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genchi-falcone-borsellino-c-giorgio-barbagallodi Miriam Cuccu - 10 luglio 2015
Capaci bis, l’ex perito tecnico smentisce di aver minacciato il poliziotto
Il poliziotto Giuseppe De Michele punta il dito contro Gioacchino Genchi, che gli avrebbe intimato di “dimenticare” quanto visto il giorno prima allo svincolo di Capaci (due misteriosi furgoni e operai con tute bianche). Una mossa, sostiene Genchi al processo bis per la strage di Falcone, per “delegittimarmi completamente” e “smentire la mia attendibilità”. Dopo aver sentito lo stesso De Michele, la sorella Rita e Roberto Di Legami (che ascoltò la versione del poliziotto, cambiata più volte) è la volta dell’ex consulente del gruppo Falcone e Borsellino, che respinge una dopo l’altra tutte le accuse.

Genchi racconta di aver preso servizio all’undicesimo reparto della mobile di Palermo solo dal 5 maggio ’93 (anche se il trasferimento risale all’ottobre dell’anno precedente, ma in quei mesi si concentrò sulle investigazioni di Capaci). Solo in quell’occasione conobbe De Michele, “un giovane molto ossequioso, mi accorsi che aveva dei problemi alle gambe, dei tremolii”. De Michele, al contrario, ribadisce di conoscere Genchi addirittura dal ’91, e di averlo accompagnato più volte in procura con la propria auto: “E’ falso – ribatte il tecnico – non avevo bisogno di andare in procura prima del ’93. Basta prendere i fogli di uscita degli automezzi e sentire i miei due autisti. E poi dal ’91 al giugno ’92 ero sempre in giro per la Sicilia oppure a Roma”. “Non era presente a se stesso – continua l’ex perito parlando del poliziotto – capii che era poco idoneo sia per servizi di ordine pubblico che per compiti d’ufficio e quindi veniva messo di vigilanza in caserma, un poliziotto si lamentò che quando era in caserma teneva il colpo in canna, aveva questa fobia e quando mi accompagnava portava il mitra”. De Michele, prosegue Genchi, “nel ’93 mi accompagnava tante volte, in caserma ancora non avevo uno studio e mi avvalevo della sua collaborazione, mi aiutava quando prendevo le scatole dei cellulari e li caricavamo nella macchina della polizia, mi aiutava a scaricarli in una stanzetta che mi ero preso al reparto mobile. Nel giro di poco tempo ricevetti molti incarichi dalla Procura di Palermo (nello specifico il sequestro di cellulari ed altri apparecchi di comunicazione, ndr) spesso De Michele mi aspettava una o due ore perchè io non avevo una macchina e usavo quella di servizio, dovevo trasportare reperti e fascicoli. Ma al di là di tutto era un ragazzo bravo ed educato, che per quel poco che sapeva fare veniva rispettato da tutti e che non era mai stato richiamato. Un giorno mi disse ‘facciamo una cena, i miei genitori ci terrebbero che venisse’. Ci vado ma finisce lì, e io rivedo De Michele solo dopo il mio trasferimento nel ’95, quando sono andato a vivere a Palermo”.
All’indomani della strage del dottor Falcone, racconta ancora Genchi, sul computer del giudice al ministero, “hanno lasciato una traccia in un file che mi colpì particolarmente, con come data di modifica il 23 giugno, di un documento nel quale Falcone aveva raccolto degli appunti per difendersi da una serie di attacchi del Csm”. Qualcuno aprì il computer, aprì quel file, lo modificò per poi salvarlo: “Per la conoscenza che avevo delle denunce nei confronti del dottor Falcone secondo me quel file era incompleto, mancavano diversi passi, anche se non avevo avuto modo di vederlo prima”.
“Le opinioni me le tengo per me, e ne ho parecchie – commenta poi Genchi tornando sull’accusa ricevuta da De Michele – la mia deduzione è che non può che essere stato indotto da qualcuno perchè non aveva nessuna ragione sul piano personale, nessun motivo attuale o remoto per cui De Michele potesse inventarsi cose di sana pianta”. Tutto questo, spiega in aula, “in perfetta coincidenza temporale con una ricerca forsennata, da parte del Ministero dell’interno, di qualunque cosa potesse riguardare il mio passato” e con una “campagna di delegittimazione nei miei confronti, nel 2009. Un tentativo subdolo e ad alti livelli”.

Foto © Giorgio Barbagallo

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