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E’ importante fare chiarezza       
A colloquio con l’On. Giuseppe Lumia sugli anni delle stragi
di Lorenzo Baldo

Nella lotta alla mafia la memoria storica è fondamentale. L’opinione dell’On. Giuseppe Lumia, attualmente membro della Commissione Parlamentare Antimafia presieduta dal senatore Roberto Centaro, che abbiamo intervistato il 13 dicembre scorso nel suo ufficio romano, è che per costruire un futuro solido, prima di ogni altra cosa, bisogna arrivare alla verità.

On. Lumia, che cosa sta facendo la Commissione parlamentare antimafia per conoscere a fondo la trattativa tra Stato e Cosa Nostra avvenuta negli anni ’92 e ‘93?
La lotta alla mafia ha bisogno di due elementi importanti: la memoria e il progetto perché senza quest’ultimo vi sarebbe fragilità o, viceversa, puntando solo su una memoria debole avremmo anche qui un progetto altrettanto non strutturato. Nell’ambito della memoria della lotta alla mafia ritengo che ci sia un grande buco nero che riguarda quello che è avvenuto con le stragi del ’93 quando Cosa Nostra sfidò apertamente le istituzioni e tentò di deviare il corso della democrazia nella fase delicata del passaggio dalla prima alla cosiddetta seconda repubblica. Molti fatti conosciuti sono stati suggellati nei processi ma tanti altri, come emerge anche dalle sentenze, no. E’ bene quindi arrivare a delle chiarezze, a delle verità - se pur non giudiziarie - per capire cosa è avvenuto nel nostro paese utilizzando i poteri propri della Commissione Parlamentare Antimafia. Fino a quando la politica non affronterà questo nodo difficilmente potremo costruire un futuro solido e ben strutturato.

Nella motivazione della sentenza di appello per la strage di Capaci i giudici definiscono le dichiarazioni di Salvatore Cancemi, che parla di alti livelli che avrebbero contrattato con lo stesso Riina, complementari con quelle di Giovanni Brusca. Qual’é la sua opinione a riguardo?

Anche questo è un punto da indagare. Comunque dobbiamo partire dalla considerazione che in quegli anni allo Stato erano stati inferti colpi durissimi ed è stato difficile - anche se avevamo avuto tutti gli strumenti per farlo - entrare all’interno di Cosa Nostra. Non c’è stata una forte capacità di repressione e di prevenzione anche se una parte dello Stato, sicuramente in buona fede, ha tentato di aprire rapporti con esponenti dell’organizzazione. Bisogna capire quindi in che termini è stata fatta la lotta alla mafia, anche perché ci sono fattori gravi, come le trattative, che hanno legittimato l’organizzazione, mi riferisco al rapporto storico della mafia con le istituzioni, al rapporto con la politica e l’economia. E’ importante fare chiarezza al di là delle ipotesi e delle intuizioni.

In riferimento alle richieste del papello non pensa che in questi anni si sia andati addirittura oltre quelle che erano le aspettative di Cosa Nostra?

Sul versante della mafia militare c’è stata un’ottima risposta. Riina, Brusca e Nitto Santapaola sono finiti in carcere e il figlio dell’ex capo di Cosa Nostra ha subito una condanna all’ergastolo. Rotto il meccanismo dell’impunità  - fatta di latitanti non catturati, di indagini non portate a termine, di processi non chiusi con delle condanne -, i risultati, in questi anni, si sono ottenuti. Ma con molta onestà e lealtà nei confronti dei cittadini e delle istituzioni dobbiamo dire che “abbiamo bucato” la capacità di penetrare nel rapporto mafia-politica, mafia-economia. Proprio su questi punti ci sono stati ritardi, contraddizioni, errori e orrori. E’ lecito quindi interrogarsi anche sui contenuti del papello e capire perché alcuni punti hanno trovato poi una presenza all’interno delle istituzioni. La vicenda è aperta perché ancora oggi Cosa nostra cerca di imporre le sue condizioni: la dissociazione, le proteste all’interno delle carceri (tema sollevato di recente), il 41bis, l’ergastolo, la rivisitazione dei processi. Avere una netta posizione di contrasto verso questi tentativi, già creati nel passato è indispensabile poiché i grandi capi di Cosa Nostra, ancora oggi, hanno sicuramente delle aspettative all’interno della politica e delle istituzioni.

Per il futuro possiamo pensare ad un altro tipo di  trattativa?
Dovremmo escluderla, anche se, dall’interno delle carceri, i maggiori esponenti di Cosa Nostra parlano di dissociazione, della sconfitta dell’organizzazione chiedendo in cambio un trattamento premiale. In questa richiesta vedo una trappola mortale per le istituzioni, quella di riconoscere e di accettare la Cosa Nostra delle carceri, quella dagli aspetti più violenti che ha caratterizzato in modo drammatico molte delle gestioni degli anni 70, 80 e 90; cioè la tradizione perseguita da Riina che si era incrinata con il suo arresto. Oggi la Cosa Nostra di Provenzano non prende mai di petto le istituzioni e la società ma tenta di penetrare dentro i settori economici e istituzionali per corroderli, svuotarli e non per abbatterli.


ANTIMAFIADuemila N° 19 Febbraio 2002

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