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genchi c giorgio barbagallodi Aaron Pettinari
Al Borsellino quater ascoltati Iuppa ed il consulente

Il “giallo” del colloquio tra il sostituto Procuratore generale di Palermo, Domenico Gozzo, ed il consulente informatico Gioacchino Genchi irrompe nel Borsellino quater. Dopo che lo scorso 15 giugno la Corte d'assise nissena, presieduta da Antonio Balsamo, ha decretato la riapertura del dibattimento oggi si è tornati in aula.
Un'udienza fiume (si è conclusa solo alle 20) in cui è stata subito affrontata la “questione di legittimità costituzionale dell'articolo 197”, quello che regola l'incompatibilità con l'ufficio di testimone, proposta dagli avvocati Scozzola e Di Gregorio, sulla decisione di non ammettere l'esame come teste di Gozzo, ex pm proprio nel processo Borsellino quater. E' proprio per questo motivo che il magistrato non sarà ascoltato con la corte che ha confermato l'ordinanza precedente nonostante le richieste di audizione dello stesso da parte dei pm Gabriele Paci e Stefano Luciani e dei due legali di parte civile Giuseppe Scozzola e Rosalba Di Gregorio.
Secondo il loro parere ciò era possibile in quanto il magistrato aveva ricevuto da Gioacchino Genchi alcune confidenze sul presunto depistaggio nelle prime indagini sulla strage di via D'Amelio in un momento in cui non era più impegnato come pubblico ministero sulle nuove indagini per l'attentato del 19 luglio '92. Gozzo, attualmente sostituto procuratore generale a Palermo, aveva incontrato Genchi, ex funzionario di polizia e consulente informatico di numerose procure, alla fine di maggio nel suo ufficio. Dopo quell'incontro aveva scritto una relazione di servizio (acquisita al dibattimento), in cui spiegava di avere appreso da lui che un poliziotto della scientifica di Palermo, Bartolo Iuppa, nel '94 gli avrebbe confidato che due poliziotti del gruppo Falcone-Borsellino non volevano sottostare ai diktat di Arnaldo La Barbera sulla gestione di Vincenzo Scarantino. Già ascoltati dalla Procura nissena, sia Iuppa che Genchi, hanno però negato questa circostanza ed oggi hanno ribadito la loro versione davanti alla Corte.

“Genchi mi disse che Scarantino era 'farlocco' ed 'imboccato'”
Primo ad essere ascoltato è stato proprio Iuppa, poliziotto in quei primi anni Novanta fidanzato di Lucia Borsellino. “Non ho ricevuto mai nessuna confidenza da poliziotti del gruppo Falcone Borsellino su imposizioni fatte da Arnaldo La Barbera per commettere illeciti nella gestione del pentito Scarantino - ha detto in maniera categorica - quando mi hanno letto la relazione nell'interrogatorio sono rimasto assolutamente basito. “Con i poliziotti che lavoravano con La Barbera - ha aggiunto - si parlava del fatto che questi avesse un brutto carattere, che era burbero, che era severo, ma nulla di altro. Se avessi saputo una cosa del genere avrei fatto una relazione di servizio”.
Tuttavia Iuppa non ha negato di aver avuto dei colloqui con Genchi in merito ad alcune vicende avvenute in quegli anni. Ad esempio ha riferito di aver parlato proprio con l'ex consulente di Vincenzo Scarantino, il balordo della Guadagna che si autoaccussò del furto dell'auto e della strage di via d'Amelio.
“Gioacchino Genchi - ha ricordato - mi disse che riteneva Vincenzo Scarantino un personaggio 'farlocco', non di spessore e non condivideva la linea investigativa delle prime indagini sulla strage di via D'Amelio di seguire le sue dichiarazioni. E mi confidò che per questo motivo aveva abbandonato il gruppo Falcone Borsellino, che se ne era andato sbattendo la porta. Ma non mi ha fatto altre confidenze, anche perché sul suo lavoro era molto abbottonato”.
Alla domanda su quando fosse avvenuto questo dialogo il teste ha in un primo momento detto che ciò sarebbe avvenuto tra la fine del 1993 ed inizi del 1994, quando però il pm ha fatto notare che la collaborazione di Scarantino è datata giugno 1994, ha detto di non poter escludere che questo scambio di informazioni sia avvenuto successivamente. “Credo che ciò sia comunque avvenuto qualche tempo dopo che se ne era andato dal Gruppo”.
Iuppa ha anche raccontato di aver appreso solo oggi che gli accertamenti compiuti sulle utenze telefoniche della famiglia Borsellino, volte a verificare se furono fatte intercettazioni abusive, furono svolte anche in seguito di alcune dichiarazioni di Scarantino, che riscontravano i racconti di alcuni familiari del magistrato. “Quel che posso dire con certezza - ha proseguito - è che per Genchi la mafia non si affidava a personaggi di quel tipo. Devo dire che anche io avevo perplessità su Scarantino, avevo appreso da fonti giornalistiche che si vociferava di una sua omosessualità e la mafia non si affida a queste persone, per quanto mi risulta”. Rispondendo alle domande del pm Luciani ha anche detto di aver riferito quelle considerazioni di Genchi ad Agnese Borsellino ed alla stessa Lucia. “Non posso escludere di averlo detto anche a Manfredi, ma con loro sicuramente ne ho parlato come credo di averlo detto anche ad Antonio Ingroia”. Se di questa confidenza ricevuta non aveva mai ritenuto di dover parlare con altri o di effettuare delle relazioni di servizio, diversamente aveva fatto rispetto ad un altro episodio avvenuto nel febbraio 1994.

La moglie di Scarantino e quel tentativo di parlare con Agnese
"La sera del 9 febbraio '94 - ha ricordato Iuppa - la moglie di Vincenzo Scarantino si presentò sotto casa della famiglia Borsellino e pretendeva di parlare con la signora Agnese, la vedova del giudice per dirle che il marito era sottoposto a violenze e i suoi carcerieri lo stavano facendo morire”. “La signora Agnese - ha aggiunto - andò in confusione, si mise a tremare, non voleva parlare con questa signora. Io mi affacciai dal balcone e vidi che c'era un po' di gente. Poi scesi in strada, i militari presenti mi dissero che c'era la signora Scarantino con un documento in mano ma io non feci l'accertamento. Questa signora mi disse che voleva incatenarsi lì se non fosse riuscita a parlare con la vedova di Borsellino, parlava di rivolgersi a Caselli, Tinebra o alla Boccassini e diceva anche di volersi incatenare davanti alla Rai”.
Su tutta questa vicenda il poliziotto ha quindi scritto una relazione di servizio in quanto, contemporaneamente a quello scambio di parole, si verificò anche un altro fatto. “Quando risalii in casa il telefono risultava muto - ha riferito il teste - e la signora Borsellino si allarmò. Io chiamai il 113 con il mio cellulare e la signora Agnese mi domandò di chiamare anche il dott. Finazzo che era il vicario della Questura di Palermo. Fu Finazzo a dirmi di scrivere quella relazione di servizio al Questore di Palermo. Io la feci e la inoltrai anche al mio superiore che era il dirigente della polizia scientifica. Poi la consegnai il giorno dopo”. Di quella relazione Iuppa aveva poi parlato successivamente sia a Genchi che a Lucia Borsellino. “Ricordo pure che nel periodo tra il 2014 e il 2015 ho incontrato Lucia Borsellino, quando era assessore regionale parlai con lei di questa vicenda della moglie di Scarantino, e ci dicemmo che nessuno dei due era stato chiamato a deporre sul fatto. Io davo per scontato che la relazione fosse finita agli atti dei processi e mi sembrava strano che mai nessuno mi aveva convocato prima di oggi”. Il poliziotto ha poi proseguito raccontando come la stessa relazione si era conservata nel tempo: “La relazione io l'avevo conservata in un primo momento in un floppy disk, poi anche nei miei computer. Anche con Genchi ne parlai nel 2014, credo dopo un articolo sulla stampa in cui Scarantino e la moglie parlavano delle minacce subite e delle lesioni subite dagli appartenenti della polizia di Stato. Io ricordo che a Genchi avevo già detto quell'episodio ma quando gli chiesi se lui aveva memoria di questo lui mi disse che non ricordava e così io gli mandai anche la relazione”. Alle domande del pm Stefano Luciani sull'eventuale reazione di Genchi su certi discorsi su Scarantino ha aggiunto: “Ripeto che Genchi lo riteneva farlocco e se non ricordo male sospettava che poteva anche essere stato imbeccato. Ma senza nessun altro riferimento”. Infine ha anche ricordato l'episodio in cui La Barbera riconsegnò alla famiglia Borsellino la borsa del giudice. “Ricordo che all'interno vi erano effetti personali come un costume o la batteria di un motorola che erano comunque integri. Quando Lucia chiese dove fosse finita l'agenda rossa La Barbera rispose in maniera offensiva, rivolgendosi alla signora Agnese: 'Sua figlia sta farneticando'. Se quell'agenda fosse finita bruciata, che fine dovevano fare il costume o la batteria del cellulare? Se fu fatto un verbale? Non ricordo ma credo di poterlo escludere”.

La versione Genchi
Concluso l'esame di Iuppa è stata la volta di Gioacchino Genchi. Il consulente informatico, reintegrato nella polizia di Stato dopo la destituzione del febbraio 2011, ha ribadito ancora una volta quanto già riferito ai pm lo scorso 3 giugno: “Io non ho mai ricevuto da Bartolo Iuppa confidenze su poliziotti che non volevano sottostare a imposizioni di La Barbera per imbeccare Scarantino. Da parte mia ho sempre avuto perplessità su Scarantino e ne ho anche parlato col dott. Iuppa, questo si. All'inizio, quando mi occupavo delle indagini sulle stragi ricordo che dagli accertamenti tecnici non era emerso nulla, ad esempio, sui fratelli Scotto e mi stupii quando sentii che Scarantino, invece, offriva dei riscontri. Alcune mie esternazioni sulle indagini svolte da La Barbera mi sono costate anche un provvedimento disciplinare e la destituzione dalla Polizia e ho usato tutti gli elementi emersi in questo processo per discolparmi”. E proprio delle sue vicende processuali avrebbe parlato, lo scorso 27 maggio, con il magistrato Gozzo presso gli uffici della Procura generale a Palermo. “Fu un incontro casuale . ha detto rivolgendosi alla Corte - Io ero andato al Palazzo di Giustizia per incontrarmi con Ettore Costanzo in qualità di consulente. Costanzo era assente e poi incontrai il dottor Furitano, altro consulente. Passiamo davanti alla stanza di Nico, che era aperta, e siamo entrati. Iniziammo a parlare della vicenda processuale che vede Gozzo imputato a Catania e Furitano, un po' per delicatezza ma anche perché aveva altri impegni, è uscito dalla stanza”. Finita la parte delle sue vicende io parlai delle mie, raccontandogli che Pansa mi aveva rifatto i medesimi provvedimenti disciplinari, nonostante avessi già vinto i ricorsi in passato e che quindi mi trovavo a presentare il ricorso al Tar (ricorso effettuato proprio il 3 giugno scorso). Senza chiedere nulla che fosse riservato chiesi a Gozzo se sapeva qualcosa su certi argomenti e se questi fossero già stati oggetto di discovery, della relazione di servizio di Iuppa e se i poliziotti del gruppo Falcone e Borsellino erano mai stati sentiti. Parlavo di quei poliziotti che non erano stati oggetto di indagini e che erano anche solo transitati nel gruppo. Alcuni di questi li avevo anche portati io quando ancora ero là. Queste cose potevano essermi utili nel mio ricorso al Tar. La relazione di Iuppa gliela mostrai dall'iPhone ma lui mi disse che non ne sapeva assolutamente nulla”.
Rispondendo alle domande del pm Paci Genchi ha anche fatto alcuni nomi di alcuni poliziotti che erano appartenenti al gruppo: “Penso a Maria Elia, Francesco Trippò, Santoro, o altri come Gaspare Giacalone che divenne segretario particolare di La Barbera e che sa vita morte e miracoli, viaggi e segreti su di lui. Io non so cosa sanno loro, dico solo che a un certo punto non hanno più fatto parte del gruppo. In quel tempo in tanti facevano avanti e indietro e non c'era solo da basarsi sugli elenchi. Alcuni di loro portavano le carte ai magistrati come a Di Matteo, Petralia, alla Palma e ad altri”. Genchi ha spiegato quindi il contesto in cui ha fatto riferimento ai pm: “Io dicevo che proprio i pm, probabilmente, si potevano ricordare di tutti questi ragazzi aggregati al gruppo e poi anche usciti. In un'altra occasione, invece, si commentavano le evoluzioni del processo in corso e io ho fatto riferimento a Di Matteo e al dato che La Barbera non lo salutava neanche. Per me anche era così perché La Barbera snobbava i giovani magistrati e intanto aveva rapporti diretti con la Palma, Tinebra e la Boccassini”. La conversazione con Gozzo, a detta del superpoliziotto, non sarebbe durata più di 25 minuti e prima di recarsi ad un'udienza il magistrato gli avrebbe chiesto se poteva riferire la circostanza ai magistrati nisseni. Però, nel momento in cui il pm Paci ha letto il contenuto della relazione in aula, Genchi ha assolutamente negato che quelli siano stati i termini ed i contenuti della loro discussione, quindi ha aggiunto: “Ci sono dei casi che non è che uno mente ed uno dice la verità. Semplicemente è possibile che uno non ha capito e credo sia questo il caso, perché non abbiamo assolutamente mai parlato di queste cose. Se fosse stato come è scritto nella relazione,
(in riferimento alle lamentele provenienti da due appartenenti alla polizia”, i quali “avevano detto di essere stati costretti a dover avallare i comportamenti del dottor Arnaldo La Barbera in relazione alla figura di Scarantino” e in seguito verso i due poliziotti, “ci sarebbe stata una sorta di pressione” in quanto “avrebbero rifiutato di sostenere le scelte di La Barbera e del suo ufficio” e di seguito sarebbero stati “allontanati definitivamente”, ndr) lo avrei sicuramente detto in precedenti audizioni. Rispetto a quanto scritto posso sicuramente dire che certi argomenti non furono in esordio ma verso la fine”.

La pista sbagliata
“La Barbera - ha detto Genchi - aveva un grande intuito investigativo, ma credo che in quelle indagini forse venne scelta la strada più facile perché bisognava dare risposte immediate. Io non volevo starci e me ne sono andato”. “La Barbera - ha aggiunto - era quasi diventato il vero dominus delle indagini sulle stragi, aveva contatti diretti con Tinebra e la Boccassini, quasi non considerava i giovani sostituti, i pm erano quasi in una condizione di gregariato. Ricordo che quando andai a Mantova con il pm Petralia per sentire Candura e Valenti vidi che La Barbera e Ricciardi erano lì, in un'atmosfera quasi di convivialità con le persone che dovevano essere interrogate. Ma come possiamo parlare di genuinità dei collaboratori?”. Il processo è stato rinviato a domani quando sul banco dei testimoni saliranno Luigi Furitano, e i funzionari che hanno svolto le indagini, il colonnello Francesco Papa e il maggiore Marco Zappalà.

DOSSIER Processo Borsellino quater

Foto © Giorgio Barbagallo

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