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falcone giovanni c shobha 3di Miriam Cuccu
L'ultimo capitolo della requisitoria: “Madonia presente alla riunione”

Del “movente interno all'organizzazione criminale Cosa nostra” e della “fase deliberativa della strage di Capaci” ha parlato oggi il pm Stefano Luciani nel capitolo conclusivo della requisitoria, innanzi alla Corte d'Assise di Caltanissetta al processo Capaci bis. E, oltre a questo, di “quanto riguarda la posizione dell'odierno imputato Salvatore Madonia”, accusato di aver partecipato alla riunione in cui si decise di uccidere il giudice Giovanni Falcone, assassinato a Capaci insieme alla moglie Francesca Morvillo ed agli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Gli altri imputati sono i mafiosi Vittorio Tutino, Giorgio Pizzo, Cosimo Lo Nigro e Lorenzo Tinnirello, ai quali si contesta di aver preso parte alla fase preparatoria della strage ed al recupero dell'esplosivo utilizzato per far saltare in aria lo svincolo autostradale in cui transitava l'auto del magistrato odiato da Cosa nostra.
"Cosa nostra sentenziò l'eliminazione dei giudici Falcone e Borsellino, - è stata la ricostruzione di Luciani - dando il via alla stagione stragista, nella prima decade del dicembre del '91, durante la riunione della commissione provinciale di Cosa nostra, convocata da Totò Riina per gli auguri di Natale. Bisognava rompere le corna a questi magistrati. Commissione che aveva il compito di deliberare gli omicidi eccellenti".
"La decisione presa da Riina - ha proseguito il pm - andava comunicata a tutti i capi mandamento. Presente a quella riunione anche Salvuccio Madonia, in rappresentanza del mandamento di Resuttana, il quale aveva già partecipato anche ad altri incontri nel corso dei quali si era già discusso di eliminare magistrati, politici ed esponenti delle forze dell'ordine perchè era giunto il momento di vendicarsi di nemici e traditori. Riina disse che era arrivato il momento della resa dei conti. Tutti dovevano prendersi le loro responsabilità. Sono elementi che possiamo ricavare dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, soprattutto Giovanni Brusca e Antonino Giuffrè. E Madonia fin dai primi anni '80 era al corrente dei progetti di attentato nei confronti nel magistrato”. A riferire del “clima gelido” di quella riunione era stato il pentito Antonino Giuffrè: “Non mi ricordo un’altra riunione di questo genere, là dentro regnava il silenzio più assordante. C’era il gelo” aveva detto in udienza l'ex mafioso che più di tutti aveva vissuto accanto al boss Bernardo Provenzano.
"Cosa Nostra - ha proseguito la pubblica accusa - ha ucciso Giovanni Falcone per la sua attività di contrasto alla mafia, utilizzando metodi innovativi e colpendo gli interessi economici e finanziari. La causa scatenante del piano di Cosa Nostra sarà poi la conferma in Cassazione delle condanne del maxi processo". "Riina, da parte sua - ha aggiunto Luciani - si era impegnato affinché quella sentenza venisse ribaltata e per questo motivo sperava negli appoggi politici di Salvo Lima e contava sul fatto che il processo venisse assegnato al giudice Corrado Carnevale, ma questo non avvenne perché venne decisa una rotazione nell'assegnazione dei processi di mafia in Cassazione. In quest'ultimo aspetto Cosa Nostra vide un protagonismo di Falcone". Toccata, durante la requisitoria, anche la testimonianza del giudice Corrado Carnevale, detto “ammazzasentenze”: "Sulla deposizione di Carnevale - ha detto il pm - vorrei stendere un velo. È venuto a dirci che non gli interessava di presiedere il maxi processo perché lui stava andando in pensione e ha anche sminuito le critiche, fatte pubblicamente, nei confronti di Falcone. Ora dico, va bene la critica su aspetti professionali, ma qui parliamo anche di pesanti attacchi sul piano personale. È arrivato a smentire anche il contenuto di una telefonata in cui si riferiva a Falcone in modo non certo lusinghiero, ma dai dati in nostro possesso le cose non stanno come dice Carnevale".

Foto © Shobha

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