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di Francesca Mondin
Quando la Dia indagava sulle stragi del '92-'93 si ipotizzava “che Cosa nostra fosse stata esecutrice materiale delle stragi ma anche che fossero il risultante di una convergenza di interessi di più ambienti: della destra neofascista, di esponenti deteriori della politica e dell'imprenditoria, senza esclusione della massoneria”. È in questo contesto investigativo che il colonnello Paolo Azzarone, che si è occupato di parte delle indagini Sistemi criminali per la Dia di Palermo, finì sulle tracce del faccendiere italiano Giovanni Di Stefano. In particolare “arrivammo a Di Stefano attraverso il comandante Arkan”, soggetto d'interesse dal momento che “fin dal verificarsi delle stragi del ’93 aleggiava lo spettro incombente della presenza di soggetti di nazionalità serba” ha detto il colonnello oggi al processo 'Ndrangheta stragista. Processo in cui gli attentati contro i carabinieri avvenuti tra il '93 e '94 in Calabria vengono letti all'interno di un più ampio disegno stragista di quegli anni.
Giovanni Di Stefano, “arrestato a Roma per l'estradizione chiesta dal Regno Unito con l'accusa di associazione a scopo di frode e commercio fraudolento” è un personaggio molto ambiguo che risulta “essere coinvolto in diverse vicende giudiziarie per traffici illeciti”, ritenuto anche vicino ad esponenti della P2 di Licio Gelli oltre che a soggetti serbi non proprio raccomandabili. Come Željko Ražnatović, alias Comandante Arkan, morto nel 2000 “responsabile di crimini di guerra, e pulizia etnica durante il conflitto serbo croato bosniaco e poi nella crisi dei Balcani legata all'indipendenza del Kosovo” ha ricordato Azzarone, oltre al fatto che “risultava essere legato ai servizi della ex Iugoslavia”.
Giovanni Di Stefano è lo stesso soggetto che il collaboratore di giustizia Pasquale Nucera aveva indicato essere presente, assieme ad Amedeo Matacena jr, al summit tra esponenti di 'Ndrangheta, Camorra e Cosa nostra americana il 28 settembre 1991.
Nucera aveva detto che Di Stefano era “un personaggio molto importante che gestisce il traffico di scorie radioattive e la fornitura di armi militari a paesi sottoposti ad embargo, principalmente la Libia". E ancora, che nella riunione del '91 “Di Stefano disse che bisognava appoggiare il nuovo 'partito degli uomini' che doveva sostituire la D.C. in quanto questo ultimo partito non garantiva gli appoggi e le protezioni del passato”.
A riguardo, Azzarone, dopo aver sottolineato di non essersi occupato delle indagini in Calabria, ha ricordato che nelle riunioni della Dia a Roma “si parlava dei collegamenti di Giovanni Di Stefano al più alto livello con esponenti di spicco della ‘ndrangheta calabrese e dei rapporti trattenuti con il Nucera”.

In foto: il Palazzo di giustizia di Reggio Calabria