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Qualche giorno fa, presentando le iniziative del primo maggio, uno dei segretari generali delle Confederazioni sindacali ha affermato che oggi questione prioritaria è: “Difendere e preservare la pace sociale”. Chissà se Giacomo Matteotti si rivolterà nella tomba sentendo questi discorsi e vedendo, a 100 anni dal suo assassinio per mano fascista, gli epigoni dei mandanti di allora rialzare la testa in Italia e in Europa. Di sicuro queste parole saranno giudicate rivoltanti da quel Karl Liebknecht (assassinato anch’egli una manciata di anni prima a Berlino), che, allo scoppio della prima guerra mondiale, rimase fedele all’internazionalismo socialista, opponendosi coraggiosamente e quasi solitario alla concessione dei crediti di guerra nel Reichstag tedesco. Quel Karl Liebknecht, membro del Partito Socialdemocratico tedesco, che venne fatto assassinare (unitamente a Rosa Luxemburg) proprio da coloro che, pur provenendo dallo stesso partito, avevano optato per il mantenimento della “pace sociale”, trasformandosi nei più feroci mastini del Potere e del Capitale.
Quella “pace sociale” fondamentale affinché le masse lavoratrici e sfruttate del mondo non si oppongano al loro sfruttamento, non solidarizzino con i popoli oppressi e, a testa china, siano disposte all’eventuale ultimo sacrificio nelle guerre dei loro “padroni”!
A questo grado di servilismo è giunto chi oggi è annidato nelle Organizzazioni sindacali, nate e cresciute proprio in ragione di quel conflitto sociale tra capitale e lavoro che rimane contraddizione irriducibile. Evidentemente questi signori hanno dimenticato le ragioni stesse della loro esistenza.
Per parte mia auspico invece che le ragioni di quel conflitto sociale, così evidenti per tutti coloro che in questi anni si sono rifiutati di inforcare occhiali deformanti, venduti a basso prezzo sulle bancarelle poste davanti ai templi della nuova religione del Mercato. Rompere la “pace sociale” è oggi più che mai necessario in primo luogo in difesa di una democrazia costituzionale sempre più frequentemente calpestata, ma soprattutto è indispensabile per fronteggiare i venti di guerra che soffiano nel mondo. Senza la ripresa dell’autonomia di pensiero e di azione da parte dei lavoratori, senza la loro capacità di schierarsi a fianco delle lotte dei popoli oppressi (in questo momento a fianco del popolo palestinese e della sua Resistenza), non sarà possibile opporre alcun argine efficace alla barbarie della guerra che si va profilando.

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