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Che le “lettere dal 41 bis” non fossero altro che un lacrimevole pretesto per continuare a portare avanti gli interessi di famiglia era già piuttosto evidente, ma oggi grazie alle dichiarazioni di un nuovo collaboratore di giustizia, ex camorrista, ci sono le prove.
Luigi Giuliano “ ‘o rre” ha raccontato agli inquirenti che l’articolo del 41 bis è tale solo sulla carta “i boss in cella comunicano tra loro e con l’esterno con la massima facilità”. I biglietti passano di cella in cella o raggiungono i piani inferiori con una funicella. Vengono nascosti in alcuni punti strategici. Nel penitenziario di Parma un calorifero nella zona riservata alle docce dei reclusi è stato trasformato in una buca delle lettere.
A Secondigliano (Napoli), invece, attraverso le sbarre delle finestre, il camorrista parlava a gesti con gli amici affacciati ai balconi di un edificio che si trova di fronte al penitenziario. Il neopentito ha parlato anche di lettere sigillate con una colla ricavata da un lassativo, di messaggi lasciati nelle sale per le videoconferenze, e persino di colloqui tra boss che dovrebbero essere in isolamento. Addirittura le mogli, le sorelle e le fidanzate dei boss ‘ndranghetisti utilizzano quell’unico colloquio mensile per apprendere dai loro uomini le direttive da impartire poi alle cosche.
Questo dimostra, ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, che il legame associativo non si spezza nemmeno con il carcere che a questo punto non si può più definire duro. Il vetro che li separa dai contatti umani, è vero, può essere limtante per le esigenze di un bambino, ma sono i loro genitori che li hanno costretti a vivere una tale menomazione, visto che non esitano a usare il loro bisogno di tenerezza per perseguire i veri scopi. Che sono sempre quelli: dirigere affari, appalti e omicidi.
Giuliano ha riferito poi che Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra avrebbero sposato di comune accordo la linea dell’insabbiamento al fine di non fare troppo rumore e quindi destare le forze dell’ordine per concentrarsi, invece, su alcuni obiettivi fondamentali: eliminare o quantomeno attenuare i rigori del 41 bis, neutralizzare l’effetto pentiti e lavorare all’abolizione dell’ergastolo.
Speriamo che la recente approvazione della norma che rende definitivo il 41 bis non contenga qualche ammorbidimento che certamente i boss saprebbero far fruttare nel migliore dei modi.
E mentre la nostra mente va a Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, a Paolo Borsellino e alle loro famiglie, a Giovanna Chelli e a tutti i familiari delle vittime delle stragi, ad Andrea Savoca trucidato a 4 anni, a Giuseppe Di Matteo, sciolto nell’acido a 12...e a tutti gli altri che sono stati privati dell’amore dei loro cari dalla barbarie selvaggia di questi boss che fino ad oggi non si sono mai pentiti dei loro efferati crimini, ma si permettono di avanzare pretese... il 41 bis ci sembra fino poco, ci sarebbe bisogno di un 41ter e la riapertura delle supercarceri nelle isole di Pianosa e dell’Asinara. A.P.



IL 41 BIS DIVENTA DEFINITIVO

Il 41 bis, il carcere duro per i mafiosi, è stato inserito stabilmente nell’ordinamento penitenziario italiano dopo il voto definitivo del Senato. Secondo le nuove norme verrà applicato non solo ai boss mafiosi, ma anche ai terroristi e ai trafficanti di esseri umani. Solo due giorni prima il testo era stato approvato alla Camera a larga maggioranza con 351 sì e 44 no. L’ultima parola per applicarlo spetta ora al Guardasigilli, Roberto Castelli che ha spiegato con soddisfazione: <<questo dimostra che la nostra azione contro la criminalità è molto più incisiva rispetto a quella dei governi precedenti>>. Il 41 bis venne introdotto con il decreto Scotti-Martelli nel 1992 dopo le stragi di Falcone e Borsellino, doveva durare tre anni, ma è sempre stato prorogato. I condannati per questi reati potranno godere in questo modo di 4 ore d’aria – prima erano due - e socializzare non più con un massimo di tre persone ma 5 alla volta. Inoltre sono previsti due colloqui mensili  e l’abolizione della censura per la corrispondenza con i parlamentari. 
Roberto Centaro, presidente della Commissione Antimafia che per primo ha chiesto al governo che il 41 bis diventasse legge, parla di <<segnale forte dello Stato, del governo e della maggioranza, a tutti coloro che accusano le istituzioni di disattenzione nei confronti della criminalità organizzata>>. Soddisfazione anche da parte del procuratore nazionale antimafia Pierluigi Vigna. Quest’ultimo ha dichiarato che in questo modo si controllerebbero meglio <<i boss che possono mantenere contatti con l’esterno>>. Per l’On. Giuseppe Lumia <<il 41-bis non è una forma di tortura né una lesione dei diritti umani né una violazione dell’art. 27 della Carta. E’ una modalità di detenzione che i boss usano strumentalmente gli spazi a loro disposizione per inviare ordini di morte, magari comportandosi da detenuti modello>>. Non scordiamoci prosegue Lumia che: <<Per i boss la detenzione non recide il collegamento con l’organizzazione. Considerano il carcere un pezzo di territorio su cui esercitano forme di intimidazione e sottomissione di detenuti comuni e operatori penitenziari>>.
Per Carlo Vizzini (Fi) <<è l’unica risposta che la politica e le istituzioni potevano e dovevano dare agli inquietanti proclami dei boss detenuti>>.  Non sono mancate però le reazioni negative da parte di coloro che ritengono che il carcere duro sia  una <<tortura>>. In prima linea Giuliano Pisapia, che ha parlato di <<misura che lede la dignità della persona>>, Alfredo Biondi, Emanuele Macaluso e Marco Pannella. Quest’ultimo ha parlato di una <<infamia indegna di un Paese civile, anch’io, moralmente, ne sono soggetto>>.
Per concludere è bene ricordare che dall’ultimo censimento reso noto dall’associazione Antigone attualmente sarebbero 645 i detenuti sottoposti a regime del 41 bis. Tra questi spiccano i nomi di Totò Riina, Leoluca Bagarella, Pietro Aglieri e Nitto Santapaola. M.L.




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“Scrivo a lei Ill.mo Presidente della Camera Penale di Roma per sensibilizzarlo a questo disumano trattamento carcerario che uno è sottoposto con questo decreto del 41 bis comma 2.... A proposito dei propri familiari e specialmente i propri figli che sono scioccati ad essere privati a delle semplici carezze e baci che un padre può dare ai propri figli ed alla propria consorte; questo nel mio caso persiste ininterrottamente da nove anni...”
(Carcere di Rebibbia, Roma 01-07-2001 Salvatore Biondino, braccio destro di Totò Riina condannato all’ergastolo per le stragi)



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“Questo lo denuncio con forza e ritengo che questo diniego di poter incontrare mio padre (Francesco Madonia, capo mandamento di Resuttana ugualmente detenuto in regime di 41 bis, condannato all’ergastolo per le stragi  ndr.) sia una cosa indegna di uno stato civile. Le altre restrizioni che mi vengono imposte con il decreto ministeriale dell’articolo 41 bis secondo comma ordinamento (sic!) sono il divieto assoluto di potere acquistare dei cibi che devono essere cucinati, per cibarmi devo utilizzare il cibo del carrello che il carcere somministra, il più delle volte con cibo scadente e mal cucinato. Non c’è varietà di cibo e si mangiano sempre le stesse pietanze. Non si riesce a comprendere perché per la salvaguardia della sicurezza dei cittadini all’esterno del carcere si devono affliggere i detenuti sottoposti al 41 bis privandomi dei generi di conforto, privandomi di un pacco settimanale con generi di conforto ed indumenti, che i familiari potrebbero spedirmi, in quanto l’articolo 41 bis fa divieto assoluto di potere ricevere più di due pacchi al mese.
... lo Stato italiano, con la scusa della tutela della collettività... sottopone a vessazioni ed afflizioni me e di conseguenza anche i miei familiari, vessazioni ed afflizioni che sono immotivate ed illogiche e non degne di uno Stato democratico quale è l’Italia. Che perdurano dal luglio 1992 fino ad oggi.” (Antonino Madonia, condannato a 26 anni di reclusione per l’attentato all’Addaura)



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“Il decreto ministeriale del 41 bis non incide solamente sulla sfera personale, ma incide su quelli che sono i rapporti con i propri cari , limitandone del tutto i contatti, un solo colloquio al mese della durata di una sola ora, con tanta fatica fisica, si devono percorrere 1500km, sia all’andata che al ritorno, che economica, non si può affrontare tutti i mesi una spesa esosa per fare il colloquio.
Il colloquio si svolge attraverso un pannello di vetro, dove tu non hai la possibilità di dare e di ricevere una carezza dei propri cari, e non so se riuscirò ad abbracciare mia madre, perché molto avanti negli anni, vorrei tanto poter abbracciare i miei cari, che nulla hanno commesso, che pagano di fatto questo regime, minando del tutto i rapporti familiari, disgregando i rapporti più intimi di affetto”. (Salvatore Madonia, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Andrea Savoca, 4 anni....



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“Noi familiari delle vittime abbiamo deciso di rispondere usando le loro stesse parole: perché non chiedete a noi figli  che da anni li vediamo sotto una lastra di marmo, quelle sotto cui voi li avete mandati, come ci sentiamo e perché non pensate a pentirvi? E perché l’associazione Nessuno tocchi Caino non pensa invece a quanti Abele hanno ucciso? Perché non chiedono a noi se il 41 bis è crudele? Forse perché sanno che risponderemmo che invece è fin troppo morbido e che per questi reati è giusto che ci sia la morte civile e che la giustizia italiana non offra eccessivo garantismo”.



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“Per ora di disumano in questo paese ci sono le condizioni alle quali sono sottoposte le famiglie delle vittime di mafia e di coercitivo solo la morte di chi ha dovuto subirla sotto l’uso del tritolo”. Giovanna Maggiani Chelli


ANTIMAFIADuemila N°28