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villani consolato aula ndrangheta stragistadi Francesca Mondin
Ha ripreso stamani, in seguito alla pausa natalizia, il processo ‘Ndrangheta stragista che vede nel banco degli imputati il capomandamento di Brancaccio (Palermo) Giuseppe Graviano, attualmente al 41 bis e fedelissimo di Totò Riina, e Rocco Santo Filippone, legato, secondo l’accusa, alla potente cosca calabrese dei Piromalli di Gioia Tauro. Entrambi sono accusati  per gli attentati ai Carabinieri avvenuti tra il ’93 - ’94 (tra cui gli omicidi degli appuntati Antonino Fava e Vincenzo Garofalo) inseriti nel contesto stragista proprio per imporre i progetti della cupola calabrese-siciliana e ricattare lo Stato.
Davanti alla Corte d’assise di Reggio Calabria, presieduta da Ornella Pastore, il collaboratore di giustizia Consolato Villani, all’epoca dei fatti killer appena diciassettenne che mise a punto gli attentati assieme a Giuseppe Calabrò, ha finito la sua testimonianza con la conclusione del controesame da parte della difesa degli imputati.

Il pentito, che nelle udienze scorse aveva raccontato per filo e per segno i preparativi degli attentati e le singolari implicazioni che questi avevano avuto poi nella sua carriera mafiosa, è tornato oggi a parlare della cerimonia vissuta con la nomina di Santista che gli permise di conoscere ed entrare nel livello alto della ‘Ndrangheta.
“Il cerimoniere era un anziano e le cose che diceva si basavano sulle regole lasciate da Garibaldi, Mazzini e La Marmora - ha detto Villani - Io sono stato chiamato al centro del cerchio dove il cerimoniere mi faceva delle domande e io rispondevo”.
Il collaboratore di giustizia nelle precedenti udienze aveva raccontato di come, una volta presa la nomina di Santista, il suo capofamiglia Nino Lo Giudice e il boss Ghilà gli avevano confidato il legame esistente tra ‘Ndrangheta ed “esponenti delle istituzioni, uomini politici, sotto ogni forma” .

Due dei soggetti che mettevano in collegamento la ‘Ndrangheta con altri mondi, secondo quanto raccontato da Consolato Villani erano “due referenti illustrissimi: Paolo Romeo e Giorgio De Stefano… i quali avevano il ruolo di essere i cervelli, e i punti di riferimento per i contatti. Erano quelli che aiutavano, con le loro amicizie e contatti, questi grossi” capomandamento. Capi mandamento come sarebbe stato Rocco Filippone secondo quanto riferito da Villani:Ghilà e Nino Lo Giudice mi dicevano che oltre ad essere capomandamento era un invisibile, una persona che non appariva per quello che era, da quello che ho potuto capire era un massone”.

Il pentito è tornato a parlare anche di servizi segreti deviati: “Dopo aver ricevuto la Santa, nel 2001, io apprendo che la ‘Ndrangheta è collegata con queste entità, con questi personaggi ambigui e si muovono per portare avanti determinate strategie”. Proprio alla luce di questa consapevolezza, Villani ha dichiarato di aver taciuto per molto tempo quanto a sua conoscenza sugli attentati ai carabinieri per paura: “Avevo percepito che era meglio non parlare degli attentati perché rischiavo di morire sia per mano della ‘Ndrangheta che per mano dei servizi segreti deviati, avevo paura di qualcosa che non conoscevo, sapevo che rischiavo e rischio di essere perseguitato da una forza superiore della 'Ndrangheta che mi può trovare ovunque perché sono inseriti più della 'Ndrangheta in diversi posti”.
Anche riguardo le riunioni tra ‘Ndrangheta e Cosa nostra, di cui aveva riferito nelle precedenti udienze, Consolato Villani ha rimarcato di aver saputo che ci furono “nei primi anni ’90 perché cosa nostra siciliana voleva coinvolgere 'Ndrangheta calabrese e Camorra nella strategia di tensione che c’era in quegli anni”.
L’udienza è stata rinviata al venerdì 19 gennaio ore 9.30, in cui verrà ascoltato l’ufficiale della Dia  Michelangelo Di Stefano.

Dossier Processo 'Ndrangheta stragista

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