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petralia carmelodi Miriam Cuccu
La deposizione del magistrato Carmelo Petralia

I dubbi della procura di Caltanissetta su Vincenzo Scarantino, rivelatosi poi falso pentito usato per depistare la strage di via d’Amelio, erano non pochi. “Confermo che il nostro ufficio ebbe delle perplessità su Vincenzo Scarantino, vista anche la bassa caratura criminale. Solo che le indagini e i riscontri che ottenemmo ci portarono a dare credito o meglio valore indiziante alle sue dichiarazioni sulla strage di via D'Amelio”. A raccontarlo è stato Carmelo Petralia (in foto), oggi procuratore a Ragusa, che ha deposto al processo Borsellino quater sull’uccisione del giudice Paolo Borsellino e dei cinque agenti di scorta. Petralia, insieme ad altri magistrati come Ilda Boccassini, Anna Maria Palma e Paolo Giordano, si occupò delle primissime indagini sulla bomba del 19 luglio ’92.

“Ricordo la lettera scritta dalla collega Boccassini in cui venivano espressi dubbi sull'attendibilità di Scarantino - ha continuato Petralia - ricordo che ne parlai con l'allora procuratore Giovanni Tinebra e con il collega Giordano. Credo di averne parlato anche con il collega Saieva". La Procura di Palermo, ha spiegato ancora Petralia, in merito a Scarantino aveva espresso “un raiting molto basso rispetto all’attendibilità, con riferimento ai fatti di cui si accusava” parlando degli omicidi dei quali il falso pentito si attribuiva la responsabilità. “Con la Procura di Palermo – ha specificato ancora – ci confrontavamo nei limiti in cui era lecito”. E su possibili dichiarazioni riferite alle stragi del '92 da pare di Giacomo Ubaldo Lauro, che in precedenza parlò della strage dell'Italicus: “Non ricordo di aver partecipato ad alcun interrogatorio di Lauro – ha detto il teste rispondendo all’avvocato Giuseppe Scozzola, legale di Gaetano Scotto, condannato insieme ad altri sulla base delle false dichiarazioni di Scarantino – però ricordo il suo nome e che aveva o intendeva rendere dichiarazioni. Ma avrei difficoltà a collegarlo alla strage di Capaci o via d’Amelio, ricordo invece un suo riferimento alla Calabria”. Sullo stesso argomento Ilda Boccassini, ascoltata ieri davanti alla Corte d’Assise di Caltanissetta, aveva riferito che le dichiarazioni rese da Lauro non erano state considerate attendibili.

In merito all’interrogatorio di Scarantino risalente al 6 settembre ’94 e durato quasi 12 ore, ha raccontato Petralia, venne segnalato “il non riconoscimento di alcuni dei soggetti indicati” da parte di Scarantino. “Poi abbiamo fatto tutte le valutazioni del caso e ritenuto di poter proseguire nell’ascolto”.

Successivamente al teste è stato mostrato un appunto redatto dalla Boccassini datato 12 ottobre ’94, in vista di una riunione alla Direzione distrettuale antimafia, indirizzato al procuratore capo di Caltanissetta e Palermo, rispettivamente Giovanni Tinebra e Gian Carlo Caselli. Un documento presente agli atti del processo rinvenuto però solo dagli archivi di Palermo, e non della procura nissena. “Che si sia discusso dell’esistenza di perplessità rappresentate dalla dottoressa Boccassini su Scarantino lo confermo – ha detto Petralia – ma che personalmente abbia partecipato ad una riunione della Dda in cui si sia affrontato specificamente l’approfondimento di questo documento e si sia poi deciso di adottare determinate iniziative o meno non lo posso dire, non ricordo ma sono propenso ad escluderlo”.

Sul ricordo di interruzioni nel corso degli interrogatori, Petralia ha commentato che “l’acquisizione delle dichiarazioni di Scarantino nell’attività di indagine non fu facile né fluida, piena di momenti anche di criticità” ma che “non vi fossero state pause vere e proprie. Sospensioni c’erano, ma penso che venissero verbalizzate, tranne cose di minima entità”. Ben diversa era stata la versione di Scarantino, sempre al Borsellino quater: “Quando non mi ricordavo o andavo in confusione – aveva detto – interrompevo l’interrogatorio, chiedevo di andare in bagno e loro (alcuni membri del Gruppo Falcone-Borsellino, ndr) mi davano le indicazioni”. Nel depistaggio sarebbero coinvolti, indagati dalla procura nissena, i funzionari di polizia Vincenzo Ricciardi, Mario Bo, e Salvatore La Barbera. I primi due, sempre nello stesso dibattimento, si avvalsero della facoltà di non rispondere mentre La Barbera sostenne di non ricordare alcunchè.

E sui numerosi colloqui investigativi (autorizzati dalla stessa Boccassini) ai quali venne sottoposto Scarantino al carcere di Pianosa per una decina di giorni: “Mi stupisce, dieci giorni mi sembrano tanti – ha commentato Petralia – un dato che ho sottovalutato a suo tempo. C’era una primarietà della dottoressa Boccassini in questa prima fase di gestione del collaboratore Scarantino e delle modalità a cui ancorarla, ma non ero io a capo dell’ufficio”.

Il processo è stato rinviato a domani. Il 17 dicembre, invece, doveva essere sentito il boss Totò Riina, detenuto al 41 bis nel carcere di Parma. Il capomafia corleonese, però, è stato ricoverato in ospedale per una crisi respiratoria e non potrà rendere la testimonianza per via delle sue condizioni di salute.