificò a Spatuzza chi fossero questi calabresi ma “per quello che ho avuto modo di approfondire poi, erano i Piromalli il nostro punto di riferimento, prima il vecchio poi la sua discendenza, c'era un rapporto profondo anche con Mommo Molè Piromalli, insomma “tra calabresi e palermitani o trapanesi e zone limitrofe, c’è un rapporto molto profondo di amicizia”.
Il canale principale con la 'Ndrangheta sarebbe stato Mariano Agate, boss trapanese, che secondo quanto raccontato da Spatuzza “era una persona vicina alla massoneria” e “veniva paragonato ad un Riina del trapanese”. Questo grande carisma e quest'amicizia con i calabresi, Spatuzza li avrebbe riscontrati quando lo ha conosciuto in carcere a Tolmezzo e poi ad Ascoli Piceno.
E' a Tolmezzo che Spatuzza sarebbe venuto a sapere dallo stesso Graviano che “gli aveva dato due tranche da 500 milioni a Mariano Agate per aggiustare un processo, in Cassazione, scaturito del filone Golden market”. In particolare Spatuzza ha confermato, su sollecitazione di Lombardo le dichiarazioni fatte nell'interrogatorio dell'otto ottobre 2013: Giuseppe Graviano mi spiegò che amici calabresi, in particolare la cosca Molè Priomalli si sarebbero mossi su richiesta di Mariano Agate.
“I calabresi avevano una venerazione per Mariano Agate - ha sottolineato Spatuzza - quello più legato era Girolamo Molè,tanto che Agate si permetteva di chiamarlo Mommiciello”.
Anche quando Spatuzza fu detenuto ad Ascoli Piceno riscontrò questo forte rapporto: “Ad Ascoli, tra il 2004 2005 erano detenuti Franco Coco Trovatoe Pasquale Teganoe lo chiamavano tutti Zu Mariano, anche Arena era detenuto, mi sembra fossero in due ed anche loro avevano questo profondo rapporto con lui”.

Non solo Piromalli Molè
Nonostante il punto di riferimento, secondo quanto raccontato oggi dal pentito, fossero la cosca Molè Piromalli, Spatuzza ha raccontato di altri due episodi in cui entrarono in rapporto con altre cosche calabresi.
Un episodio riguarda un business di droga e armi: “Mentre ci troviamo a Roma, Antonio Scaranodisse a Lo Nigro che c'erano dei calabresi che volevano fare un traffico di Hashish con noi, erano i fratelli Nirta”. Dopo gli accertamenti su questi personaggi arrivò l'esito positivo: “Sì, il traffico si poteva fare ma dovevamo andarci piano perché non erano della schiera dei nostri, ma avevano dei problemi irrisolti li in Calabria, dovevamo tenerli sempre sottocchio che potevano essere anche nostri nemici”.
Dopo la droga, ci fu anche un traffico di armi: “Abbiamo fatto la lista e poi sono arrivate armi di tutti i tipi” anche un “lanciamissili” con il quale si era ipotizzato di “abbattere un elicottero dell'elisoccorso dove sapevano viaggiava Caselli” ha raccontato Spatuzza.
L'altro fatto invece coinvolge i fratelli calabresi Notargiacomo, che secondo quanto raccontato da Vittorio Tutino a Spatuzza sarebbero stati ospitati nel noto villaggio Euromare dopo “che erano stati feriti scappando non so da quale agguato, avevano impicci, là...erano amici di Nino Marchese,cognato di Leoluca Bagattella”. Euromare era il villaggio turistico “dei Graviano” gestito da Tullio Cannella.

Un'unica mafia
Parole quelle di Spatuzza che si intrecciano con quelle di altri pentiti siciliani e calabresi che sembrano far emergere oramai una mafia unica che raccoglie sotto la sua cupola 'Ndrangheta, Cosa nostra, Sacra Corona Unita e Camorra, organizzazioni criminali che mantengono appellativi secolari differenti, così come riti e tradizioni locali, ma che non sono per nulla divise o disgiunte. Anzi, si coordinano e si organizzano per mantenere equilibri e benefici reciproci, come probabilmente è accaduto nel periodo stragista.
Non per nulla oggi Spatuzza ha ricordato quando al carcere di Tolmezzo riferì che napoletani e calabresi al carcere duro si lamentavano che il 41 bis era colpa di Cosa nostra e Filippo Graviano gli avrebbe risposto: “Che parlassero con i loro padri che gliela raccontano loro la storia”.
In questo processo sta emergendo infatti che a partecipare alla strategia stragista assieme a Cosa nostra ci fu probabilmente anche parte della 'Ndrangheta e che gli attentati ai carabinieri a Reggio, rientrerebbero proprio in questa strategia di tensione. Sarebbe difficile pensare che quel livello di “invisibili” di cui parla il pentito Villani, non sapessero l'obiettivo della strategia stragista siciliana e ciononostante permettessero nel loro territorio che due “ragazzini” (Villani era minorenne, ndr) mettessero in atto ben tre attentati contro dei carabinieri inermi.
Viene da sé che i benefici che sarebbero dovuti arrivare in seguito a questa strategia non sarebbero stati solo per Cosa nostra, ma per tutta la mafia italiana. Non a caso, viene da dire, le mafie hanno raggiunto poteri economici di altissimi livelli a partire dal l'enorme business della droga, ora in mano principalmente alla 'Ndrangheta. Un'unica mafia, in qui la leadership passa una volta in mano ad un gruppo ed una volta in mano ad un altro.

Il processo è stato rinviato a lunedì 19 marzo, mentre l'esame del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza riprenderà venerdì 23 marzo.

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