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Cosa oggi significa la parola “fascista”, oltre a quanto si trova su Treccani o Wikipedia?

Non voglio soffermarmi sul senso politico della parola, quanto sul significato antropologico della stessa. Non me ne vogliano alcuni politici attuali.

Fu Mussolini, inventore del fascismo, a coniare i termini “antipartito” e “antipolitica” facendo leva sui risentimenti della rabbia, della paura e del rancore, presenti in modo sparso nelle diverse fasce sociali.

Ma la paura, la rabbia e il rancore, sono delle categorie della “grande paura”, quella di morire, che ha ogni essere umano. Va da sé, che allora ogni uomo è potenzialmente un fascista. A meno che non vinca questi suoi risentimenti tristi, con i sentimenti della calma, del coraggio e della comprensione. Ma questi ultimi si possono provare solo se esiste una connessione efficace fra il cervello e il cuore. Dipende quindi molto dalle condizioni che l’uomo sta vivendo e dalla consapevolezza che ne ha.

La sfida antropologica che ognuno di noi sta affrontando in questo straordinario periodo, è la stessa che in altre epoche l’umanità ha dovuto affrontare, come insegna lo stesso termine “quarantena” della millenaria repubblica di Venezia, o come ci racconta la Milano del Manzoni, o la Napoli del 1656 quando in pochi mesi morirono tre napoletani su quattro su una popolazione di non meglio precisati quasi 500000.

La specialità del momento pandemico, non sta quindi nella pandemia o nel virus in se, ma nel fatto che la nostra tecnologia di supporto non era mai esistita prima d’ora. Quindi posso dalla mia stanza davanti al mio pc sapere più o meno in diretta, cosa accade nel mondo intero. Innanzi alle immagini numerose e differenti, alle notizie vere o false, alle milioni, a dir poco, differenti opinioni, alle diverse analisi scientifiche da approfondire, l’uomo contemporaneo vive con delle condizioni a sua disposizione che se le volessimo figurare, assomiglierebbero ad una persona che da sola percorre infiniti corridoi di esposizione merce dentro un infinito centro commerciale, spingendo il suo carrello, qualche volta passeggiando e altre volte usandolo come un mezzo di locomozione salendoci sopra con un piede dopo una spinta decisa.

Io se fossi quella persona, e in un certo senso lo sono come tutti lo siamo, andrei immediatamente al reparto “Buoni sentimenti socialisti” per fare scorta di “sacchi di calma”, “dispenser di coraggio” e “bombolette di comprensione”, perché non mi sento un “fascista”.

Alla cassa sono certo di poter usufruire di super sconti speciali, di possibilità di rateizzazione e in molti casi di merce semplicemente regalata. Perché so di averne diritto grazie alla mia Costituzione.

Al contrario, ne ho visti al supermercato, di umani pervasi da “Cattivi sentimenti fascisti”, accaparrarsi con agitazione e prepotenza, pacchi e pacchi di “Supposte di rabbia”, riempirsi con scomposto affanno, zainetti e zainetti di confezioni di “Siringhe di paura”, per non parlare di scatoloni e scatoloni di “Mattoncini Lego di rancore” con l’intento di costruirsi case protettive che poi si rivelano illusorie.

Alla cassa ne vedo alcuni arrivare con la convinzione di poter pagare e di poter usufruire di tutta quella merce, ma poi devono rimanere all’interno del supermercato, sconfitti dalla “Grande paura di morire” in una condizione impietosa di dipartita solitaria ed egoistica senza poter contemplare il valore naturale della solidarietà umana.

Quando usciremo dalla nostre piccole case, finalmente all’aperto, muniti di guanti, coperti da maschere inespressive e da occhiali protettivi, e vedremo solo indefiniti esseri umani, sono convinto che i più avranno compreso la lezione biologica che ci hanno severamente impartito Madre Natura e Padre Pianeta, perché siamo stati costretti da un’emergenza ad essere per forza calmi, coraggiosi e comprensivi, essendo quindi consapevoli che essere fascisti non conviene e non converrà mai.

Ma ci saranno anche quelli che in questo periodo hanno frequentato solo i reparti di merce inutile e dannosa, e che quindi sono rimasti chiusi dentro... dando la colpa al supermercato di non essere conveniente, e non a se stessi per l’infelice scelta dei reparti.

Per questo è importante e fondamentale, ovvero fondamenta della nostra mente, festeggiare il 25 aprile, la Liberazione dal fascismo, perché è come se ogni anno uscissimo dal supermercato con merce tutta utile e costruttiva per affrontare il futuro con presenza.

Penso a come e quanto sono fortunato di essere italonapoletano, perché lo potrò festeggiare di nuovo fra altri cinque mesi il 30 settembre, l’ultima delle quattro giornate, che come sempre ha visto una nuova alba di luce spuntare dal Vesuvio.

Una mattina mi son svegliato...
   
Foto originale © Imagoeconomica
  

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