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via-damelio-uomo-ssdi Lorenzo Baldo - 5 febbraio 2015
L’ispettore di polizia Garofalo ricorda l'uomo dei Servizi in Via D’Amelio
E’ slittata alla prossima udienza la decisione in merito alla richiesta formulata dalla Procura nissena di ascoltare il neo collaboratore di giustizia Vito Galatolo al quarto processo per la strage di via D’Amelio. Contestualmente, anche in merito alle richieste di audizioni dell’ex esponente della ‘Ndrangheta Marco Marino e dell’ex camorrista Francesco Raimo, si dovrà attendere alcuni giorni per conoscere l’esito. L’avvocato Flavio Sinatra ha spiegato alla Corte presieduta da Antonio Balsamo che l’ufficio per la corrispondenza del carcere dove è detenuto il boss Vittorio Tutino ha temporaneamente “bloccato” la consegna dei verbali di Galatolo jr (unitamente agli altri atti depositati recentemente al processo) che lui stesso aveva precedentemente inviato per posta al suo assistito. Stesso discorso per l’altro capo mafia, Salvatore Madonia, che, attraverso dichiarazioni spontanee rese oggi in udienza, ha riferito di non aver ricevuto in carcere quella stessa documentazione spedita dall’avv. Sinatra. Nel frattempo l’avvocato di parte civile Fabio Repici, difensore di Salvatore Borsellino, ha depositato una nota nella quale si comunica di non prestare il consenso alla richiesta di audizione degli imputati Vincenzo Scarantino e Francesco Andriotta (così come esplicitato la scorsa udienza dalla Procura) prima dei testi delle parti civili. Per l’avv. Repici è tutt’altro che peregrino il rischio che con il passare del tempo i testimoni chiamati dalle parti civili come ad esempio l’ex procuratore di Caltanissetta, Gianni Tinebra, l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano o l’avvocato Franz Russo, risultino poi impossibilitati a deporre per ragioni di salute legate all’età avanzata di questi ultimi. Meglio quindi ascoltarli prima degli imputati. Anche su questa decisione il Collegio si pronuncerà all’udienza dell’11 febbraio prossimo.

Quell’uomo dei Servizi in via D'Amelio
Si torna a parlare del mistero della presenza degli apparati di intelligence sul luogo della strage di via D’Amelio. A richiamare alla memoria gli interrogativi su quelle strane ombre è l’ispettore di polizia Giuseppe Garofalo. In aula, davanti ai pm Gabriele Paci e Stefano Luciani, Garofalo ribadisce sostanzialmente quanto già dichiarato nel 2005. I dubbi, però, restano intatti. Che ci faceva un esponente dei Servizi nell’immediatezza dello scoppio dell’autobomba? E perché sarebbe stato interessato alla borsa del giudice Borsellino dalla quale poi è stata sottratta la sua preziosa agenda rossa? Si tratta di un collega dell’uomo dei Servizi, di cui parla Spatuzza, presente nel garage dove si imbottiva di esplosivo la Fiat 126 destinata all’eccidio? “Ricordo – aveva raccontato dieci anni fa Garofalo – di avere notato (in via D’Amelio, il 19 luglio 1992, ndr) una persona, in abiti civili, alla quale ho chiesto spiegazioni in merito alla sua presenza nei pressi dell’auto (del giudice Borsellino, ndr). A questo proposito non riesco a ricordare se la persona menzionata mi abbia chiesto qualcosa in merito alla borsa o se io l’ho vista con la borsa in mano o, comunque, nei pressi dell’auto del giudice. Di sicuro io ho chiesto a questa persona chi fosse per essere interessato alla borsa del giudice e lui mi ha risposto di appartenere ai Servizi. Sul soggetto posso dire che era vestito in maniera elegante, con la giacca, di cui non ricordo i colori. Ritengo che se mi venisse mostrata una sua immagine potrei anche ricordarmi del soggetto”. In quella occasione i funzionari della Dia di Caltanissetta avevano sottoposto all'attenzione dell'ispettore Garofalo il video che riprendeva l’allora capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli mentre si allontanava da via D’Amelio reggendo la borsa del giudice assassinato. Dopo averlo visionato, però, l'ispettore aveva escluso che si trattasse della stessa persona in quanto l'abbigliamento del personaggio appartenente ai Servizi era completamente diverso dallo stile casual di Arcangioli. Oggi in aula è stata mostrata un’immagine dello stesso Arcangioli, e la risposta dell’ispettore è stata pressoché la stessa. C’è però un piccolo particolare da chiarire. Il 16 novembre 2005 davanti agli inquirenti Garofalo aveva ravvisato “forti somiglianze tra l'Adinolfi (Giovanni Adinolfi, all’epoca tenente colonnello del Ros di Palermo, ndr) e il soggetto qualificatosi in forza ai Servizi ed interessatosi della borsa”, poi però il 20 gennaio 2006, visionando nuovamente insieme agli investigatori le immagini dell'attentato lo stesso Garofalo “non riconosceva nessuno (neanche l'Adinolfi) ravvisando somiglianze con un soggetto (non meglio identificato) non corrispondente alla figura dell'Adinolfi”. Questo specifico passaggio non è stato affrontato oggi in aula. Certo è che lo stesso Adinolfi aveva a suo tempo ribadito quanto già riferito all'autorità giudiziaria di Caltanissetta nell'aprile del 2006 in merito alla sua presenza in via D'Amelio il 19 luglio 1992 ma “seppur riconoscendosi nel soggetto con giacca e occhiali scuri più volte ripreso vicino al col. Arcangioli”. Successivamente gli inquirenti avevano riportato che nelle sue ulteriori deposizioni lo stesso Adinolfi “nulla aggiungeva (rispetto alle precedenti dichiarazioni) con riferimento a qualsivoglia circostanza attinente la presenza della borsa appartenuta in vita al Dr. Borsellino”.

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Fonti bibliografiche: “Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino”

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