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Concluse le discussioni e le repliche si va verso la sentenza del processo d'Appello

“Non ci sono dubbi. Le dichiarazioni registrate nell'intercettazione del 17 gennaio 2021, tra Francesco Adornato e Giuseppe Ferraro sono di una chiarezza disarmante”. E' così che il Procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo ha iniziato la propria requisitoria dopo la riapertura del processo 'Ndrangheta stragista decisa dalla Corte d'Assise d'Appello (presieduta da Bruno Muscolo, a latere Giuliana Campagna), proprio per approfondire i contenuti di quella conversazione registrata nell'ambito dell’inchiesta “Hybris”.
Alla sbarra, per l’uccisione dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, trucidati il 18 gennaio 1994 in un agguato avvenuto sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria nei pressi dello svincolo di Scilla, il boss palermitano Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, ritenuto espressione della cosca Piromalli di Gioia Tauro, entrambi già condannati in primo grado all’ergastolo.
Quell'intercettazione, acquisita agli atti del processo le scorse udienze, è di “straordinario rilievo”, secondo l'accusa, perché confermerebbe l'assunto accusatorio per cui la 'Ndrangheta aderì alla strategia stragista di attacco allo Stato che Cosa nostra portò avanti nei primi anni Novanta. Una strategia che va anche oltre, seguendo un disegno eversivo, tanto che proprio in quel dialogo, le stragi vengono definite come “stragi di Stato”.
Adornato, secondo l'accusa, “è un operativo di vertice” vicinissimo a Pino Piromalli (fungeva da autista). “Un soggetto che nelle gerarchie mafiose è espressione di quella vicinanza criminale ed ideologica che si conquista sul campo” e che “aveva le competenze per andare ad approfondire determinate tematiche”.


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Le sue dichiarazioni, dunque, vanno prese in grande considerazione.
Nell'intercettazione, registrata nel 2021 dai carabinieri, parla dell'imminente uscita dal carcere di Pino “Facciazza” Piromalli, ovvero colui che era al vertice della ‘Ndrangheta del mandamento tirrenico, che va dalla provincia nord di Reggio Calabria al vibonese.
Quindi fa riferimento alla commissione che “si era riunita presso il resort 'Sayonara' sito a Nicotera e che era presente Pesce ed era assente Pino Piromalli ma che quest’ultimo aveva conferito a Pesce il mandato a rappresentarlo”. “Pesce, in proprio ed in nome e per conto di Piromalli, - ha ricordato Lombardo - aveva votato a favore della partecipazione alle stragi anche da parte della ‘Ndrangheta”. Un progetto criminale proposto da Cosa nostra, che era stato abbracciato dai Pesce e dai Piromalli, nonostante il parere contrario di Luigi Mancuso, che “rappresenta le proprie perplessità, ma alla fine non può che accettare la decisione”. Per la Procura generale, dunque, in quell’incontro a Nicotera “il triumvirato” Piromalli- Pesce-Mancuso aveva dato disposizione di “aderire alla strategia dei siciliani” e l'indicazione che fu data successivamente sarà quella di “attaccare i carabinieri”.
“Che bisognava attaccare i carabinieri - ha detto - lo dice già Franco Pino nel 2018, ma viene già esposto nelle dichiarazioni, credibili e attendibili, dei collaboratori di giustizia Giuseppe Calabrò e Consolato Villani, quando descrivono gli incontri nella masseria di Rocco Santo Filippone, durante i quali viene loro consegnata l’arma – una mitraglietta M12 Beretta – per gli attentati ai carabinieri, e gli si dice che solo con quel mitragliatore devono colpire gli uomini dell’Arma”.


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Una tale ricostruzione, secondo i difensori dei due imputati, è puramente “suggestiva”. “Venga dato il giusto peso alle dichiarazioni di Adornato”, ha detto l’avvocato Guido Contestabile, legale di Rocco Santo Filippone, che ha definito il racconto di Adornato “un narrato appreso da terzi”,
Secondo il secondo difensore del boss di Meliccucco, Salvatore Staiano “è stranissimo che questo all’improvviso inizi a blaterare di queste cose. Questo soggetto cosa ha saputo da Piromalli e dov’è la prova? Questa intercettazione non è un indizio e non è attendibile”. Anche i difensori di Graviano, gli avvocati Federico Vianelli e Giuseppe Aloisio, hanno contestato con forza la ricostruzione della Procura. “La chiave di lettura di questa conversazione non è quella fornita dal pubblico ministero e dal tenente colonnello Galasso”, ha detto Aloisio, che ha ribadito il proprio convincimento per cui “si tratta di una conversazione in cui le dichiarazioni di Franco Pino vengono subito menzionate. E questa è una conversazione in cui si fa riferimento a questo processo attraverso le notizie divulgate dalla stampa”.
Si vedrà come si esprimerà la Corte nel merito e se saranno confermate le condanne (ergastolo per entrambi gli imputati) e le valutazioni espresse dai giudici di primo grado. In particolare quelle sulle finalità che mandanti ed esecutori, con stragi e delitti, si prefiggevano.


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Guido Contestabile, avvocato di Rocco Santo Filippone



Il progetto politico
Perché, come ha detto Lombardo durante la discussione, c'è la necessità di “mutare completamente la capacità di leggere determinati accadimenti” e di andare “ben oltre alle apparenze”. “Noi - ha affermato - siamo chiamati a confrontarci su un tema di prova enormemente più vasto. Siamo chiamati a bucare tutto quello che ostacola la visione fino in fondo. Questo, oggi, spero sia emerso. Spero che sia emerso che la verità non è bidimensionale. La verità, per forza di cose, deve essere guardata in tre dimensioni. E quando la verità rimane piatta, bidimensionale, bisogna avere il coraggio di sfondare la tela per andare oltre a quello che appare, mettendo insieme pezzi, apparentemente distanti, che però forniscono una chiave di lettura univoca rispetto ad un quadro inquietante che ci consente di rendere visibile attraverso il lavoro, quello che finora non si è visto”.
Così si può comprendere ciò che è avvenuto negli anni delle stragi. Magari partendo da quel 1990 che rappresenta, ha detto Lombardo, l'anno in cui “si inserisce tutta la dinamica criminale che ruota attorno alla Falange armata, al ruolo dei Papalia, all'omicidio di Umberto Mormile e alla nascita di un progetto criminale, di cui ci parla Schettini, che poi viene condiviso tra 'Ndrangheta e Cosa nostra”.
Secondo l'accusa, la vera ragione della stagione delle stragi è un progetto politico che aveva come obiettivo l’individuazione di nuovi e più affidabili interlocutori politici, in grado di garantire gli equilibri di potere occulto maturati negli anni della strategia della tensione.
In primo grado i giudici hanno evidenziato che a ciò si sarebbe giunti con la creazione e l’affermazione di Forza Italia. Ed è per questo motivo che nel processo uno dei nomi più sentiti nelle udienze è stato quello dell'ex premier Silvio Berlusconi.


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Il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo


E non è forse un caso se proprio uno degli imputati, Giuseppe Graviano, ne ha fatto ripetutamente il nome durante il suo esame in primo grado.
“Questo processo - ha ribadito Lombardo - rispetto ad altri ha una chiave di lettura del tutto originale che è l'apporto dichiarativo diretto di Giuseppe Graviano. Prendere l'esame e, in più occasioni, rendere spontanee dichiarazioni non è un esercizio informativo a favore del giudice e delle parti da considerare privo di rilevanza processuale”.
E poi ancora: “Graviano non ha parlato di argomenti riferibili al suo vissuto criminale. Graviano, sottoponendosi all'esame, non ha lasciato un'intervista. Non ha rilasciato opinioni personali prive di rilievo, effettuando più interventi nel corso del processo sottoforma di spontanee dichiarazioni. Graviano ha detto, ha parlato, ha analizzato, ha riferito fatti e circostanze che assumono peso all'interno dell'istruttoria dibattimentale e che, devono essere ovviamente approfonditi”.
Temi come i presunti incontri con Berlusconi durante la latitanza, o l'esistenza di una carta scritta a testimonianza dei rapporti economici che la sua famiglia avrebbe avuto con l'allora semplice imprenditore. Molti approfondimenti, oggi, vengono condotti dalla Procura di Firenze che indaga su Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri in qualità di mandanti delle stragi del 1993, ma anche la Procura nazionale antimafia sta coordinando il lavoro di più Procure.
Segno di un lavoro che prosegue.


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Il legale di Giuseppe Graviano, Giuseppe Aloisio


Anche per questo il processo di Reggio Calabria ha un peso di rilievo. Così come di rilievo sono state le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sentiti, come Gaspare Spatuzza.
Pentiti che, secondo le difese degli imputati, non sono credibili e che sarebbero in qualche modo “manovrati” per dare responsabilità che non ci sono.
Ma Lombardo non ci sta: “Basta insinuare ogni volta che ci sia una manina che guida il narrato dei collaboratori di giustizia, senza fare i nomi e i cognomi del corpo a cui questa manina noi dobbiamo riferire”. E poi ha “stuzzicato” Graviano che domani potrebbe rilasciare delle nuove dichiarazioni spontanee, prima che la Corte si ritiri in camera di consiglio: “Graviano lo sa chi è l'autore di queste operazioni? Perché se Graviano sa chi è l'autore di queste operazioni siamo assolutamente pronti a confrontarci su tutto. Subito. Io sono pronto ad ascoltarlo senza problemi, se ha intenzione di dirmi la macchinazione ai suoi danni chi l'ha messa in piedi”. Poi ha proseguito: “Nel corso delle sue lunghe dichiarazioni ha detto esclusivamente: 'approfondite determinate tematiche e capirete tantissime cose'. Io lo ringrazio molto. Ma i nostri strumenti arrivano fino ad un certo punto. Se vuole dire qualcosa di più chiaro. Siamo pronti ad ascoltarlo”.
Per vedere cosa accadrà non resta che attendere.
Domani c'è una nuova udienza, dopodiché i giudici entreranno in camera di consiglio. Già in serata potrebbe arrivare la sentenza.

Foto © ACFB

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