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Il procuratore generale: "Fare luce su Capaci, parlino anche istituzioni dell’epoca. Le indagini non si fermano"

Quattro ergastoli e un’assoluzione. E’ questo il verdetto emesso dalla Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta, presieduta da Andreina Occhipinti che ha confermato la sentenza di primo grado. Alla sbarra cinque imputati: Salvatore "Salvino" Madonia, Vittorio Tutino, Giorgio Pizzo, Cosimo Lo Nigro e Lorenzo Tinnirello. L'unica assoluzione è quella di Vittorio Tutino, come in primo grado. Per tutti gli imputati, al termine della requisitoria fiume, il Procuratore generale di Caltanissetta Lia Sava aveva chiesto la condanna all'ergastolo. Secondo l'accusa, gli imputati avrebbero svolto un ruolo fondamentale sia nella fase organizzativa dell'attentato sia nel reperimento dell'esplosivo piazzato sull'autostrada il 23 maggio del 1992 quando vennero uccisi il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta. La sentenza è stata emessa all'aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta dopo cinque ore di camera di consiglio. In primo grado quattro dei cinque imputati, tranne Vittorio Tutino, furono condannati all'ergastolo, mentre Tutino fu assolto per non aver commesso il fatto. Per l'accusa il boss mafioso Salvo Madonia fu uno dei mandanti della strage mentre gli altri avrebbero ricoperto un ruolo esecutivo.
Secondo l’accusa il materiale era stato procurato da Lo Nigro attraverso contatti con pescatori di Porticello che avevano recuperato in mare ordigni inesplosi della seconda guerra mondiale. Le responsabilità organizzative e operative della strage di Capaci erano già state fissate nel primo processo concluso il 26 settembre 1997 con 24 ergastoli per il Gotha di Cosa nostra, Totò Riina, Bernardo Provenzano, Francesco e Giuseppe Madonia, Pippo Calò, Pietro Aglieri e altri componenti della Cupola mafiosa. In appello si aggiunsero altri cinque ergastoli. Il 16 settembre 2008 la Cassazione aveva confermato le condanne e chiuso il primo filone processuale per la strage di Capaci.
Secondo il procuratore generale, Lia Sava, per fare luce sulle "zone d'ombra della strage di Capaci” dovrebbero "parlare anche alcuni esponenti delle istituzioni dell'epoca che potrebbero dare un contributo per la verità - ha aggiunto - Dovrebbero anche parlare personaggi di Cosa nostra che sono ancora al 41 bis e anche loro potrebbero dare un contributo”. Perché dopo 28 anni ci sono ancora tanti buchi neri sulla strage di Capaci? "Non è stato facile - ha proseguito Lia Sava - anche per coloro che hanno affrontato i processi all'inizio mettere insieme tutti i tasselli. Ventotto anni fa non c'erano certi elementi tecnico scientifici, a partire dal DNA".
Secondo il magistrato “le indagini sulle stragi mafiose del '92 non si fermano. Sia la Procura di Caltanissetta che la Dna continuano a fare indagini". "E chiaro che i processi arrivano quando ci sono elementi di prova”. Per il procuratore generale di Caltanissetta "dopo 28 anni bisognerebbe leggere nuovamente tutto l'immanente materiale sulla strage di Capaci e cercare di legarlo insieme. Un ultimo sforzo per cercare di arrivare al completamento totale della verità e quindi ad avere la possibilità di voltare pagina quando tutte le zone d'ombra sono state dipanate".
Per quanto riguarda l’assoluzione di Vittorio Tutino, la Sava ha assicurato che “leggeremo le motivazioni e valuteremo se ci sono spazi per il ricorso in Cassazione". Al termine della requisitoria l'accusa aveva chiesto la condanna all'ergastolo anche per Tutino ma non è stata accolta. "Secondo l'impostazione della pubblica accusa - ha detto il procuratore generale - c'erano gli elementi per la condanna all'ergastolo".

Foto © Shobha

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