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cattafi rosario pio web0di Francesca Mondin
L’esponente di Cosa nostra barcellonese sentito stamattina assieme al pentito La Marca

Una testimonianza stringata e vaga quella di Rosario Pio Cattafi, ex avvocato condannato ieri a sette anni per mafia, che oggi ha testimoniato come teste assistito al processo Capaci bis sulla strage che uccise Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. In corso davanti alla Corte d'Assise di Caltanissetta. Sono imputati per strage Salvo Madonia, Vittorio Tutino, Giorgio Pizzo, Cosimo Lo Nigro e Lorenzo Tinnirello.
Cattafi, teste della difesa, è tornato a parlare, come già aveva fatto in altri processi, del suo rapporto con Francesco Di Maggio, ex direttore del Dap.
Dopo aver ripercorso alcune tappe giudiziarie tra cui l'arresto nel'84 in Svizzera per traffico internazionale di droga, l'avvocato barcellonese, ora rinchiuso al  41bis, ha raccontato di quando Di Maggio le chiese di fare da tramite tra lui e Salvatore Cuscunà, ritenuto il referente di Santapaola: "Quando prese l'incarico di commissario antimafia mi mandò un carabiniere a Milano per dirmi che voleva vedermi, lo vidi alla caserma dei carabinieri a Milano e in quell'occasione mi comunicò che era stato messo al Dap proprio per questa situazione che era avvenuta per queste stragi, ancora credo che non avesse l'incarico, e voleva che io contattassi l'avvocato di Cuscunà Salvatore per veicolare un messaggio " perchè lui " non era riuscito a mettersi in contatto con Santpaola". Mentre riguardo l'incontro al bar Doddis di Messina, il teste assistito, sollecitato dall'avvocato Sinatra a riferire cosa gli chiese Di Maggio in quell'occasione ha detto: "Il dott. Di Maggio all'epoca mi ha comunicato al bar, al seguito della disavventura … in Svizzera a seguito di tutti i chiarimenti, da persona per bene diede atto che non c'entravo e rimase un rapporto di simpatia". Un po' diversa era stata la versione data a dicembre del 2012 al processo a carico del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu dove l'esponente di Cosa nostra barcellonese aveva approfondito le intenzioni di Di Maggio. "Tra il maggio e il giugno del 1993 incontrai Francesco Di Maggio in un bar di Messina. Mi fece chiamare dai Carabinieri nell'abitazione di mia madre a Messina. Il dottor Di Maggio era già seduto al bar che mi aspettava. Dopo i convenevoli di rito, mi disse che mi doveva parlare di Salvatore Cuscunà. - aveva dichiarato Cattafi il 3 dicembre 2012 - Mi disse che lavorava da poco al Dap e che aveva intenzione di contattare Nitto Santapaola perchè da sue informazioni precedenti era quello più 'malleabile' per vedere di frenare l'attacco della mafia. Penso' che l'unica possibilità fosse quella di Cuscunà. Così mi chiese di contattarlo. Nel tentativo di convincermi disse anche che ogni cittadino aveva il dovere di aiutare lo Stato, dopo le stragi mafiose del '92. Io gli dissi che mi sarei informato. Mi chiese di contattare l'avvocato di Cuscunà promettendogli” qualunque cosa “tutti i benefici possibili per il suo cliente, pur di riuscire a parlare con Santapaola per riuscire a trovare nuove strade per disinnescare la violenza di Cosa nostra". Nessun riferimento nemmeno alla parola "trattativa" citata invece nei verbali di interrogatorio del settembre 2012,  dove l'ex avvocato aveva detto ai pm: "Di Maggio mi disse: 'Abbiamo deciso che dobbiamo prendere la cosa in mano e dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo portare avanti una trattativa'".
Mentre rispondeva alle domande della pubblica accusa Cattafi si è lasciato andare ad alcune considerazioni proprie: "Sono anni che richiedo che qualcuno abbia la bontà di fare accertamenti se io sono  confidente dei servizi segreti, posteggiatore, qualunque ruolo anche quello che porta il caffè, servizi segreti, vigili urbani, fino ad oggi nessuno ha voluto fare l'accertamento e poi ci troviamo sempre con le stesse domande…". In realtà è notizia dello scorso anno che sarebbero stati gli stessi servizi segreti a voler sapere tutto della sua detenzione. Così come era uscita la notizia che la Procura di Palermo stava attenzionando proprio i rapporti tra Aisi e l'ex avvocato barcellonese.  
A parlare dei legami tra Cattafi e i servizi segreti sono stati svariati pentiti tra cui il collaboratore di giustizia Maurizio Avola, Filippo Malvagna. "Tramite Cosa Nostra so chi è Saro Cattafi, … So, per quello che mi fu detto da Calogero Campanella, che apparteneva ai servizi segreti, che scambiava favori con personaggi dei servizi, ci faceva dei favori, degli omicidi e loro ci facevano passare della droga, coprivano i reati, diciamo.." aveva detto Avola,  killer prediletto di Nitto Santapaola. Il pentito aveva anche parlato di una riunione a cui aveva partecipato Cattafi a Roma all'Hotel Excelsior:
"era il ‘92, dopo le stragi di Capaci, era settembre … a me, come mi dicevano i consiglieri, il favore si doveva fare a Craxi e il socialismo che ritornava un po’ alla normalità … [Cattafi, n.d.r.] ha fatto incontrare queste persone in albergo … il consigliere nostro con persone di Roma in un albergo romano per concordare la strage, perché la strage la dovevamo fare noialtri … ". Riguardo questo incontro il mafioso di Barcellona Pozzo di Gotto ha negato di aver mai partecipato a quella riunione così come di essere stato all'hotel Excelsior dopo gli anni '90.

Falcone nel mirino dall‘85
E' stata poi la volta di un altro teste assistito, il collaboratore di giustizia Francesco La Marca, ex uomo d'onore di Porta Nuova. "Sapevo che doveva succedere una cosa grossa nel '92 - ha detto il pentito rispondendo alle domande della difesa - l'ho saputo dal mio capo Salvatore Cancemi che mi ha detto di non prendere l'autostrada e io ho capito tutto.. poi seppi dell'attentato a Falcone". "Già nel '85 si parlava che era un cornuto … era nel mirino di Cosa nostra. - ha continuato il teste aggiungendo però che lui, essendo un soldato semplice, non era a conoscenza di cosa decidevano alle riunioni o chi ci partecipava sapeva solo che "c'erano delle lamentele". La Marca ha parlato anche dell'amico e collega di Falcone, Paolo Borsellino: "Nell '88 Cancemi mi dice vieni nel mobilificio…dobbiamo fare una cosa, un omicidio in sostanza, mentre andavo io ho visto passare il dott Borsellino… io ho accelerato e sono andato dove c'erano loro…e ho detto che avevo visto Borsellino …Ganci è scattato veloce e ha detto 'sbrigati prendi motorino e pistole' e siamo andati lì ma il dott Borsellino era già salito a casa".
Tra il 10 e il 12 dicembre la Corte ascolterà in trasferta a Rebibbia alcuni collaboratori di giustizia e anche l'ex presidente della prima sezione penale della Cassazione Corrado Carnevale.

ANTIMAFIADuemila
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