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di Sebastiano Ardita

Qualche tempo fa il boss pentito Vito Galatolo aveva svelato che - su richiesta del capo mafia latitante Matteo Messina Denaro - Cosa Nostra si mobilitò per comprare l'esplosivo destinato ai danni del pubblico ministero di Palermo Nino Di Matteo. Specificò all’epoca il collaborante che la decisione era stata assunta nel corso di un summit che si era tenuto a Palermo in una abitazione utilizzata per l’occasione.
Si trattò di dichiarazioni precise e molto allarmanti - e tali furono considerate dagli inquirenti - perché dotate di una loro intrinseca credibilità e di riscontri esterni circa la veridicità di quanto narrato.
Oggi Salvo Palazzolo sul quotidiano La Repubblica dà notizia che un altro esponente di cosa nostra, Alfredo Geraci, starebbe collaborando da un mese con i magistrati della procura di Palermo, ed avrebbe raccontato che fu lui a procurare l'appartamento di Ballarò per quel summit in cui si discusse dell'attentato a Di Matteo.
Lui non sa di cosa si parlò, però poi il suo capo, Alessandro D'Ambrogio, gli avrebbe detto che erano presenti diversi boss responsabili delle varie famiglie e che Messina Denaro aveva chiesto qualcosa ai mafiosi di Palermo.
Il nuovo pentito avrebbe dichiarato di aver messo a disposizione la casa della sorella di suo suocero, un appartamento al secondo piano a Ballarò, senza partecipare alla riunione.
Tempo prima Galatolo aveva detto che nel corso della riunione a portare il messaggio di Messina Denaro era stato il boss di San Lorenzo Girolamo Biondino. L'ex boss dell'Acquasanta aveva parlato anche di 150 chili di esplosivo acquistato in Calabria, esplosivo che è stato a lungo cercato dagli investigatori fra Palermo e Monreale.
La nuova testimonianza rappresenta dunque un riscontro rispetto ad una opzione stragista in capo al capo latitante di Cosa Nostra.
Con buona pace di quanti ritengono superato il pericolo di nuovi attacchi allo Stato...

Tratto da: facebook.com

Foto © Imagoeconomica

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