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I consulenti della procura di Caltanissetta non hanno dubbi: è “impensabile” e “inverosimile” che l’ex collaboratore di giustizia Maurizio Avola abbia rimosso il gesso pochi giorni dopo essersi fratturato il polso, il 7 luglio del 1992. Ed è “improbabile” che con un tutore mobile abbia partecipato alle attività di preparazione della strage di via d’Amelio, solo 12 giorni dopo. Sia perché ogni piccolo movimento sarebbe stato “estremamente doloroso”. Ma anche perché la frattura scomposta non sarebbe guarita.
A dare la notizia è stato Il Fatto Quotidiano che ha ricostruito, in sintesi, quanto affermato dai periti chiamati a esprimersi in merito alle dichiarazioni fuorvianti che sono state inserite nel libro dello storico giornalista Michele Santoro “Nient’altro che la verità” (ed. Marsilio), scritto assieme al contributo di Guido Ruotolo.
"Io posso dire che c'ero e sono uno degli esecutori materiali della strage di Via d'Amelio. E sono l'ultima persona che ha visto lo sguardo di Paolo Borsellino prima di dare il segnale per l'esplosione". E ancora: "Borsellino scende dalla macchina e lascia lo sportello aperto - disse il pentito catanese -. Io mi fermo, mi giro e lo guardo, mi accendo una sigaretta. Lo guardo, mi giro e faccio il segnale, verso il furgone a Giuseppe Graviano e vado a passo elevato. Mi dà 12 secondi per allontanarmi. Ho avuto la sensazione che Emanuela Loi ha visto il led rosso dell'auto, lei alza il passo e non capisco se sta andando verso la macchina. A quel punto mi sono allontanato. Se non esplodeva la macchina avrebbero attaccato con i bazooka". Parole senza riscontro.
Avola affermò, inoltre, di aver aiutato a caricare di esplosivo la Fiat 126 che rubò Gaspare Spatuzza, sconfessando quel che disse quest’ultimo rispetto alla presenza di un uomo “non di Cosa nostra” all'interno del garage in via Villasevallos. Era il 17 luglio 1992, due giorni prima della strage. Eppure, dai riscontri, è emerso che in quei giorni Avola avesse un braccio ingessato: una condizione al quanto insolita per imbottire di esplosivo l’autobomba.
Sulla base di questi quesiti, il procuratore aggiunto Pasquale Pacifico ha affidato una consulenza al medico legale Giuseppe Ragazzi e all’ortopedico Massimo Greco. I due consulenti hanno partecipato alla visita peritale di Maurizio Avola, avvenuta in un ospedale di Bologna. Ma al contrario dei tre periti nominati dal gip, Ragazzi e Greco non hanno creduto alla versione dell’ex collaboratore di giustizia.
“È del tutto inverosimile che la rimozione dell’apparecchio gessato sia stata fatta otto giorni dopo la manovra di riduzione della frattura. Ciò sia in riferimento alla incontrollabile sintomatologia dolorosa che sarebbe scaturita da tale fatto, sia per le conseguenze sulla riparazione della frattura”, si legge nella consulenza depositata agli atti dell’indagine. “Se ciò che ha narrato Avola si fosse verificato veramente la frattura, che era scomposta, non sarebbe potuta guarire”, sottolineano i due periti. E ancora, annotano che “come tutte le fratture, una frattura di polso provoca una importante sintomatologia dolorosa. L’immobilizzazione in apparecchio gessato la attenua fortemente, ma non la annulla del tutto; pertanto, ogni movimento fatto con l’apparecchio gesto risulta doloroso”. E nonostante Avola avesse sostenuto di aver assunto antidolorifici, per i consulenti del pm “la rimozione precoce di un apparecchio gessato determinerebbe la scomposizione secondaria della frattura e l’instaurazione di una importante sintomatologia dolorosa, fortemente invalidante”.
Per i periti, dunque, “è del tutto improbabile che il sig. Avola, in tali condizioni, abbia potuto compiere gli atti della vita quotidiana, e soprattutto tutte le attività descritte in narrativa, in quanto ogni piccolo movimento sarebbe stato estremamente doloroso”.
Fin da subito abbiamo evidenziato come le dichiarazioni di Avola, oltremodo tardive, rappresentassero l’ennesimo tentativo di depistaggio delle indagini che ancora oggi faticano a dare un volto e un nome ai mandanti esterni all’eccidio e a coloro che - con molta probabilità - in veste istituzionale hanno prelevato l’agenda rossa di Paolo Borsellino per poi “perderla” durante un imprecisato passaggio di mano della valigetta di pelle che la conteneva.
Si dimostra così che i racconti di Avola sulla strage del 19 luglio 1992 non hanno alcun riscontro oggettivo, anzi sviano quanto finora accertato dalle indagini e dai processi. Ancora una volta, Maurizio Avola, l’ultimo “corvo” di via d’Amelio, è stato messo a tacere.

Foto © Shobha

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