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di Aaron Pettinari
La richiesta delle parti civili. La Procura per il momento si oppone

"Come sicuramente si è saputo la Procura della repubblica di Messina, che procede nei confronti di due magistrati che si interessarono del processo, sta svolgendo delle attività sulle bobine telefoniche ed i brogliacci che riguardano le intercettazioni telefoniche fatte sull'utenza di Scarantino quando si trovava a San Bartolomeo a Mare. A me sembra opportuno che questo Tribunale quantomeno acquisisca il file audio e il brogliaccio delle intercettazioni". E' l'avvocato Giuseppe Scozzola a prendere la parola al termine dell'udienza di ieri del processo che si sta celebrando di fronte al Tribunale di Caltanissetta contro i funzionari di polizia Mario Bo e i due sottufficiali Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo accusati di calunnia aggravata dall'aver favorito Cosa nostra.
"A noi interessano in questo processo quelle intercettazioni che riguardano le telefonate che Scarantino faceva verso i familiari o verso la Questura e la Procura. Perché possiamo capire da cosa si sono detti se c'era la consapevolezza che Scarantino stava o meno dicendo il falso. Dentro quelle numerose intercettazioni probabilmente ci saranno fatti e circostanze utili per verificare ciò che ha detto Scarantino e quindi se è vero o meno che è stato indotto ad accusare degli innocenti". Ad associarsi alla richiesta di Scozzola sono state anche le altre parti civili presenti, mentre per il momento si sono opposti la Procura e le difese. "Capisco lo spirito della rilevanza - ha detto il procuratore aggiunto Paci - Ma non si può procedere a tentoni nella ricerca della prova. In questo momento ci sono esigenze di altro ufficio giudiziario che agisce parallelamente e quindi non è che si possa assumere la rilevanza su base astratta. C'è una Procura che sta procedendo e si ritiene che nell'ambito delle sue competenze vi sarà anche una collaborazione tra gli uffici pubblici". Il materiale è attualmente in possesso della procura di Messina che ha aperto un'indagine nei confronti dei magistrati Carmelo Petralia e Annamaria Palma, indagati per concorso in calunnia, aggravato dall'aver favorito Cosa nostra. Era stata la Procura di Caltanissetta, dopo la sentenza del Borsellino quater, a spedire gli atti a Messina. Sul punto il tribunale si è riservato di decidere.
Altri atti che sono stati presentati ieri dal Pm Gabriele Paci, ma non ancora acquisiti, riguardano un fascicolo d'indagine risalente al 2002, contro ignoti, a seguito della nuova fase di collaborazione con la giustizia di Scarantino, dopo la ritrattazione di Como, in cui si ipotizza che lo Scarantino fosse stato sollecitato esternamente a quell'azione.

Controesame La Barbera-Scarantino
L'udienza di ieri è stata utile per ultimare per concludere gli esami di Scarantino ed il poliziotto Salvatore La Barbera, e sentire l'ispettore Guerrera, che accompagnò Scarantino a Pianosa dopo l'inizio della collaborazione con la giustizia.
Scarantino, rispondendo alle domande del pm Paci, non è riuscito a spiegare con chiarezza come si arrivò ad accusare figure come Cosimo Vernengo, Tomaselli o Ganci: "Potevano essere iniziative di La Barbera ma anche mie, con le dichiarazioni che combaciavano. Non mi ricordo bene. C'erano persone che conoscevo, altre solo per nome. Per esempio c'era un fatto di Ciccio Ganci, che poi diventa Raffaele Ganci". Il picciotto della Guadagna ha anche confermato di aver avuto degli appunti nel carcere di Pianosa: "Io ero terrorizzato al pensiero di andare al carcere di Pianosa, io non ci volevo andare. Prima della mia collaborazione, quando parlavo, avevo dei fogli scritti. Qualche appunto lo prendevo io e altri appunti, mentre ero al carcere di Pianosa, me li avevano consegnati. Quando ho deciso di collaborare avevo degli appunti scritti".
Successivamente è stata la volta del contoesame di Salvatore La Barbera, all'epoca dirigente della sezione Omicidi della Squadra Mobile di Palermo, che ha curato le indagini il giorno immediatamente dopo la strage di via d'Amelio. E proprio rispetto agli accertamenti compiuti ha riferito: "Tutte le attività di indagine sono partite da elementi oggettivi che abbiamo puntualmente riscontrato e le piste investigative ricostruite hanno avuto sempre piena rispondenza con gli elementi delle indagini". In particolare si è soffermato sugli accertamenti compiuti sulla carrozzeria Orofino partita dopo la denuncia di furto delle targhe immediatamente dopo l'attentato di via d'Amelio: "La vicenda delle targhe destò immediatamente l'interesse investigativo sia per l'assonanza con la precedente strage in cui rimase vittima il dottore Chinnici, sia per rapporti di conoscenza tra Orofino, che aveva denunciato il furto delle targhe, e un pregiudicato noto agli inquirenti e dallo stesso incontrato al commissariato al momento della denuncia. Ricordo che probabilmente fui io stesso a inviare immediatamente la polizia scientifica presso la carrozzeria di Orofino cosa che rifarei oggi stesso".

La Testimonianza di Guerrera
Il dibattimento è continuato con l'esame dell'ispettore Giovanni Guerrera, oggi alla squadra mobile di Catania e all'epoca aggregato nel gruppo Falcone-Borsellino a raccontare il trasporto di Scarantino a Pianosa: "Lo andammo a prendere a Boccadifalco, dove si trovava e con l'elicottero lo portammo a Pianosa. C'era anche Arnaldo La Barbera che parlava al telefono. Non ricordo particolari dialoghi tra i due. La Barbera mi lasciò là perché c'era questa necessità di dare una sicurezza allo Scarantino. Aveva bisogno di una certezza di contatto con La Barbera perché lo stesso Scarantino voleva un contatto diretto con il dottor La Barbera senza passare dalla struttura carceraria di cui non si fidava. Ho il ricordo che con me, mentre sono stato con lui per quei primi due-tre giorni vi era anche una guardia carceraria". Il teste ha poi aggiunto: "Scarantino aveva paura del carcere di Pianosa. Facevamo di tutto per non farlo innervosire e tentavamo sempre di calmarlo. Non si fidava di quell'ambiente. Scarantino era confusionario, si esprimeva male. Lo consideravo inaffidabile. Gli consigliai di prendere un block notes e di annotare ciò che gli succedeva. Penso però - ha spiegato - che non abbia seguito il mio consiglio. Io avevo il compito la sera di rapportare tutto ad Arnaldo La Barbera. Lo conobbi nel primo periodo della sua collaborazione. Era in una fase di transizione. Se disse qualcosa sulla sua collaborazione? Scarantino non lamentò nulla di specifico o che fosse rimasto impresso nella mia memoria. I suoi discorsi non erano lineari ma non mi diceva nulla di particolare. Non ho mai ritenuto allarmante quello che diceva, nel senso che a quest'ora se avesse detto qualcosa di importante sarebbe rimasto inciso nella mia memoria". Durante il controesame è entrato ancora di più nello specifico: "Sono certo che non mi abbia mai detto che non c'entrava nulla con le stragi. Io ho conosciuto Scarantino nei primi tempi della collaborazione quindi in quel momento i suoi problemi riguardavano più la moglie e i figli che altro". Successivamente Guerrera venne sostituito dal collega Giampiero Guttadauro. Il processo è stato infine rinviato al prossimo 9 settembre.

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